30-10-2020
I membri dell’Associazione Produttori Ribolla di Oslavia, compagine che mette assieme Dario Princic, Fiegl, Gravner, Il Carpino, La Castellada, Primosic e Radikon
L’Associazione Produttori Ribolla di Oslavia compie dieci anni nel 2020. E per l’occasione le 7 aziende socie - Dario Princic, Fiegl, Gravner, Il Carpino, La Castellada, Primosic, Radikon - hanno presentato durante RibolliAMO, il nuovo logo associativo, costituito da un acino arancione a indicare il processo di lunga macerazione che accomuna i loro vini. L’associazione, che promuove il territorio nel suo complesso e la storia di Oslavia, unisce i produttori in un progetto di comunicazione e valorizzazione della Ribolla e ne garantisce un posto di rilievo all’interno del panorama dei cosiddetti orange wine.
RibolliAmo, alla terza edizione quest’anno, si affianca nel percorso ad altri passi importanti compiuti in questo decennio - un libro dedicato ai produttori storici e ai loro vini e la stesura di un disciplinare comune della Ribolla, solo per citarne alcuni - e ha aperto letteralmente le porte delle cantine proponendo l’assaggio delle annate in commercio, di quelle ancora in affinamento e qualche chicca. Dopo un avvio ufficiale della due giorni, le visite nelle singole aziende sono state l’occasione per alcune riflessioni e un focus sul vitigno e sulla terra di confine che lo ospita.
Alcuni dei vini assaggiati escono in commercio dopo 2 anni, altri dopo 5 o 6 o quando sono pronti; alcuni vengono vinificati e affinati in solo acciaio, puntando sulla freschezza e sull’immediatezza della bevuta, mentre altri fanno passaggi più o meno lunghi in legno raggiungendo una complessità notevole e presentando tannini più morbidi, altri ancora prima fermentano con lunga macerazione in anfore georgiane interrate. Se dietro alla macerazione c’è l’intento comune di estrarre polpa e complessità, molto diversi sono i tempi scelti: si va dai 20 ai 120 giorni, con alcune punte di sperimentazione negli anni passati che hanno toccato - con risultati anche non perfettamente riusciti, confessano - i sei mesi.
Le anfore disseminate tra le cantine di Oslavia
Sorprende, visitandole e ascoltando le loro storie, la lungimiranza di queste aziende che hanno saputo cogliere, chi da molti decenni chi da un passato più recente, l’importanza di custodire un vitigno autoctono trascurato e varietà contadina di minor pregio, tardiva e difficile da vendere. E altrettanto colpisce l’intuizione felice e la perseveranza dei pionieri di Oslavia - Josko Gravner e Stanko Radikon - di recuperare una tecnica millenaria come la macerazione e portarla a tratto distintivo dei vini del territorio, coinvolgendo poi gli amici e vicini di vigna.
La fase estrema delle sperimentazioni appare oggi superata, con i consumatori educati a bere vini macerati e a riconoscerne la qualità e la territorialità, e l’eleganza e l’equilibrio che stanno dietro alle diverse declinazioni personali di una stessa visione.
Data la storia singolare di Oslavia – rasa al suolo nel corso della Prima guerra mondiale e ricostituita a tavolino di comune accordo, carta dei terreni alla mano, dai vecchi del paese – non meraviglia che la Ribolla, abbia di fatto aiutato a tracciare i confini geografici, diventando il simbolo di questo territorio. E che Oslavia sia, in un mondo che ancora valuta più i vini dei terroir, una felice eccezione.
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo
di
Napoletana di nascita e lucchese di adozione, parte dalla critica letteraria per arrivare poi a raccontare di cibo e di vino (che sono anche le sue passioni). Adora viaggiare e va matta per la convivialità che si crea intorno alla tavola
I "magnifici sette" della Ribolla d'Oslavia: da sinistra Franco Sosol, Saša Radikon, Martin Figelj, Andrea Prinčič, Mateja Gravner, Stefano Bensa e Marko Primosic
Le annate 2003, 2004, 2005, 2006 e 2007 di Pignolo. Joško definisce questa varietà un "genio viziato"