17-09-2012

NOMA caput mundi

Un fotoracconto in 100 scatti per comprendere le ragioni di un primato. E Renè Redzepi dice che...

L’ingresso del Noma a Copenhagen in Strandgade 9

L’ingresso del Noma a Copenhagen in Strandgade 93, sull'isola di Christianshavn. Numero 1 da 3 anni nella S.Pellegrino World’s 50 Best, 2 stelle Michelin, è oggi il ristorante più ambito al mondo. Considerata la cifra esorbitante di richieste, si può solo prenotare online e per un tavolo che non va oltre il 30 novembre 2012 ma è molto dura. Una soluzione più facile è quella di prenotare un tavolo da 9-15 persone, al primo piano del ristorante. Per saperne di più, telefonare al +45 32963297 dal martedì al venerdì, ore 10-14 (foto del dossier di Zanatta)

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna

Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen

Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma

Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici
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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici

Al massimo si sente rombare qualche scafo

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo

Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica

Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso

Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza

 

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 

L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade

La vista, ingresso alle spalle

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle

Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui

Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista

La porta d'ingresso vista dalla cucina

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina

Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre

I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala

La finestra accanto al nostro tavolo

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo

E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo

Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto

Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)

Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche

 

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 

Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante

Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo

Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone

La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)

Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)

Cinque tondini, ma solo due "interessanti"

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"

Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo

Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente

Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità

Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari

Le uova dentro l'uovo

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo

Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido

Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare

Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato

Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo

Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto

Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi

Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato

E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano

Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese

Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi

Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone

La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana

Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco

Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati

Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati

Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala

...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro

Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso

Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce

Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma

Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...

...et voilà

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà

Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato

Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata

Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre

Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo

Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo

The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)

The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari

The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio

The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"

The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto

The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...

...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8

Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh

A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati

E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery

Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)

Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)

Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello

Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva

Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma

I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"

Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa

Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando

Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto

Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni

Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...

Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...

...ma anche quella del grande capo...

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...

...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...

...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"

Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"

"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"








"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega

La sera stessa ci scrive su twitter la giornalista spagnola Julia Perez da Lima, spiegando che gli insetti amazzoni che cucina il cuoco venezuelano Sumito Estévez sanno invece di limone

 

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"








"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega








La sera stessa ci scrive su twitter la giornalista spagnola Julia Perez da Lima, spiegando che gli insetti amazzoni che cucina il cuoco venezuelano Sumito Estévez sanno invece di limone
 

"Un giorno, quando avrò tempo, spero non tra 10 anni, voglio trovare il modo di andare a visitare i più grandi macellai italiani". Un messaggio da girare subito a Cazzamali & co.

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"








"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega








La sera stessa ci scrive su twitter la giornalista spagnola Julia Perez da Lima, spiegando che gli insetti amazzoni che cucina il cuoco venezuelano Sumito Estévez sanno invece di limone
 








"Un giorno, quando avrò tempo, spero non tra 10 anni, voglio trovare il modo di andare a visitare i più grandi macellai italiani". Un messaggio da girare subito a Cazzamali & co.

Formiche again, questa volta col petto rosso. La mirmecologia classifica nel mondo oltre 10mila specie di formiche, ognuna con il suo bagaglio aromatico

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"








"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega








La sera stessa ci scrive su twitter la giornalista spagnola Julia Perez da Lima, spiegando che gli insetti amazzoni che cucina il cuoco venezuelano Sumito Estévez sanno invece di limone
 








"Un giorno, quando avrò tempo, spero non tra 10 anni, voglio trovare il modo di andare a visitare i più grandi macellai italiani". Un messaggio da girare subito a Cazzamali & co.








Formiche again, questa volta col petto rosso. La mirmecologia classifica nel mondo oltre 10mila specie di formiche, ognuna con il suo bagaglio aromatico

Si torna in cucina di sotto: Orlando controlla i vasi di malt flatbred che apriranno anche la cena

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"








"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega








La sera stessa ci scrive su twitter la giornalista spagnola Julia Perez da Lima, spiegando che gli insetti amazzoni che cucina il cuoco venezuelano Sumito Estévez sanno invece di limone
 








"Un giorno, quando avrò tempo, spero non tra 10 anni, voglio trovare il modo di andare a visitare i più grandi macellai italiani". Un messaggio da girare subito a Cazzamali & co.








Formiche again, questa volta col petto rosso. La mirmecologia classifica nel mondo oltre 10mila specie di formiche, ognuna con il suo bagaglio aromatico








Si torna in cucina di sotto: Orlando controlla i vasi di malt flatbred che apriranno anche la cena

E i ragazzi affilano i rami di sambuco...

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"








"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega








La sera stessa ci scrive su twitter la giornalista spagnola Julia Perez da Lima, spiegando che gli insetti amazzoni che cucina il cuoco venezuelano Sumito Estévez sanno invece di limone
 








"Un giorno, quando avrò tempo, spero non tra 10 anni, voglio trovare il modo di andare a visitare i più grandi macellai italiani". Un messaggio da girare subito a Cazzamali & co.








Formiche again, questa volta col petto rosso. La mirmecologia classifica nel mondo oltre 10mila specie di formiche, ognuna con il suo bagaglio aromatico








Si torna in cucina di sotto: Orlando controlla i vasi di malt flatbred che apriranno anche la cena








E i ragazzi affilano i rami di sambuco...

Mi preparano il conto: 576 euro in due, somma di due menu degustazione (200 euro l'uno) più una bottiglia di Grüner Veltliner Auslese trocken Spiegel di Fred Loimer (154 euro) e due calici di champagne di Christophe Mignon. A destra, Sune Østergaard, restaurant manager

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"








"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega








La sera stessa ci scrive su twitter la giornalista spagnola Julia Perez da Lima, spiegando che gli insetti amazzoni che cucina il cuoco venezuelano Sumito Estévez sanno invece di limone
 








"Un giorno, quando avrò tempo, spero non tra 10 anni, voglio trovare il modo di andare a visitare i più grandi macellai italiani". Un messaggio da girare subito a Cazzamali & co.








Formiche again, questa volta col petto rosso. La mirmecologia classifica nel mondo oltre 10mila specie di formiche, ognuna con il suo bagaglio aromatico








Si torna in cucina di sotto: Orlando controlla i vasi di malt flatbred che apriranno anche la cena








E i ragazzi affilano i rami di sambuco...








Mi preparano il conto: 576 euro in due, somma di due menu degustazione (200 euro l'uno) più una bottiglia di Grüner Veltliner Auslese trocken Spiegel di Fred Loimer (154 euro) e due calici di champagne di Christophe Mignon. A destra, Sune Østergaard, restaurant manager

Usciamo per esplorare il laboratorio del Nordic Food Lab che ci ha indicato Redzepi, in pratica una dépendance sull'acqua, proprio davanti al ristorante

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"








"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega








La sera stessa ci scrive su twitter la giornalista spagnola Julia Perez da Lima, spiegando che gli insetti amazzoni che cucina il cuoco venezuelano Sumito Estévez sanno invece di limone
 








"Un giorno, quando avrò tempo, spero non tra 10 anni, voglio trovare il modo di andare a visitare i più grandi macellai italiani". Un messaggio da girare subito a Cazzamali & co.








Formiche again, questa volta col petto rosso. La mirmecologia classifica nel mondo oltre 10mila specie di formiche, ognuna con il suo bagaglio aromatico








Si torna in cucina di sotto: Orlando controlla i vasi di malt flatbred che apriranno anche la cena








E i ragazzi affilano i rami di sambuco...








Mi preparano il conto: 576 euro in due, somma di due menu degustazione (200 euro l'uno) più una bottiglia di Grüner Veltliner Auslese trocken Spiegel di Fred Loimer (154 euro) e due calici di champagne di Christophe Mignon. A destra, Sune Østergaard, restaurant manager








Usciamo per esplorare il laboratorio del Nordic Food Lab che ci ha indicato Redzepi, in pratica una dépendance sull'acqua, proprio davanti al ristorante

L'ingresso del Nordic Food Lab. Ci lavorano quotidianamente 5 persone: docenti di scienze sensoriali dell'università di Copenaghen, antroplogi e docenti e studenti di Yale, parte del progetto Yale Sustainable Food Project

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"








"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega








La sera stessa ci scrive su twitter la giornalista spagnola Julia Perez da Lima, spiegando che gli insetti amazzoni che cucina il cuoco venezuelano Sumito Estévez sanno invece di limone
 








"Un giorno, quando avrò tempo, spero non tra 10 anni, voglio trovare il modo di andare a visitare i più grandi macellai italiani". Un messaggio da girare subito a Cazzamali & co.








Formiche again, questa volta col petto rosso. La mirmecologia classifica nel mondo oltre 10mila specie di formiche, ognuna con il suo bagaglio aromatico








Si torna in cucina di sotto: Orlando controlla i vasi di malt flatbred che apriranno anche la cena








E i ragazzi affilano i rami di sambuco...








Mi preparano il conto: 576 euro in due, somma di due menu degustazione (200 euro l'uno) più una bottiglia di Grüner Veltliner Auslese trocken Spiegel di Fred Loimer (154 euro) e due calici di champagne di Christophe Mignon. A destra, Sune Østergaard, restaurant manager








Usciamo per esplorare il laboratorio del Nordic Food Lab che ci ha indicato Redzepi, in pratica una dépendance sull'acqua, proprio davanti al ristorante








L'ingresso del Nordic Food Lab. Ci lavorano quotidianamente 5 persone: docenti di scienze sensoriali dell'università di Copenaghen, antroplogi e docenti e studenti di Yale, parte del progetto Yale Sustainable Food Project

Il Nordic Food Lab è un'organizzazione no profit, fondata nel 2008 da Redzepi e Claus Meyer. Il suo scopo è esplorare gli orizzonti della cucina nordica attraverso la gastronomia tradizionale e moderna e condividere i risultati con chef, accademici, industria e pubblico

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"








"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega








La sera stessa ci scrive su twitter la giornalista spagnola Julia Perez da Lima, spiegando che gli insetti amazzoni che cucina il cuoco venezuelano Sumito Estévez sanno invece di limone
 








"Un giorno, quando avrò tempo, spero non tra 10 anni, voglio trovare il modo di andare a visitare i più grandi macellai italiani". Un messaggio da girare subito a Cazzamali & co.








Formiche again, questa volta col petto rosso. La mirmecologia classifica nel mondo oltre 10mila specie di formiche, ognuna con il suo bagaglio aromatico








Si torna in cucina di sotto: Orlando controlla i vasi di malt flatbred che apriranno anche la cena








E i ragazzi affilano i rami di sambuco...








Mi preparano il conto: 576 euro in due, somma di due menu degustazione (200 euro l'uno) più una bottiglia di Grüner Veltliner Auslese trocken Spiegel di Fred Loimer (154 euro) e due calici di champagne di Christophe Mignon. A destra, Sune Østergaard, restaurant manager








Usciamo per esplorare il laboratorio del Nordic Food Lab che ci ha indicato Redzepi, in pratica una dépendance sull'acqua, proprio davanti al ristorante








L'ingresso del Nordic Food Lab. Ci lavorano quotidianamente 5 persone: docenti di scienze sensoriali dell'università di Copenaghen, antroplogi e docenti e studenti di Yale, parte del progetto Yale Sustainable Food Project








Il Nordic Food Lab è un'organizzazione no profit, fondata nel 2008 da Redzepi e Claus Meyer. Il suo scopo è esplorare gli orizzonti della cucina nordica attraverso la gastronomia tradizionale e moderna e condividere i risultati con chef, accademici, industria e pubblico

A fine pasto, ci sono 3 modi per riattivare la circolazione dopo il lungo pasto: il primo è salire sulla torre della Vor Frelser Kirke di Christianshavn (foto)

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"








"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega








La sera stessa ci scrive su twitter la giornalista spagnola Julia Perez da Lima, spiegando che gli insetti amazzoni che cucina il cuoco venezuelano Sumito Estévez sanno invece di limone
 








"Un giorno, quando avrò tempo, spero non tra 10 anni, voglio trovare il modo di andare a visitare i più grandi macellai italiani". Un messaggio da girare subito a Cazzamali & co.








Formiche again, questa volta col petto rosso. La mirmecologia classifica nel mondo oltre 10mila specie di formiche, ognuna con il suo bagaglio aromatico








Si torna in cucina di sotto: Orlando controlla i vasi di malt flatbred che apriranno anche la cena








E i ragazzi affilano i rami di sambuco...








Mi preparano il conto: 576 euro in due, somma di due menu degustazione (200 euro l'uno) più una bottiglia di Grüner Veltliner Auslese trocken Spiegel di Fred Loimer (154 euro) e due calici di champagne di Christophe Mignon. A destra, Sune Østergaard, restaurant manager








Usciamo per esplorare il laboratorio del Nordic Food Lab che ci ha indicato Redzepi, in pratica una dépendance sull'acqua, proprio davanti al ristorante








L'ingresso del Nordic Food Lab. Ci lavorano quotidianamente 5 persone: docenti di scienze sensoriali dell'università di Copenaghen, antroplogi e docenti e studenti di Yale, parte del progetto Yale Sustainable Food Project








Il Nordic Food Lab è un'organizzazione no profit, fondata nel 2008 da Redzepi e Claus Meyer. Il suo scopo è esplorare gli orizzonti della cucina nordica attraverso la gastronomia tradizionale e moderna e condividere i risultati con chef, accademici, industria e pubblico








A fine pasto, ci sono 3 modi per riattivare la circolazione dopo il lungo pasto: il primo è salire sulla torre della Vor Frelser Kirke di Christianshavn (foto)

Una sfacchinata che vale, considerato il panorama. Al centro della foto, riecco la costruzione che ospita il Noma

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"








"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega








La sera stessa ci scrive su twitter la giornalista spagnola Julia Perez da Lima, spiegando che gli insetti amazzoni che cucina il cuoco venezuelano Sumito Estévez sanno invece di limone
 








"Un giorno, quando avrò tempo, spero non tra 10 anni, voglio trovare il modo di andare a visitare i più grandi macellai italiani". Un messaggio da girare subito a Cazzamali & co.








Formiche again, questa volta col petto rosso. La mirmecologia classifica nel mondo oltre 10mila specie di formiche, ognuna con il suo bagaglio aromatico








Si torna in cucina di sotto: Orlando controlla i vasi di malt flatbred che apriranno anche la cena








E i ragazzi affilano i rami di sambuco...








Mi preparano il conto: 576 euro in due, somma di due menu degustazione (200 euro l'uno) più una bottiglia di Grüner Veltliner Auslese trocken Spiegel di Fred Loimer (154 euro) e due calici di champagne di Christophe Mignon. A destra, Sune Østergaard, restaurant manager








Usciamo per esplorare il laboratorio del Nordic Food Lab che ci ha indicato Redzepi, in pratica una dépendance sull'acqua, proprio davanti al ristorante








L'ingresso del Nordic Food Lab. Ci lavorano quotidianamente 5 persone: docenti di scienze sensoriali dell'università di Copenaghen, antroplogi e docenti e studenti di Yale, parte del progetto Yale Sustainable Food Project








Il Nordic Food Lab è un'organizzazione no profit, fondata nel 2008 da Redzepi e Claus Meyer. Il suo scopo è esplorare gli orizzonti della cucina nordica attraverso la gastronomia tradizionale e moderna e condividere i risultati con chef, accademici, industria e pubblico








A fine pasto, ci sono 3 modi per riattivare la circolazione dopo il lungo pasto: il primo è salire sulla torre della Vor Frelser Kirke di Christianshavn (foto)








Una sfacchinata che vale, considerato il panorama. Al centro della foto, riecco la costruzione che ospita il Noma

Una seconda opzione, non proprio salutista, prevede di tornare di là del canale e attendere il tramonto con uno dei supercocktail del gazebo Ofelia. Prima che arrivi il gelo, però

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"








"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega








La sera stessa ci scrive su twitter la giornalista spagnola Julia Perez da Lima, spiegando che gli insetti amazzoni che cucina il cuoco venezuelano Sumito Estévez sanno invece di limone
 








"Un giorno, quando avrò tempo, spero non tra 10 anni, voglio trovare il modo di andare a visitare i più grandi macellai italiani". Un messaggio da girare subito a Cazzamali & co.








Formiche again, questa volta col petto rosso. La mirmecologia classifica nel mondo oltre 10mila specie di formiche, ognuna con il suo bagaglio aromatico








Si torna in cucina di sotto: Orlando controlla i vasi di malt flatbred che apriranno anche la cena








E i ragazzi affilano i rami di sambuco...








Mi preparano il conto: 576 euro in due, somma di due menu degustazione (200 euro l'uno) più una bottiglia di Grüner Veltliner Auslese trocken Spiegel di Fred Loimer (154 euro) e due calici di champagne di Christophe Mignon. A destra, Sune Østergaard, restaurant manager








Usciamo per esplorare il laboratorio del Nordic Food Lab che ci ha indicato Redzepi, in pratica una dépendance sull'acqua, proprio davanti al ristorante








L'ingresso del Nordic Food Lab. Ci lavorano quotidianamente 5 persone: docenti di scienze sensoriali dell'università di Copenaghen, antroplogi e docenti e studenti di Yale, parte del progetto Yale Sustainable Food Project








Il Nordic Food Lab è un'organizzazione no profit, fondata nel 2008 da Redzepi e Claus Meyer. Il suo scopo è esplorare gli orizzonti della cucina nordica attraverso la gastronomia tradizionale e moderna e condividere i risultati con chef, accademici, industria e pubblico








A fine pasto, ci sono 3 modi per riattivare la circolazione dopo il lungo pasto: il primo è salire sulla torre della Vor Frelser Kirke di Christianshavn (foto)








Una sfacchinata che vale, considerato il panorama. Al centro della foto, riecco la costruzione che ospita il Noma








Una seconda opzione, non proprio salutista, prevede di tornare di là del canale e attendere il tramonto con uno dei supercocktail del gazebo Ofelia. Prima che arrivi il gelo, però

La terza opzione è quella di mettersi a smaltire correndo, in una città in cui corrono praticamente tutti e in continuazione. Non hai portato le scarpe? Nell'Hotel Kong Arthur, sulla Nørre Søgade 11, te le affittano

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"








"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega








La sera stessa ci scrive su twitter la giornalista spagnola Julia Perez da Lima, spiegando che gli insetti amazzoni che cucina il cuoco venezuelano Sumito Estévez sanno invece di limone
 








"Un giorno, quando avrò tempo, spero non tra 10 anni, voglio trovare il modo di andare a visitare i più grandi macellai italiani". Un messaggio da girare subito a Cazzamali & co.








Formiche again, questa volta col petto rosso. La mirmecologia classifica nel mondo oltre 10mila specie di formiche, ognuna con il suo bagaglio aromatico








Si torna in cucina di sotto: Orlando controlla i vasi di malt flatbred che apriranno anche la cena








E i ragazzi affilano i rami di sambuco...








Mi preparano il conto: 576 euro in due, somma di due menu degustazione (200 euro l'uno) più una bottiglia di Grüner Veltliner Auslese trocken Spiegel di Fred Loimer (154 euro) e due calici di champagne di Christophe Mignon. A destra, Sune Østergaard, restaurant manager








Usciamo per esplorare il laboratorio del Nordic Food Lab che ci ha indicato Redzepi, in pratica una dépendance sull'acqua, proprio davanti al ristorante








L'ingresso del Nordic Food Lab. Ci lavorano quotidianamente 5 persone: docenti di scienze sensoriali dell'università di Copenaghen, antroplogi e docenti e studenti di Yale, parte del progetto Yale Sustainable Food Project








Il Nordic Food Lab è un'organizzazione no profit, fondata nel 2008 da Redzepi e Claus Meyer. Il suo scopo è esplorare gli orizzonti della cucina nordica attraverso la gastronomia tradizionale e moderna e condividere i risultati con chef, accademici, industria e pubblico








A fine pasto, ci sono 3 modi per riattivare la circolazione dopo il lungo pasto: il primo è salire sulla torre della Vor Frelser Kirke di Christianshavn (foto)








Una sfacchinata che vale, considerato il panorama. Al centro della foto, riecco la costruzione che ospita il Noma








Una seconda opzione, non proprio salutista, prevede di tornare di là del canale e attendere il tramonto con uno dei supercocktail del gazebo Ofelia. Prima che arrivi il gelo, però








La terza opzione è quella di mettersi a smaltire correndo, in una città in cui corrono praticamente tutti e in continuazione. Non hai portato le scarpe? Nell'Hotel Kong Arthur, sulla Nørre Søgade 11, te le affittano

Foto di Mark Milh twittata da @ReneRedzepiNoma

Avremmo voluto sequestrare il cuoco per un giorno intero, come ha fatto Lisa Abend per il Time. Per esempio per chiedergli se oggi riscriverebbe qualcuno dei principi del manifesto della New Nordic Cuisine, la rivoluzione gastronomica più copernicana degli ultimi anni. O qual è l'eredità che gli ha lasciato suo padre, musulmano di passaporto macedone.

Avremmo voluto sapere come fa a gestire le pressioni dei media del mondo e, nel contempo, a mettere in riga - per 5 giorni a settimana, 16 ore al dì - una squadra di 80 persone che arrivano da ovunque. Domandargli in quale etichetta si specchia meglio: locavore hero, l’uomo che cucina foreste e fondali marini o mister foraging? Ma dopo un pranzo di quasi 4 ore, non rimane obiettivamente il tempo.

Il cuoco Renè Redzepi, 35 anni fra due mesi, impugna un fungo: «Un regno incredibile, di cui sappiamo ancora pochissimo».  Nella fotogallery sotto, trovate tutti i dettagli

Il cuoco Renè Redzepi, 35 anni fra due mesi, impugna un fungo: «Un regno incredibile, di cui sappiamo ancora pochissimo». Nella fotogallery sotto, trovate tutti i dettagli

A vederlo tranquillo al primo piano sopra nella staff room del Noma, Renè Redzepi sembra non curarsi troppo del can can che arriva fino al ristorante di sotto, con la gente che snocciola sequele di «oh my god» anche di fronte al bagno e scatta foto all’ingresso manco fosse al 10 di Downing street. Di sicuro difficilmente rivedremo il ragazzo cucinare a Londra come nei giorni olimpici perché, ci spiega «Se prima avevo la curiosità di lavorare fuori o di capire se accettare delle consulenze, dopo l'esperienza al Claridge's mi è passata».

Lui sta bene solo nel suo Noma. Alle pareti del suo “ufficio” non luccica nessun gallone, nessuna cornice di giornale e lui non indossa nessun occhiale scuro da divo. Piuttosto, ogni gesto del cuoco - lo incontriamo mentre affetta un fungo enorme mai visto - e ogni sua parola tradiscono una sola evidente pulsione: estendere gli oggetti del regno commestibile - piante, alghe, pesci, animali di terra, insetti - nello sforzo di disegnare un pianeta migliore.

Certo, nel proporre la crema di formiche o la pasta di grilli, i più superficiali leggono del sensazionalismo forzato o della stravaganza per nutrire i media. Ma non c’è nessun capriccio nel provare a trasferire alle latitudini nordiche o europee pratiche edibili che per tanti amazzonici o asiatici sono la stessa cosa che da noi è addentare una coscia di pollo.

Foglie di acetosella ripiene di pasta di grilli (sì, proprio gli insetti) e granita di nasturzio, l’ultimo dei 14 appetizer del menu degustazione

Foglie di acetosella ripiene di pasta di grilli (sì, proprio gli insetti) e granita di nasturzio, l’ultimo dei 14 appetizer del menu degustazione

Nessuno dimentichi poi che, per ogni piatto che entra in carta, almeno 30 finiscono nel cestino (la prova è nel profilo twitter del cuoco: ogni giorno posta foto di esperimenti che mai troveremo in tavola). E che docenti e ricercatori delle università di Copenaghen e Yale lavorano incessantemente nel Nordic Food Lab proprio di fronte al Noma, per capire fino a dove possiamo spingerci con aromi e digeribilità degli alimenti. «Quello che sperimentiamo», specificò a Identità Milano nel febbraio scorso, «è ignoto anche a noi, non abbiamo alcun punto di riferimento, quindi è importante saper progredire ma anche saper fare un passo indietro».

E il nostro pranzo al Noma? Grandioso. Illustriamo tutti i dettagli del menu degustazione e delle chiacchiere col cuoco nella fotogallery da 100 foto qui sotto. Un omaggio dovuto. Intanto, due considerazioni: 1. il menu degustazione è idealmente diviso in due: appetizer e portate principali. Noi abbiamo trovato straordinaria soprattutto la prima parte, a dimostrazione delle ampie praterie che si parano davanti alla micro-cucina, una verità che in Italia non abbiamo ancora assimilato 2. Il ristorante di Redzepi incarna una delle massime espressioni di civiltà, in una città che di suo è tra le più civili e sostenibili al mondo. Sia allora santificato il suo Noma.

Galleria fotografica

In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna

Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen

Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma

Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici
Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici

Al massimo si sente rombare qualche scafo

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo

Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica

Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso

Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza

 

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 

L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade

La vista, ingresso alle spalle

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle

Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui

Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista

La porta d'ingresso vista dalla cucina

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina

Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre

I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala

La finestra accanto al nostro tavolo

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo

E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo

Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto

Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)

Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche

 

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 

Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante

Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo

Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone

La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)

Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)

Cinque tondini, ma solo due "interessanti"

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"

Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo

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In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo

Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente

Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità

Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari

Le uova dentro l'uovo

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo

Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido

Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare

Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato

Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo

Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto

Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi

Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato

E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano

Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese

Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi

Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone

La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana

Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco

Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati

Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati

Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala

...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro

Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso

Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce

Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma

Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...

...et voilà

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà

Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato

Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata

Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre

Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo

Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo

The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)

The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari

The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio

The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"

The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto

The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...

...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8

Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh

A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati

E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery

Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)

Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)

Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello

Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva

Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma

I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"

Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa

Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando

Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto

Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni

Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...

Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...

...ma anche quella del grande capo...

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...

...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...

...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"

Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"

"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"








"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega

La sera stessa ci scrive su twitter la giornalista spagnola Julia Perez da Lima, spiegando che gli insetti amazzoni che cucina il cuoco venezuelano Sumito Estévez sanno invece di limone

 

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"








"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega








La sera stessa ci scrive su twitter la giornalista spagnola Julia Perez da Lima, spiegando che gli insetti amazzoni che cucina il cuoco venezuelano Sumito Estévez sanno invece di limone
 

"Un giorno, quando avrò tempo, spero non tra 10 anni, voglio trovare il modo di andare a visitare i più grandi macellai italiani". Un messaggio da girare subito a Cazzamali & co.

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"








"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega








La sera stessa ci scrive su twitter la giornalista spagnola Julia Perez da Lima, spiegando che gli insetti amazzoni che cucina il cuoco venezuelano Sumito Estévez sanno invece di limone
 








"Un giorno, quando avrò tempo, spero non tra 10 anni, voglio trovare il modo di andare a visitare i più grandi macellai italiani". Un messaggio da girare subito a Cazzamali & co.

Formiche again, questa volta col petto rosso. La mirmecologia classifica nel mondo oltre 10mila specie di formiche, ognuna con il suo bagaglio aromatico

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"








"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega








La sera stessa ci scrive su twitter la giornalista spagnola Julia Perez da Lima, spiegando che gli insetti amazzoni che cucina il cuoco venezuelano Sumito Estévez sanno invece di limone
 








"Un giorno, quando avrò tempo, spero non tra 10 anni, voglio trovare il modo di andare a visitare i più grandi macellai italiani". Un messaggio da girare subito a Cazzamali & co.








Formiche again, questa volta col petto rosso. La mirmecologia classifica nel mondo oltre 10mila specie di formiche, ognuna con il suo bagaglio aromatico

Si torna in cucina di sotto: Orlando controlla i vasi di malt flatbred che apriranno anche la cena

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"








"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega








La sera stessa ci scrive su twitter la giornalista spagnola Julia Perez da Lima, spiegando che gli insetti amazzoni che cucina il cuoco venezuelano Sumito Estévez sanno invece di limone
 








"Un giorno, quando avrò tempo, spero non tra 10 anni, voglio trovare il modo di andare a visitare i più grandi macellai italiani". Un messaggio da girare subito a Cazzamali & co.








Formiche again, questa volta col petto rosso. La mirmecologia classifica nel mondo oltre 10mila specie di formiche, ognuna con il suo bagaglio aromatico








Si torna in cucina di sotto: Orlando controlla i vasi di malt flatbred che apriranno anche la cena

E i ragazzi affilano i rami di sambuco...

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"








"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega








La sera stessa ci scrive su twitter la giornalista spagnola Julia Perez da Lima, spiegando che gli insetti amazzoni che cucina il cuoco venezuelano Sumito Estévez sanno invece di limone
 








"Un giorno, quando avrò tempo, spero non tra 10 anni, voglio trovare il modo di andare a visitare i più grandi macellai italiani". Un messaggio da girare subito a Cazzamali & co.








Formiche again, questa volta col petto rosso. La mirmecologia classifica nel mondo oltre 10mila specie di formiche, ognuna con il suo bagaglio aromatico








Si torna in cucina di sotto: Orlando controlla i vasi di malt flatbred che apriranno anche la cena








E i ragazzi affilano i rami di sambuco...

Mi preparano il conto: 576 euro in due, somma di due menu degustazione (200 euro l'uno) più una bottiglia di Grüner Veltliner Auslese trocken Spiegel di Fred Loimer (154 euro) e due calici di champagne di Christophe Mignon. A destra, Sune Østergaard, restaurant manager

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"








"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega








La sera stessa ci scrive su twitter la giornalista spagnola Julia Perez da Lima, spiegando che gli insetti amazzoni che cucina il cuoco venezuelano Sumito Estévez sanno invece di limone
 








"Un giorno, quando avrò tempo, spero non tra 10 anni, voglio trovare il modo di andare a visitare i più grandi macellai italiani". Un messaggio da girare subito a Cazzamali & co.








Formiche again, questa volta col petto rosso. La mirmecologia classifica nel mondo oltre 10mila specie di formiche, ognuna con il suo bagaglio aromatico








Si torna in cucina di sotto: Orlando controlla i vasi di malt flatbred che apriranno anche la cena








E i ragazzi affilano i rami di sambuco...








Mi preparano il conto: 576 euro in due, somma di due menu degustazione (200 euro l'uno) più una bottiglia di Grüner Veltliner Auslese trocken Spiegel di Fred Loimer (154 euro) e due calici di champagne di Christophe Mignon. A destra, Sune Østergaard, restaurant manager

Usciamo per esplorare il laboratorio del Nordic Food Lab che ci ha indicato Redzepi, in pratica una dépendance sull'acqua, proprio davanti al ristorante

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"








"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega








La sera stessa ci scrive su twitter la giornalista spagnola Julia Perez da Lima, spiegando che gli insetti amazzoni che cucina il cuoco venezuelano Sumito Estévez sanno invece di limone
 








"Un giorno, quando avrò tempo, spero non tra 10 anni, voglio trovare il modo di andare a visitare i più grandi macellai italiani". Un messaggio da girare subito a Cazzamali & co.








Formiche again, questa volta col petto rosso. La mirmecologia classifica nel mondo oltre 10mila specie di formiche, ognuna con il suo bagaglio aromatico








Si torna in cucina di sotto: Orlando controlla i vasi di malt flatbred che apriranno anche la cena








E i ragazzi affilano i rami di sambuco...








Mi preparano il conto: 576 euro in due, somma di due menu degustazione (200 euro l'uno) più una bottiglia di Grüner Veltliner Auslese trocken Spiegel di Fred Loimer (154 euro) e due calici di champagne di Christophe Mignon. A destra, Sune Østergaard, restaurant manager








Usciamo per esplorare il laboratorio del Nordic Food Lab che ci ha indicato Redzepi, in pratica una dépendance sull'acqua, proprio davanti al ristorante

L'ingresso del Nordic Food Lab. Ci lavorano quotidianamente 5 persone: docenti di scienze sensoriali dell'università di Copenaghen, antroplogi e docenti e studenti di Yale, parte del progetto Yale Sustainable Food Project

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"








"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega








La sera stessa ci scrive su twitter la giornalista spagnola Julia Perez da Lima, spiegando che gli insetti amazzoni che cucina il cuoco venezuelano Sumito Estévez sanno invece di limone
 








"Un giorno, quando avrò tempo, spero non tra 10 anni, voglio trovare il modo di andare a visitare i più grandi macellai italiani". Un messaggio da girare subito a Cazzamali & co.








Formiche again, questa volta col petto rosso. La mirmecologia classifica nel mondo oltre 10mila specie di formiche, ognuna con il suo bagaglio aromatico








Si torna in cucina di sotto: Orlando controlla i vasi di malt flatbred che apriranno anche la cena








E i ragazzi affilano i rami di sambuco...








Mi preparano il conto: 576 euro in due, somma di due menu degustazione (200 euro l'uno) più una bottiglia di Grüner Veltliner Auslese trocken Spiegel di Fred Loimer (154 euro) e due calici di champagne di Christophe Mignon. A destra, Sune Østergaard, restaurant manager








Usciamo per esplorare il laboratorio del Nordic Food Lab che ci ha indicato Redzepi, in pratica una dépendance sull'acqua, proprio davanti al ristorante








L'ingresso del Nordic Food Lab. Ci lavorano quotidianamente 5 persone: docenti di scienze sensoriali dell'università di Copenaghen, antroplogi e docenti e studenti di Yale, parte del progetto Yale Sustainable Food Project

Il Nordic Food Lab è un'organizzazione no profit, fondata nel 2008 da Redzepi e Claus Meyer. Il suo scopo è esplorare gli orizzonti della cucina nordica attraverso la gastronomia tradizionale e moderna e condividere i risultati con chef, accademici, industria e pubblico

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"








"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega








La sera stessa ci scrive su twitter la giornalista spagnola Julia Perez da Lima, spiegando che gli insetti amazzoni che cucina il cuoco venezuelano Sumito Estévez sanno invece di limone
 








"Un giorno, quando avrò tempo, spero non tra 10 anni, voglio trovare il modo di andare a visitare i più grandi macellai italiani". Un messaggio da girare subito a Cazzamali & co.








Formiche again, questa volta col petto rosso. La mirmecologia classifica nel mondo oltre 10mila specie di formiche, ognuna con il suo bagaglio aromatico








Si torna in cucina di sotto: Orlando controlla i vasi di malt flatbred che apriranno anche la cena








E i ragazzi affilano i rami di sambuco...








Mi preparano il conto: 576 euro in due, somma di due menu degustazione (200 euro l'uno) più una bottiglia di Grüner Veltliner Auslese trocken Spiegel di Fred Loimer (154 euro) e due calici di champagne di Christophe Mignon. A destra, Sune Østergaard, restaurant manager








Usciamo per esplorare il laboratorio del Nordic Food Lab che ci ha indicato Redzepi, in pratica una dépendance sull'acqua, proprio davanti al ristorante








L'ingresso del Nordic Food Lab. Ci lavorano quotidianamente 5 persone: docenti di scienze sensoriali dell'università di Copenaghen, antroplogi e docenti e studenti di Yale, parte del progetto Yale Sustainable Food Project








Il Nordic Food Lab è un'organizzazione no profit, fondata nel 2008 da Redzepi e Claus Meyer. Il suo scopo è esplorare gli orizzonti della cucina nordica attraverso la gastronomia tradizionale e moderna e condividere i risultati con chef, accademici, industria e pubblico

A fine pasto, ci sono 3 modi per riattivare la circolazione dopo il lungo pasto: il primo è salire sulla torre della Vor Frelser Kirke di Christianshavn (foto)

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"








"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega








La sera stessa ci scrive su twitter la giornalista spagnola Julia Perez da Lima, spiegando che gli insetti amazzoni che cucina il cuoco venezuelano Sumito Estévez sanno invece di limone
 








"Un giorno, quando avrò tempo, spero non tra 10 anni, voglio trovare il modo di andare a visitare i più grandi macellai italiani". Un messaggio da girare subito a Cazzamali & co.








Formiche again, questa volta col petto rosso. La mirmecologia classifica nel mondo oltre 10mila specie di formiche, ognuna con il suo bagaglio aromatico








Si torna in cucina di sotto: Orlando controlla i vasi di malt flatbred che apriranno anche la cena








E i ragazzi affilano i rami di sambuco...








Mi preparano il conto: 576 euro in due, somma di due menu degustazione (200 euro l'uno) più una bottiglia di Grüner Veltliner Auslese trocken Spiegel di Fred Loimer (154 euro) e due calici di champagne di Christophe Mignon. A destra, Sune Østergaard, restaurant manager








Usciamo per esplorare il laboratorio del Nordic Food Lab che ci ha indicato Redzepi, in pratica una dépendance sull'acqua, proprio davanti al ristorante








L'ingresso del Nordic Food Lab. Ci lavorano quotidianamente 5 persone: docenti di scienze sensoriali dell'università di Copenaghen, antroplogi e docenti e studenti di Yale, parte del progetto Yale Sustainable Food Project








Il Nordic Food Lab è un'organizzazione no profit, fondata nel 2008 da Redzepi e Claus Meyer. Il suo scopo è esplorare gli orizzonti della cucina nordica attraverso la gastronomia tradizionale e moderna e condividere i risultati con chef, accademici, industria e pubblico








A fine pasto, ci sono 3 modi per riattivare la circolazione dopo il lungo pasto: il primo è salire sulla torre della Vor Frelser Kirke di Christianshavn (foto)

Una sfacchinata che vale, considerato il panorama. Al centro della foto, riecco la costruzione che ospita il Noma

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"








"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega








La sera stessa ci scrive su twitter la giornalista spagnola Julia Perez da Lima, spiegando che gli insetti amazzoni che cucina il cuoco venezuelano Sumito Estévez sanno invece di limone
 








"Un giorno, quando avrò tempo, spero non tra 10 anni, voglio trovare il modo di andare a visitare i più grandi macellai italiani". Un messaggio da girare subito a Cazzamali & co.








Formiche again, questa volta col petto rosso. La mirmecologia classifica nel mondo oltre 10mila specie di formiche, ognuna con il suo bagaglio aromatico








Si torna in cucina di sotto: Orlando controlla i vasi di malt flatbred che apriranno anche la cena








E i ragazzi affilano i rami di sambuco...








Mi preparano il conto: 576 euro in due, somma di due menu degustazione (200 euro l'uno) più una bottiglia di Grüner Veltliner Auslese trocken Spiegel di Fred Loimer (154 euro) e due calici di champagne di Christophe Mignon. A destra, Sune Østergaard, restaurant manager








Usciamo per esplorare il laboratorio del Nordic Food Lab che ci ha indicato Redzepi, in pratica una dépendance sull'acqua, proprio davanti al ristorante








L'ingresso del Nordic Food Lab. Ci lavorano quotidianamente 5 persone: docenti di scienze sensoriali dell'università di Copenaghen, antroplogi e docenti e studenti di Yale, parte del progetto Yale Sustainable Food Project








Il Nordic Food Lab è un'organizzazione no profit, fondata nel 2008 da Redzepi e Claus Meyer. Il suo scopo è esplorare gli orizzonti della cucina nordica attraverso la gastronomia tradizionale e moderna e condividere i risultati con chef, accademici, industria e pubblico








A fine pasto, ci sono 3 modi per riattivare la circolazione dopo il lungo pasto: il primo è salire sulla torre della Vor Frelser Kirke di Christianshavn (foto)








Una sfacchinata che vale, considerato il panorama. Al centro della foto, riecco la costruzione che ospita il Noma

Una seconda opzione, non proprio salutista, prevede di tornare di là del canale e attendere il tramonto con uno dei supercocktail del gazebo Ofelia. Prima che arrivi il gelo, però

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"








"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega








La sera stessa ci scrive su twitter la giornalista spagnola Julia Perez da Lima, spiegando che gli insetti amazzoni che cucina il cuoco venezuelano Sumito Estévez sanno invece di limone
 








"Un giorno, quando avrò tempo, spero non tra 10 anni, voglio trovare il modo di andare a visitare i più grandi macellai italiani". Un messaggio da girare subito a Cazzamali & co.








Formiche again, questa volta col petto rosso. La mirmecologia classifica nel mondo oltre 10mila specie di formiche, ognuna con il suo bagaglio aromatico








Si torna in cucina di sotto: Orlando controlla i vasi di malt flatbred che apriranno anche la cena








E i ragazzi affilano i rami di sambuco...








Mi preparano il conto: 576 euro in due, somma di due menu degustazione (200 euro l'uno) più una bottiglia di Grüner Veltliner Auslese trocken Spiegel di Fred Loimer (154 euro) e due calici di champagne di Christophe Mignon. A destra, Sune Østergaard, restaurant manager








Usciamo per esplorare il laboratorio del Nordic Food Lab che ci ha indicato Redzepi, in pratica una dépendance sull'acqua, proprio davanti al ristorante








L'ingresso del Nordic Food Lab. Ci lavorano quotidianamente 5 persone: docenti di scienze sensoriali dell'università di Copenaghen, antroplogi e docenti e studenti di Yale, parte del progetto Yale Sustainable Food Project








Il Nordic Food Lab è un'organizzazione no profit, fondata nel 2008 da Redzepi e Claus Meyer. Il suo scopo è esplorare gli orizzonti della cucina nordica attraverso la gastronomia tradizionale e moderna e condividere i risultati con chef, accademici, industria e pubblico








A fine pasto, ci sono 3 modi per riattivare la circolazione dopo il lungo pasto: il primo è salire sulla torre della Vor Frelser Kirke di Christianshavn (foto)








Una sfacchinata che vale, considerato il panorama. Al centro della foto, riecco la costruzione che ospita il Noma








Una seconda opzione, non proprio salutista, prevede di tornare di là del canale e attendere il tramonto con uno dei supercocktail del gazebo Ofelia. Prima che arrivi il gelo, però

La terza opzione è quella di mettersi a smaltire correndo, in una città in cui corrono praticamente tutti e in continuazione. Non hai portato le scarpe? Nell'Hotel Kong Arthur, sulla Nørre Søgade 11, te le affittano

Galleria fotografica






In cammino verso il Noma. Il ristorante è al piano terra del palazzone più a sinistra. Per arrivarci dalla popolare insenatura di Nyhavn (il punto da cui è scattata la foto), occorre fare un bel giro. Ma si notano i lavori per la costruzione di un ponte. Che condurrà dritto all'insegna








Altra prospettiva sul Noma da Nyhavn. Il ristorante galleggia sulla Christianshavn, una delle tante isole artificiali che compongono Copenhagen








Di là del fiume, sulla lunga via che conduce allo spiazzo del Noma








Uno scenario molto tranquillo, di case pastello. Il silenzio è perché vanno tutti in bici













Al massimo si sente rombare qualche scafo








Il vascello davanti al Noma. Oltre a quella danese, sventolano le bandiere di Isole Far Oer e Groenlandia: le loro ambasciate sono nello stesso palazzo del ristorante. Coerenza nordica








Il retro del ristorante. L'80% delle 80 persone che lavorano al Noma viene a lavorare in bici, chef incluso








Dietro al ristorante, un'iscrizione ricorda i passeggeri scomparsi a bordo della danese Hans Hedtoft. Il transatlantico si scontrò il 30 gennaio 1959 contrò un iceberg in Groenlandia. Fu ritrovata solo una cintura di sicurezza
 








L'ingresso del ristorante, al civico 93 di Strandgade








La vista, ingresso alle spalle








Tra l'ingresso e la cucina a vista, spicca un corner di decoro simil-giapponese. A sinistra s'intravede Noma, time and place in Nordic Cuisine, edizioni Phaidon, un testo fondamentale per approfondire tutti i rivoli del Redzepi-mondo. La versione italiana si ordina qui








Una pianta di piccoli agrumi orla la cucina a vista








La porta d'ingresso vista dalla cucina








Le sedie, molto comode, sono anni Sessanta con schienali foderati di pelle di pecora, alcune più morbide di altre








I tavoli sono ampi e senza tovaglie. Attorno prevale il grigio e i colori rustici, sulle travi in legno del soffitto ma anche sulle divise dei ragazzi di sala








La finestra accanto al nostro tavolo








E' lo chef Rene Redzepi a introdurci al pasto: in un vaso di fiori danesi, l'unico pendaglio commestibile è una sorta di carta musica croccante (flatbread) di farina di malto all'aroma di ginepro. Nel piattino in basso, una deliziosa crème fraîche acida per intingerlo








Il flatbread è quello che svetta. "Ma se ci tenete, provate a mangiare anche i fiori", scherza Redzepi. Il cuoco scompare nelle segrete del Noma. Lo ritroveremo solo alla fine del pasto








Tutti i 14 appetizer si mangeranno con le mani. Unica posata, il coltello per tirar su e leccare la crème fraîche da sola (da fare quando tutti gli altri clienti son distratti, però)








Moss and Cep: Muschio di renna con polvere di funghi porcini. E' il corpo bianco, molto saporito ed evanescente, da intingere anch'esso nella crème fraîche
 








Crispy pork skin and black currant: Pelle di maiale croccante e ribes nero, lo strato più esterno. Aspro e croccante








Il ribes nero non ci lascerà prima di molto tempo








Blue mussels and celery: cozze e sedano. Solo due sono quelle buone








La parte inferiore del guscio è commestibile (ancora farina di malto)








Il quinto appetizer è nascosto in una deliziosa scatola di biscotti in latta della tradizione danese (chi non ricorda i Danish butter cookies?)








Cinque tondini, ma solo due "interessanti"








Si chiamano Cheese cookies, rocket and stems, letteralmente Biscotti al formaggio, ruchetta e gambi di erbe aromatiche, un felice snack potenzialmente riproducibile nei nord e nei sud del mondo








Appetizer #6: Potato and duck liver, Patate e fegato d'anatra: le patate croccanti sono in due strati e a mo' di sandwich racchiudono la mousse di fegato. La spolverata è di funghi trombette dei morti, disidratati e polverizzati, una tecnica che troveremo frequentemente








Dried carrot and sorrel, Carote grigliate a fuoco lento per 14 ore, disidratate e servite su polvere di fieno. Si intingono nell'emulsione di acetosella accanto. Un grande piatto perché di inattesa, energica acidità








Ottava entrée: Caramelized milk and cod liver, Biscotto di latte caramellato e fegato di merluzzo, quest'ultimo ghiacciato e pulito. Il secondo dona un aroma molto strong, che domina sul biscotto croccante. Per palati muscolari








Le uova dentro l'uovo








Pickled and smoked quails eggs, Uova di quaglia sbollentate, marinate e affumicate, un classico del Noma. Il tuorlo è completamente liquido








Col Veal fibres and söl, Filamenti di vitello e söl, decimo appetizer, entra in gioco per la prima volta un'alga di mare. E' il söl, appunto, dulse in inglese, Palmaria palmata nella tassonomia scientifica, un'alga rossa incastrata nei filamenti di vitello precedentemente tagliati sottili e poi fritti. Curioso l'impiatto a nido di ingredienti che alla fine incastrano terra e mare








Herb Toast and smoked cod roe, Toast alle erbe e uova di merluzzo affumicato, un'altra grandiosa tapa nordica da far su in due bocconi. Se non ricordiamo male, lo strato superiore è brodo di fegato d'anatra disidratato








Radish, soil and grass, Rapanello, "suolo" ed erba, un altro grande classico del Noma, un paesaggio commestibile di chiara genesi basca-adrianesca, molto replicato negli anni. Carote baby e rapanelli sono interrati in un "suolo" che è una crema di farina di malto con nocciole disidratate. Sotto ancora, uno yogurt di erbe. Finite le verdure, abbiamo chiesto dei cucchiaini per ripulire il suolo








Una foto (di spreadbutter) chiarisce meglio il contenuto del vasetto








Æbleskiver e muikku, penultimo appetizer, di concezione piuttosto recente. Un'antica tradizione dolce danese (Æbleskiver significa "piccoli pezzi di mela" ma la mela qui non c'è) è presentata in versione salata. Code e teste dei muikku, sorta di aringhe baby, sono infilzate in due bigné dall'impasto molto morbido con del ripieno di cetriolo marinato, ben riconoscibile al palato. L'aspetto dispone il cliente alla sfida ma la sua bizzarria visiva si scioglie presto in due bocconi morbidi, eleganti e deliziosi








Ultimo di 14 appetizer: Sorrel leaf and cricket paste, Foglia di acetosella (leggermente piccante) con pasta di grillo. Sì, proprio l'insetto dei prati, qui in consistenza di crema, inserita nel gambo dell'acetosella. Mettendo a fermentare grilli e orzo fermentato, Redzepi ha ottenuto una sorta di garum molto interessante, simile alla soia. Completa il piatto in foto, una granita di nasturzio ghiacciato








E il vino? Non producendo la Danimarca nettari di rilievo, è forse il capitolo meno allettante del Noma. La carta è un trionfo di vini ottenuti in climi freddi: francesi, tedeschi o austriaci soprattutto. Vini di acidità spinta che si combinano bene con le prevalenti acidità dei piatti. Le persone inquadrate nella foto hanno optato per il pairing coi succhi di frutta, quelli sì interessanti e autoctoni: il percorso prevede 7-8 succhi tra cui carote e ginepro, sedano e sedanorapa, cetriolo, eccetera. E i vini italiani? Pochi e tutti rossi, soprattutto di produttori di nebbiolo del Piemonte. "Ma li chiedono solo i norvegesi", ci raccontano








Terminati appetizer e main courses, sbirciamo i lavori in cucina. In primo piano, Samuel Nutter, sous chef inglese








Al centro, riconosciamo Matthew Orlando di San Diego, 35 anni e da 4 e mezzo head chef del Noma. Più tardi ci rivelerà che entro un paio d'anni aprirà il suo ristorante a Copenhagen. "E Renè che ne pensa?", chiediamo. "E' proprio lui a incoraggiarci a metterci in proprio", risponde Orlando. Vero, chiedere anche a Christian Puglisi








Ancora Orlando ci spiegherà che, tra sala, cucina, preparazioni e laboratorio, il Noma arriva a impiegare dall'alba a mezzanotte fino a 80 persone








La cucina prevede 7 comparti: il caldo, il freddo, la pasticceria, gli snack, produzione e mise-en-place, le preparazioni della squadra del mattino e la ricerca (su quest'ultima torneremo più avanti). Gli stagisti scelgono di lavorarci, sapendo di non essere pagati. Redzepi riceve un centinaio di curricula a settimana








Torniamo a tavola e troviamo nuove posate: rami appuntiti di sambuco








Servono a infilzare il primo delle portate "serie", Potato and snails, patate e lumache, servito in due piatti. Il primo è una terrina (rovente) di piccole deliziose patate affumicate e semiaffogate in una salsa al burro dolce e al tavolo spolverate con sale proprio di sambuco. Accanto, piccoli ceppi d'albero affumicati








Accanto, l'altra metà del piatto da infilzare coi bastoncini di sambuco: lumache glassate nel loro succo con burro dolce, olio al prezzemolo ed emulsione di piselli fermentati








Dopo 15 portate arrivano le posate. "Si torna alla civiltà", scherza il ragazzo di sala








...e arriva pure il pane, nascosto in una stoffa soffice con accanto due ciotoline che contengono burro da latte di capra e burro di grasso e crumble di maiale. Colesterolemici, vade retro








Solleviamo la stoffa: il pane è una pagnotta di lievito naturale di grano locale. La crosta è super-fragrante e il cuore molto sofficie e poroso








Cooked fava beans and beach herbs, Fave stufate gentilmente ed "erbe di spiaggia" (che poi sono diversi tipi di alghe di mare). Le fave sono fantastiche nella loro compattezza inaspettatamente dolce








Con la terza portata del ciclo "serio" veniamo ai ragazzi di sala: sono tutti molto professionali ma anche rilassati. Tra i 30 e i 40 anni, molti tatuati, ruotano di continuo al nostro tavolo: una trentina dei piatti sono stati serviti e illustrati da 10 camerieri diversi, molti dei quali cuochi dei livelli più alti della gerarchia. Il ragazzo in foto che ci serve Berries and cucumber, Bacche e cetrioli, si chiama Beau Clugston, è australiano e da poche ore è un nuovo sous-chef del Noma








Ai frutti di bosco e insalata di cetrioli si unisce del succo di camomilla...








...et voilà








Insalata di brown crab (granchi atlantici), tuorlo d'uovo, erbe di campo e il rosso sono le uova del granchio. I ragazzi si raccomandano di fare attenzione perchè potrebbe esserci del carapace o delle chele: la carne del granchio è stata rimossa tutta a mano. Noi ci scontriamo solo con un fresco schiaffo iodato








Accanto alle langoustine, scampi norvegesi, torna l'alga söl, questa volta in forma di emulsione con acqua di ostriche. I puntini rossi sono segale disidratata








Cavolfiore e pino, crema e rafano. Pensi a una capasanta e invece è un trancio di cavolfiore quello che spunta da sotto gli aghi di pino. E' ricavato dalla parte alta dell'ortaggio, arrostito a arricchito con gli aromi di pino, abete, ginepro e rafano. L'orto e il silvestre








Lucioperca con gambi di verdure. Impeccabile ma insolitamente classico nella sua concezione su salsa al burro e capperi. Incuriosisce la disposizione, che lascia intonsa più di metà del piatto. Come a voler lasciar libero il lucioperca di sguazzare di nuovo








Arrivano in tavola nuovi oggetti: olio di fieno e un cronometro. E' l'inizio del gioco di The hen and the egg, La gallina e l'uovo








The hen and the egg #2: attorno a un tegamino rovente su del fieno appena umido, notiamo una chips a spirale di patata e un uovo (d'anatra, ci dicono)








The hen and the egg #3: accanto al tegame, foglie di spinaci, aglio selvatico, germogli e fiori di campo vari








The hen and the egg #4. "Dovete rompere voi l'uovo e cuocerlo", ci spiegano armati di olio di fieno, che spruzzeranno nel tegame prima del nostro esercizio








The hen and the egg #5: son riuscito a non sbrodolare. Il piatto, spiegherà Redzepi poi, "E' un po' un invito sdrammatizzante a cucinare. Sono rimasto sorpreso dal fatto che tanti clienti non hanno mai rotto un uovo. Cerco di mostrare loro che la cucina è in fondo un esercizio molto elementare"








The hen and the egg #6: dopo 120 secondi esatti di cronometro, si uniscono all'uovo le verdure e si rimesta il tutto








The hen and the egg #7: tocco finale, una salsa di acetosella. Il piatto non è memorabile...








...ma il risultato è lo stesso delle 21 portate precedenti: piatto spazzolato The hen and the egg #8








Animelle di vitello, erbe di campo, funghi e sedanorapa. Un gran piatto, ma non esattamente quello che ti aspetti al Noma. Sottigliezze eh








A un passo dai dolci, il brusio in sala si fa più sostenuto. L'alcol e le discussioni sull'incredibile girandola di piatti provati








E il brusio lievita ancora al primo dei due dolci: Blueberries and ants, Mirtilli e formiche (la foto è di garyalanfine, avevo terminato le batterie). Il piatto è duplice: la foto mostra la prima metà, che racchiude una confettura di formiche tra due foglie di nasturzio. Ce la porta al tavolo Rosio Sanchez da Chicago, splendida coordinatrice dei dessert del Noma. E le formiche? Ci torniamo alla fine della gallery








Mirtilli e formiche parte seconda: accanto alle foglie di nasturzio con formiche, arriva un geniale sandwich con gelato di mirtilli (la foto è ancora di garyalanfine)








Ventiquattresimo e ultimo piatto, un "classico" Gammel Dansk, sorta di Jaegermeister danese qui sposato ad acetosella e latte disidratato. Apprezziamo la voglia di non sovraccaricare con ulteriori bombe al cioccolato o altre grasse cremosità che a fine pasto chiederebbero gli straordinari ai succhi gastrici (grazie ancora a garyalanfine)








Dopo oltre 3 ore di degustazione, ci si accomoda tutti nel dehors accanto: in vetrina spiccano grappe di Brunello








Potevano farti mancare lo skyr, il formaggio fermentato acido degli islandesi? Certo che no: agli albori della New Nordic Cuisine venne praticamente brandito da Redzepi come simbolo delle rivoluzione. L'arma per contrastare il dilagare dei formaggi francesi in Danimarca, così come l'olio di colza in vece dell'olio d'oliva








Riordinata la sala per la sera, Kim Sander e Matthew Orlando ci invitano a fare un sopralluogo nei back office del Noma








I ragazzi si divertono ma il lavoro è un massacro: tra il pranzo e la cena ci sono solo 45 minuti di pausa, dalle 17 alle 17.45. "Per questo", spiega Redzepi, "è fondamentale tenere chiuso due giorni, domenica e lunedì. Così stacchiamo da ogni pensiero. 7 su 7 sarebbe controproducente per l'umore di tutti"








Orlando ci mostra il gazebo all'aperto sul retro, dove si griglia e affumica qualsiasi cosa








Al primo piano, un tavolo da 9-15 persone che si aggiunge ai coperti del piano terra. "E' il nostro table's chef' , dice Orlando








Alle pareti, una felice riproduzione caricaturale della cucina di sotto








Nella sala accanto, uno squadrone di giovanissimi è perennemente alle prese con le pre-preparazioni








Tagliare, separare, sgusciare, sminuzzare...








Il terzo ambiente al primo piano è la sala del relax dei ragazzi...








...ma anche quella del grande capo...








...che infatti troviamo defilato ad affettare un mega-cavolo...








...che cavolo non è: "E' un fungo", rivela Renè Redzepi, "un regno che mi affascina tantissimo perché è vasto così", dice disegnando un cerchio molto ampio con le braccia, "mentre noi ne sappiamo tanto così", mima chiudendo pollice e indice. "Purtroppo questa stagione non è propizia per i funghi, troppo secca, ma non dispero"








Ma parliamo di formiche. Redzepì tira fuori un tupperwear brulicante di insetti che vagano rintontiti. "Non è questione di stravaganza o sensazionalismo", spiega, "occorre solo infrangere i nostri tabù, non come esercizio fine a se stesso, ma come esplorazione di tutti i flavour possibili"








"Senti che effluvi naturali di cardamomo escono da qui? Le formiche li rilasciano in modo del tutto naturale per tenere lontani i nemici", spiega








La sera stessa ci scrive su twitter la giornalista spagnola Julia Perez da Lima, spiegando che gli insetti amazzoni che cucina il cuoco venezuelano Sumito Estévez sanno invece di limone
 








"Un giorno, quando avrò tempo, spero non tra 10 anni, voglio trovare il modo di andare a visitare i più grandi macellai italiani". Un messaggio da girare subito a Cazzamali & co.








Formiche again, questa volta col petto rosso. La mirmecologia classifica nel mondo oltre 10mila specie di formiche, ognuna con il suo bagaglio aromatico








Si torna in cucina di sotto: Orlando controlla i vasi di malt flatbred che apriranno anche la cena








E i ragazzi affilano i rami di sambuco...








Mi preparano il conto: 576 euro in due, somma di due menu degustazione (200 euro l'uno) più una bottiglia di Grüner Veltliner Auslese trocken Spiegel di Fred Loimer (154 euro) e due calici di champagne di Christophe Mignon. A destra, Sune Østergaard, restaurant manager








Usciamo per esplorare il laboratorio del Nordic Food Lab che ci ha indicato Redzepi, in pratica una dépendance sull'acqua, proprio davanti al ristorante








L'ingresso del Nordic Food Lab. Ci lavorano quotidianamente 5 persone: docenti di scienze sensoriali dell'università di Copenaghen, antroplogi e docenti e studenti di Yale, parte del progetto Yale Sustainable Food Project








Il Nordic Food Lab è un'organizzazione no profit, fondata nel 2008 da Redzepi e Claus Meyer. Il suo scopo è esplorare gli orizzonti della cucina nordica attraverso la gastronomia tradizionale e moderna e condividere i risultati con chef, accademici, industria e pubblico








A fine pasto, ci sono 3 modi per riattivare la circolazione dopo il lungo pasto: il primo è salire sulla torre della Vor Frelser Kirke di Christianshavn (foto)








Una sfacchinata che vale, considerato il panorama. Al centro della foto, riecco la costruzione che ospita il Noma








Una seconda opzione, non proprio salutista, prevede di tornare di là del canale e attendere il tramonto con uno dei supercocktail del gazebo Ofelia. Prima che arrivi il gelo, però








La terza opzione è quella di mettersi a smaltire correndo, in una città in cui corrono praticamente tutti e in continuazione. Non hai portato le scarpe? Nell'Hotel Kong Arthur, sulla Nørre Søgade 11, te le affittano

Foto di Mark Milh twittata da @ReneRedzepiNoma


Zanattamente buono

Il punto di Gabriele Zanatta: insegne, cuochi e ghiotti orientamenti in Italia e nel mondo

a cura di

Gabriele Zanatta

classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. 
instagram @gabrielezanatt

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