29-08-2021
La vista dall'azienda Terenzuola
Quando qualcuno che è nato altrove, uno “straniero”, incontra un luogo che è crogiuolo di culture diverse, non può che sparigliare le carte e portare nuova linfa: così è accaduto con Ivan Giuliani, quando nel 1993 ha deciso di calarsi da Novara, dove era nato e cresciuto, in Lunigiana. Queste terre, Ivan, le deve a suo nonno che, tornato in Italia dagli Usa dopo la crisi del 1929, decise di restarci e di investire, e poi a suo zio che le ha abitate e coltivate nei decenni successivi.
Ivan, che avrebbe voluto fare l’architetto, si è ritrovato - per scelta - a custodire queste vigne, che da 3 ettari iniziali sono arrivate oggi a circa 24 fra i comuni di Fosdinovo (18 h), Carrara (4 h) e nelle Cinque Terre, tanti piccoli appezzamenti nel comune di Riomaggiore (2 h). Una varietà di suoli e di altitudini, di condizioni di lavoro – dalla pianura fino ai vigneti eroici della Candia e della Liguria – che avrebbe intimorito chiunque. Ma non Ivan, che vive l’azienda Terenzuola come una sfida, un progetto in continua evoluzione, da ampliare e perfezionare.
Le vigne, in Toscana, partono da 70 m sul livello del mare, dalle prime pendici da cui si raccoglie l’uva per il Vigne Basse, Vermentino di entrata dell’azienda, vino la cui etichetta a tema marino condensa le caratteristiche di mediterraneità e balsamicità che si ritrovano nel bicchiere. Da lì viene anche il Canaiolo da cui si ottiene la Merla della Miniera e salendo si arriva alla scenica collina che ospita su una ex miniera di lignite - aperta dal ‘700 fino agli anni ’30 del secolo scorso - le vigne con una disposizione a conchiglia. Man mano che le pendenze aumentano, l’escursione termica giornaliera e stagionale aumenta, creando un microclima perfetto per i vini bianchi nei nuovi impianti di Mezza costa, con inverni miti che quasi mai portano le temperature sotto i 5°C e con il mare di fronte, a vegliare nella distanza.
A proposito di sostenibilità, Ivan Giuliani è uomo di fatti oltre che di parole: in azienda è attivo un impianto di fitodepurazione delle acque, si lavora per un lavoro di recupero delle terre franate – le “terre rinforzate” – e di qualche anno fa è la costruzione del tetto in legno ventilato, in bioedilizia, dell’ex fienile che attualmente ospita parte della cantina. In previsione ci sono anche l’indipendenza energetica grazie al fotovoltaico e il recupero della casa padronale degli zii, nucleo centrale originario dell’azienda, dove al momento è allestita una sala degustazione assai scenica (benché provvisoria) con vista mare.
Impianti a mezza costa
Altro territorio, altro vino: ci spostiamo in Candia, terra di viticoltura eroica, con il Permano, Vermentino Bianco IGT della Costa Toscana, dedicato al padre di Ivan, Ermano, oggi 88enne. Circa 4mila bottiglie per un vino da vigne molto vecchie, ai piedi delle cave di marmo, che è pepe e spezie, spiazzantemente estremo nel suo equilibrio, tanto che lo pensiamo ad accompagnare piatti marini di pari intensità, con protagonisti il riccio o la bottarga.
Si parla spesso, in campo vitivinicolo, di “pionieri” capaci di aprire strade che altre aziende percorreranno. E realtà come Terenzuola, che stanno consentendo a un territorio anche vasto di (ri)costituire la propria identità, ne sono un virtuoso esempio.
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo
di
Napoletana di nascita e lucchese di adozione, parte dalla critica letteraria per arrivare poi a raccontare di cibo e di vino (che sono anche le sue passioni). Adora viaggiare e va matta per la convivialità che si crea intorno alla tavola
La terrazza di Vignamare, Andora (Savona)
Particolare de La Lucerna di Ferro, Ameglia (La Spezia)