23-07-2021

Colosi e l'isola di Salina: vini unici tra mare e vulcani

Intervista a Pietro Colosi: «Salina è la nostra perla, abbiamo investito molto. Ma non paragonateci all'Etna»

I vigneti delle Cantine Colosi

I vigneti delle Cantine Colosi

Due elementi: l’acqua e il fuoco. Il mare e il vulcano. Che poi influenzano gli altri due elementi: l’aria e la terra.

Per descrivere i vini dell’isola di Salina, nelle Eolie, in Sicilia, bisogna avere ben presenti questi fattori: il vulcano, anzi, i due vulcani spenti, e il mare.

Pietro Colosi racconta la produzione sull'isola di Salina

Pietro Colosi racconta la produzione sull'isola di Salina

Un’unicità sulla quale si basa la produzione di Cantine Colosi, azienda che crede proprio nell’isola di Salina e che vuole valorizzare proprio questi vini, così particolari. «In realtà Colosi è divisa in due aziende – spiega Pietro Colosi - quella a Giammoro, vicino a Milazzo, dove c’è la sede per la commercializzazione e l’imbottigliamento di tutti i vini. E poi c’è la Cantina di Capo Faro, sull’isola di Salina: qui abbiamo 11,5 ettari, dei quali 5,5 dedicati alla Malvasia delle Lipari e 6 per i vitigni destinati alla realizzazione del Rosso e del Bianco di Salina».

«Sull’isola di Salina abbiamo suoli vulcanici, simili all’Etna per intenderci, ma abbiamo anche il mare e il vento che caratterizzano molto le nostre uve – sottolinea Pietro Colosi - Non abbiamo le escursioni termiche dell’Etna, e per questo non abbiamo nemmeno delle acidità troppo spiccate, ma così riusciamo a produrre vini più pronti. Molti mi chiedono: “Ma questo vino quanto può durare?” La mia risposta è semplice: non lo so. Noi cerchiamo di fare prodotti pronti da bere, con una vendita costante durante gli anni».

La produzione sull'isola di Salina: si punta alla qualità

La produzione sull'isola di Salina: si punta alla qualità

La forza sta proprio nel valorizzare il territorio, l’identità. «Salina è la nostra perla, abbiamo investito molto sui vini dell’isola. Mio bisnonno aveva iniziato nel Comune di San Pier Niceto, sopra Milazzo, dove aveva un’attività prettamente di commercializzazione dei vini della zona di Marsala e Trapani. Mio nonno prima e mio papà dopo hanno cercato di dare un’altra identità. Nel 1982, infatti, hanno acquistato i primi terreni a Salina, ma vedevano la Malvasia sotto un’altra ottica: prima, sull’isola, c’erano solo delle produzioni artigianali, ma la mia famiglia voleva fare vini di alto livello. Così è stato. E ora, sull’isola, siamo 9 produttori complessivi».

Scelte che si basano anche sulla ricerca dei terreni migliori e delle tecniche più adatte alle vigne: «Per quanto riguarda i vigneti – rimarca Pietro Colosi - sono coltivati sui terrazzamenti realizzati con i muretti a secco, con filari piuttosto vicini tra loro. Questo per due motivi: il primo, per ottimizzare le lavorazioni, che sono comunque tutte rigorosamente a mano. Il secondo è per far entrare in competizione le piante, che così si possono rafforzare. Le vigne sono la cosa più bella che abbiamo: sull’isola abbiamo una famiglia che cura i nostri vigneti e che conosce le piante praticamente foglia per foglia».

Un'altra bella immagine dei vigneti

Un'altra bella immagine dei vigneti

Ma non c’è un unico terreno. «L’isola di Salina è formata da due vulcani spenti – spiega Pietro Colosi - Da una parte c’è la Fossa delle Felci, che ha terreni più giovani, con sabbia scura e lava sbriciolata. L’altra zona, invece, è quella del Monte dei Porri, che ha tufo con rocce vulcaniche ed è ricco di calcare. Qui abbiamo realizzato gli impianti per la realizzazione dei vini bianchi e rossi. La Malvasia delle Lipari è sulla Fossa delle Felci, perché ha bisogno di terreni più ricchi di sostanze fertili. Inoltre, essendo terre scure, sono anche più calde e questo aiuta la Malvasia ad asciugarsi».

«Poi cerchiamo di giocare con i tempi di raccolta: il vino viene realizzato con una parte di uva fresca insieme all’uva appassita sui graticci. Cerchiamo il giusto equilibrio tra dolcezza e acidità: vediamo la Malvasia delle Lipari ideale in abbinamento con i formaggi erborinati».

«Il Salina Rosso (Nerello Capuccio e Nerello Mascalese) ha una vinificazione classica, in acciaio, con macerazione a freddo per 3 o 4 giorni prima di partire con la fermentazione a temperatura controllata fino agli ultimi giorni, quando la lasciamo “libera” per avere una maggiore estrazione di colore. Poi lo lasciamo in botte di legno americano. Il Salina Bianco (Inzolia e Catarratto), invece, è tutto in acciaio, per cercare di valorizzare la semplicità del frutto e della mineralità».

Sui vini, piuttosto che addentrarci nelle singole descrizioni, è meglio concentrarsi su quel “fil rouge” che li accomuna. Premessa fondamentale: la qualità di questi vini è altissima. E soprattutto hanno una facilità di beva quasi disarmante. Ma l’elemento che più ci è piaciuto è ritrovare l’isola di Salina nel bicchiere: le sapidità dettate dal mare, i profumi legati al terreno vulcanico, l’intensità dei profumi, sono tutte espressioni che vengono evidenziate nei vini di Cantine Colosi realizzati a Salina. E delle quali è facile innamorarsi.


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Raffaele Foglia

giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose

Consulta tutti gli articoli dell'autore