17-05-2018
Andrea Berton in una recente immagine (foto Marco Scarpa)
Mi racconta Toni Sarcina (di Altopalato) un episodio gustoso: «Anni fa con alcuni altri buongustai prenotai all'Albereta, chef Marchesi. Arrivammo a Erbusco tutti eccitati, ma venimmo accolti da una delusione: Gualtiero era stato bloccato altrove da un impegno di lavoro, non sarebbe stato presente. In cucina c'era un certo Andrea Berton: dico "un certo" non perché ignorassi chi fosse, lo conoscevo già, ma non l'avevo mai visto all'opera senza la presenza di Marchesi. Avevamo concordato con quest'ultimo la preparazione di alcuni suoi specifici piatti, ma vista la sua assenza mi venne un'idea. Andai da Berton, e gli chiesi: "Dato che il Maestro non c'è, te la senti di proporci un menu tutto tuo, dove emerga la tua personalità?". Ci disse di sì e squadernò un percorso fantastico, memorabile, di 5 portate, dove si vedeva chiaramente una mano diversa, raffinata, originale. Fummo felicissimi, tanto che quel gruppo di buongustai da lì in poi diventò habitué di Berton, anche nelle sue tappe successive».
Berton con Gualtiero Marchesi all'epoca dell'Albereta
Poco male: ma quando ti sei sentito chef a tutto tondo? «Non è un passaggio improvviso, piuttosto una lenta presa di consapevolezza. Tecnicamente divenni chef proprio con Marchesi all'Albereta, quando Carlo Cracco se ne andò. Io ero sous, Marchesi rifletteva su cosa fare per sostituire il partente, io andai da lui e gli dissi: "Se vuole prendermi in considerazione, io mi sento pronto". Lui sulle prima fu dubbioso, "sei giovane, è un bell'impegno...”. Era insomma incerto».
Marchesi con suoi tre celebri allievi: Berton, Crippa e Cracco
Affronti così la vita? Con questo piglio? «Sì. Anche in precedenza, la prima volta che ho incontrato Marchesi fu perché decisi di presentarmi e propormi, senza un appuntamento. Mi prese subito a lavorare, non passò neanche un giorno. Era il 1989. La mia idea è sempre stata: se vuoi una cosa, vai e prova a prendertela. Così anche fu con Alain Ducasse. Occorre buttarsi ed essere determinati; fa parte del mio carattere e del mio modo d'essere, questo porta a responsabilizzarsi: perché a un certo punto non devi pensare solo ai piatti, ma all'impresa nel suo complesso: allo staff, alle materie prime, alla soddisfazione generale del cliente. Questo implica la capacità di gestire livelli più importanti, ampi, e diverse situazioni».
Il Pisacco a Milano
La brigata del Berton all'epoca dell'apertura, cinque anni fa
Andrea Berton (foto Marco Scarpa)
L'Alter egg studiato da Berton per gli 11 hotel italiani MGallery by Sofitel
Rendering del nuovo Club Med di Cefalù
Facciamo un passo indietro. Com'è eri prima e come sei ora? Ossia: quanto sei cambiato? «C'è una consapevolezza personale diversa, va di pari passo con l'evoluzione della mia cucina, orientata in modo più determinato sul mondo vegetale, che 10 anni fa non consideravo più di tanto. È stato per me un passaggio fondamentale, un cambiamento di prospettiva; sono andato a recuperare prodotti cui prima non davo il valore che attribuisco loro adesso. Oggi penso che un asparago debba vivere di luce propria, come un radicchio, un'insalata. D'inverno utilizzo la rosa di Gorizia e la lascio intera, vorrei dire "viva", il più naturale possibile, mentre una volta la sfogliavo tutta e la abbinavo ad altri ingredienti. Mantengo inalterati i prodotti legati alla terra, ed è stata per me una novità. Inoltre ho alleggerito i piatti, utilizzando meno grassi animali».
Interni del ristorante Berton a Milano (foto Marco Scarpa)
Brodo di prosciutto crudo, merluzzo sfogliato, pane al prezzemolo e rapanelli (foto Marco Scarpa)
Più intuito o più studio? «Entrambe le cose. Bisogna immaginare le cose, farsi un'idea, ma poi approfondirla, analizzarla. Non amo improvvisare. Al cliente voglio poter dare qualcosa del quale sono certo. Direi che in questo mio atteggiamento c'è molta serietà».
Andrea Berton a Identità Milano
In questo sei molto friulano... «In pieno. Nel dna friulano c'è l'impegno, la determinazione, la disposizione alla fatica, la serietà, la caparbietà. Persino la cocciutaggine, che spesso ti consente di superare gli ostacoli».
Cosa ti piacerebbe creare, e non ci sei ancora riuscito? «Il mio sogno, ancora da strutturare, è un ristorante dove il cliente interagisca con la cucina, non sia fermo al tavolo ma mangi seduto via via in varie postazioni, ognuna dedicata a un piatto, dove questo viene preparato live e raccontato. Insomma, un luogo dinamico, in movimento. M'immagino in futuro un locale con queste caratteristiche: secondo me può essere divertente».
Massimo Bottura
Michelangelo Mammoliti a Identità Milano 2017
Intanto nella nostra bocca, tra le nostre fauci, sono finiti i piatti del nuovo menu di Andrea Berton. Ma questo ve lo racconteremo nei prossimi giorni.
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a cura di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera