08-08-2017
Lo staf del Gambero Rosso a Marina di Gioiosa Ionica: da sinistra Giuseppe Marando, Stefano Frascà, Giuseppe Figliomeni, Salvatore Frascà, Tiziana Sculli, Jousset Ghezy, Mirela Barbu, Francesco Sculli, Caterina Favasuli, Chiara Fiorenza e lo chef Riccardo Sculli
La nostra cena al Gambero Rosso nelle foto di Tanio Liotta. S'inizia con gli appetizer: Focaccina con lampuga, capperi e datterino giallo
Pinsetta con alalunga e datterino rosso
Sandwich di gambero e lardo
Pomodoro corallino ripieno di burrata e scaglie di bottarga di tonno
Scampo crudo, granita di cetriolo e caviale siberiano
Tris di tartare: questa è di tonno con cipolla rossa e pomodorini...
Seconda tartare: ricciola, olive nere, pesto di capperi, olio alla vaniglia e pomodoro confit
Terza: cernia e mango
Polpo verace dello Ionio cotto a bassa temperatura, patata affumicata, datterino giallo e rosso
Tataki di ricciola, melanzana, fonduta di caciocavallo di Ciminà, salsa al datterino
Spaghettone con burrata, gambero rosso crudo, salsa di pomodoro bio, bottarga di muggine
Dorso di cernia, topinambur (in emulsione e in petali croccanti), pesca e gocce di liquirizia: squisito
Totano, zafferano, nero di seppia, perle di lampone
Dessert finale
All’entrata del locale nessuna targa con la stella Michelin, conquistata nel 2013 e mai più tramontata: «Abbiamo deciso di non esporla. Intimoriva la gente. La spaventava, “chissà cosa mi danno da mangiare, chissà quanto spendo, chissà come funziona”, avevano paura a varcare l'ingresso». Così il premio più prestigioso rimane chiuso in un cassetto. Ma la clientela affolla i tavoli. Funziona così a Marina di Gioiosa Ionica, luogo di confine per l’alta cucina, frontiera meridionale del food. Quasi un avamposto, un Fort Alamo in terra di grandi prodotti e difficili situazioni sociali, egregie trattorie che fanno molta quantità e pochi ristoranti borghesi che sopravvivono perlopiù grazie alle cerimonie: matrimoni, battesimi e cresime da queste parti sono occasione affollata di festa, non si bada troppo a spese. Poi c’è la stagione turistica. E per il resto bisogna essere proprio bravi.
Gli Sculli lo sono: bravi, e anche determinati. Non fanno parte della nidiata dei maestri storici, i Gaetano Alia, i Giovanni Bazzarelli, sorta di pionieri in Calabria (dove prima del 2012 solo tre insegne avevano ricevuto la stella, L'Aragosta a Marina di Nocera Terinese, La Locanda di Alia a Castrovillari e Lapprodo a Marina di Vibo Valentia, che ora l’ha riconquistata). Ma neanche appartengono alla nouvelle vague regionale, incarnata dai giovani di Cooking Soon – Abbruzzino, Ceraudo, Rossi, Biafora, Di Pace, Lecce, Strigaro – che tanto fanno parlare di sé.
Lo chef Riccardo Sculli
Sculli sintetizza così: «Qui non si può essere (solo) imprenditori, bisogna amare questa terra» martoriata ma fortunata, «in fondo è un territorio felice, abbiamo due mari da favola» a una cinquantina di chilometri l’uno dall’altro, pur da percorrere su strade disgraziate, e in mezzo sua maestà l’Aspromonte. E’ come uno scrigno di biodiversità, un forziere inesauribile, «quando lo Ionio è in tempesta e la pesca diventa impossibile, quasi sempre il Tirreno è calmo e pescoso, e viceversa», così non si rimane mai sprovvisti.
Un’arca del gusto della quale il Gambero Rosso è diretta emanazione. Bella la storia di questo indirizzo tirato su dalla fatica e dalla passione di due generazioni: il ristorante nasce da un ritorno a casa, dal desiderio di papà Giuseppe Sculli e mamma Anna Maria di creare il proprio futuro là da dove erano partiti per cercare fortuna all’estero, soprattutto in Canada, in quella Toronto dove anche Riccardo è nato.
Il Gambero Rosso, oltre alla carta, propone numerosi menu degustazione: a mano libera, uno di piatti classici, poi menu particolari denominati Calabrian' sushi (a base di crudi,) A piedi nudi sulla sabbia, Torre del Cavallaro (è una fortezza del XVI secolo a Marina di Gioiosa Ionica, secondo alcuni studiosi la sua fondazione risale in realtà a età bizantina, ed è opera di uno stratega greco per arginare l’impeto delle orde saracene. Due vigili a cavallo, appunto i cavallari, dovevano segnalare l’eventuale approssimarsi di masnade barbaresche) e Nasse (pesca tipica del Sud Italia: per la cattura di pesci pregiati (saraghi e dentici) vengono calate reti su fondali rocciosi o misti a posidonia, a batimetrie mai superiori ai 40 metri. Nella pesca a gamberetti rosa, mazzancolle e gamberoni rossi le nasse vengono calate su fondali più importanti, a volte a batimetrie che arrivano anche a 200-300 metri)
Aneddoto: «Un pescatore, Bartolo, buttava a mare gli scampi che rimanevano impigliati nelle sue reti. Papà gli domandò perché, lui rispose che nessuno glieli comprava, che se ne faceva? Erano considerati poco pregiati. Così gli chiedemmo, piuttosto, di darli a noi: ce li regalava, per lui non avevano alcun valore. Poco a poco s’accorse però di quale prelibatezza fossero diventati per i nostri clienti, così un giorno suonò come al solito la sua trombetta, quando arrivò davanti al locale con il suo bottino del mare, e urlò a squarciagola: “Peppe, li vuoi gli scampi? E mò mì paghi”, adesso me li paghi».
Gli Sculli non hanno mai abbandonato il concetto di fondo che era presente fin dall’inizio: proporre un’ottima cucina mediterranea. Ora lo fanno ad alto livello, come potrete vedere nella nostra fotogallery, gli scatti sono di Tanio Liotta.
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a cura di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera