Quando il destino è iscritto nel proprio nome, conviene assecondarlo. Un po’ quello che è avvenuto per Lorenzo Cogo è capitato anche a Tony Lo Coco, cuochi entrambi prima per chiara onomastica e poi anche per talento, invero cristallino: pur se quello del classe 1974 da Bagheria è esploso piuttosto tardi - I Pupi nascono nel 2009, con Tony 35enne. Non come la sua passione, emersa da quando era bambino, “sin da piccolo è animato da una naturale inclinazione per la cucina, tanto che la mamma e la nonna, assai meravigliate da questa attitudine, faticavano a tenerlo lontano dai fornelli” si legge nella sua scheda redatta da Le Soste di Ulisse.

Lo Coco a Identità Milano 2017 con la moglie Laura Codogno, che domina la sala, e il fotografo Salvo Mancuso
Prima de
I Pupi, tanta banchettistica col
Cozzo dei Ciauli, location di catering d’alto profilo, suo passo d’esordio nel mondo della ristorazione: esperienza formativa, peraltro, dove ha imparato a gestire i numeri, le quantità.
Lo Coco è uno chef che nasce dunque dal basso: emerge per capacità, conosce la scottatura della padella e la dolce tirannia, faticosa, della gavetta. Merito in più: è riuscito a infrangere quella barriera invisibile ma tenace che separa il buon professionista della cucina, come tanti (e la sua biografia lì avrebbe dovuto condurlo, se avessimo dovuto fare un pronostico) da quella dimensione più alta che è propria solo di pochi, dotati di tocco magico. Ce l’ha fatta.
Lui lo possiede infatti, quel tocco. Non dimentica la proprie origini, il sottile fascino di digerire anche numeri importanti, e di livello: c’è spesso agli eventi sull’isola, c’è anche quando si tratta di preparare un panino, ma ben imbottito, tanto da suggerirgli di costruirci attorno persino un format nuovo nuovo,
Unetto, aperto di recente poco distante rispetto a
I Pupi, lo ha raccontato su
Identità Golose il nostro
Davide Visiello:
Unetto a Bagheria, ossia Tony Lo Coco ma in versione easy-gourmet.

Di nuovo Lo Coco a Identità Milano 2017
E’ quindi chef completo,
Lo Coco. E, se ha un senso quanto abbiamo scritto a proposito della rinascita gastronomica di Palermo (
Palermo s'è desta), è indubbio che il fuoriclasse della situazione sta a Bagheria. Ci ha sinceramente impressionato: tante, troppe volte in Sicilia l’approccio alla tradizione appare o troppo didascalico, scontato, o meramente dimostrativo fino alla parodia, il 2.0 che ribalta l’originale, ma senza nemmeno sfiorarne la piacevolezza. Essere contemporanei non significa scimmiottare il passato in tono minore; non vuol dire reinterpretare la nonna con allure creativa, ma senza essere in grado – per limiti tecnici – di donare al commensale un upgrade al palato. Botturianamente:
Compressione di pasta e fagioli deve essere “meglio” (qualsiasi cosa possa significare “meglio”) di una normale pasta e fagioli, altrimenti non ha senso, conviene prenotare alla trattoria dietro l’angolo.
Ecco che i tasselli vanno dunque al loro posto: la storia di
Lo Coco lo ha portato ad accostarsi lungamente a stigghiole e buccellati, triglie ammucciate, anelletti e arrascaturi. La lezione è servita: ha infatti imparato alla perfezione il vocabolario della cucina, così ora ne domina regole e segreti, sa costruire piatti nuovi che esaltano aromi, prodotti, sapori e profumi. E’ profondamente siciliano,
Lo Coco: ma di una nuova genìa, finalmente capace di plasmare la ponderosa eredità culinaria di Trinacria, di maneggiare la erculea tradizione e il proprio schiacciante fascino ma in forme nuove e più raffinate. Le sue preparazioni hanno la storia e il gusto, com’è doveroso che sia; e poi (qui sta la novità) quel plus di complessità al palato che le rendono intanto buonissime, ma poi inevitabilmente, lietamente moderne.
Lo Coco è un gran cuoco, non solo per il cognome che porta.