12-04-2020
Le distillerie scozzesi hanno attraversato nei secoli periodi di tassazioni altissime imposte dall’Inghilterra, la condizione di illegalità e clandestinità - anche molte di quelle attualmente in funzione lo sono state - due guerre mondiali, la grande depressione e il proibizionismo, fino alla crisi degli anni ’70-’80, quando praticamente tutte chiusero i battenti, e al ritorno in auge dell’ultimo ventennio a opera di gruppi multinazionali che le hanno rilevate e rilanciate sul mercato.
Dewar’s, Talisker e Tobermory sono tre distillerie molto diverse che possono illustrare, per sommi capi, la direzione presa dal whisky scozzese che parla la lingua del single malt: la prima è un caso di successo commerciale clamoroso nella prima metà del Novecento, la seconda esemplifica l’ascesa di un marchio che si muove su prodotti di alta gamma e con una identità territoriale assai precisa; la terza è esempio di una piccola realtà di forte storicità che si appresta, dopo alterne fortune, a tornare in pista.
Talisker, fondata nel 1830 e unica distilleria ancora attiva sull’Isola di Skye, ha come payoff aziendale “made by the sea”. Nessuna frase descriverebbe meglio lo stabilimento, situato nel paesino di Carbost, sul fiordo di Loch Harport, nonché i marcatori principali comuni alle etichette di Talisker che sono la salinità e lo iodio, cui si aggiunge la torba tipica degli spirits delle isole. Di proprietà di Diageo, uno dei principali player nel mondo degli alcolici, Talisker produce circa 3 milioni di litri all’anno, in cui la comune matrice marina si declina in diverse etichette, iniziando da un 10 anni tra i più affidabili nella categoria, per giungere a prodotti invecchiati (i 18 o 25 anni) di grande complessità. La distilleria è anche meta di 60mila visitatori all’anno, che non si fermano di fronte al fatto che per raggiungerla è necessario percorrere alcuni km di single-track road in cui transita un’auto per volta.
Nonostante la quasi totalità del whisky scozzese sia ancora costituito da blend, il single malt sta portando alla riscoperta un valore, quello del senso del luogo, che la progressiva industrializzazione della produzione aveva quasi abbandonato. E il recupero delle caratteristiche e specificità dei diversi lembi di questa terra, ognuna dal carattere così spiccato, trasferisce questo legame identitario nei whisky per il piacere degli appassionati.
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo
a cura di
Napoletana di nascita e lucchese di adozione, parte dalla critica letteraria per arrivare poi a raccontare di cibo e di vino (che sono anche le sue passioni). Adora viaggiare e va matta per la convivialità che si crea intorno alla tavola