05-04-2021
Puntay è la linea top di Erste+Neue, storica cantina sociale dell'Alto Adige. Nuovo look per le etichette, ma non solo: l'idea è di valorizzare le montagne
Puntare in alto. Puntare alle montagne.
Non è solo una questione di nuovo packaging, di rimodernamento della grafica: la scelta della storica cantina sociale Erste+Neue è chiaro: dare una connotazione precisa alla filosofia di realizzare vini di montagna, che all’assaggio possano ricordare da subito le Dolomiti e, in generale, l’Alto Adige.
Il kellermeister Andrea Moser sulle rive del lago di Caldaro
Andrea Moser è un kellermeister (ci teniamo a questo termine, mentre enologo risulta essere riduttivo) che non smette mai di fare ricerca, di approfondire, di valutare ogni scelta meticolosamente: dalla prima potatura nelle vigne dei soci fino all’etichetta attaccata all’ultimo vino imbottigliato, vuole andare a fondo, per trovare la soluzione migliore.
Le Dolomiti: Erste+Neue vuole trasmettere l'idea dei vini di montagna
La maggior parte dei soci della Erste+Neue si trova attorno al lago di Caldaro, ma alcuni appezzamenti si trovano anche nella Valle Isarco, a Montagna o a Termeno. «Ciò che contraddistingue la nostra produzione – spiega Andrea Moser – sono le montagne. Abbiamo vigne che arrivano anche a 900 metri di altitudine. Per la linea Puntay abbiamo sei vini, che sono Pinot Bianco, Chardonnay, Sauvignon Blanc per i bianchi e Kalterersee, Pinot Nero e Lagrein per i rossi. Sei sono, e sei rimarranno». Una scelta precisa, per valorizzare le peculiarità di ogni singolo vigneto.
La cantina storica
«Per quanto riguarda i vini – sottolinea ancora il kellermeister di Erste+Neue – non abbiamo fatto grandi cambiamenti. Voglio cercare di trasmettere la mia idea di verticalità nei vini, che è un’unione tra analisi e sensazioni. In sostanza voglio fare vini partendo da uva matura, con una giusta quantità per ettaro (per il Puntay le rese che erano già basse sono state ulteriormente abbassate) e con ottima acidità. L’enologo, in cantina, devo poi solamente dare la giusta direzione affinché si arrivi al risultato sperato. Per esempio, utilizzo una fermentazione spontanea guidata, utilizzando all’inizio i lieviti indigeni dell’uva, e nella parte finale i lieviti selezionati, per completare la fermentazione. Voglio che i vini siano perfettamente secchi».
Le bottiglie degustate
«Quando si lavora con Sauvignon e Chardonnay – evidenzia Moser – il rischio è sempre quello di scimmiottare i francesi. Io ho studiato anche a Chateau Margaux, e proprio i francesi mi hanno insegnato che i vini devono essere buoni adesso e fra 10 anni». Ed è questo l’ambizioso obiettivo del kellermeister altoatesino. Oltretutto, per lo Chardonnay, sta effettuando alcuni esperimenti con il Clayver, anfore tecniche in ceramica: «Questo per avere l’ossigenazione, ma non il legno», precisa ancora Moser.
Andrea Moser con il tipico grambiule blu altoatesino
Proprio per questo il Pinot Nero 2020 della linea classica e il Puntay Riserva 2018 devono essere assolutamente considerati come delle anteprime di vini che hanno necessità, appunto, di tempo e di pazienza. Sta di fatto che il Pinot Nero 2020 è un vino che si esprime subito molto bene per la freschezza e la nitidezza del frutto rosso: è una bottiglia immediata, spensierata, senza troppi fronzoli.
Vigne e montagne: un connubio perfetto
Ci troviamo di fronte a una di quelle bottiglie che sono già buone ora (anche se qualche mese di affinamento ulteriore in cantina non può che fare bene) e che si prospettano grandiose per il futuro, dove i classici sentori di ciliegia matura si uniscono a note floreali e speziate. Gentile ed energico allo stesso tempo, in bocca il vino mantiene quella salinità che è un po’ il leitmotiv della linea Puntay. Che fa pensare alle montagne.
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di
giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose
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