La cronaca: nel marzo del 2013 apre il ristorante Marzapane a due passi da Porta Pia, Roma. Al timone della cucina c’è Alba Esteve Ruiz, spagnola di belle speranze. La liaison professionale col patron dell’insegna, il siciliano Mario Sansone, fila bene per 5 anni abbondanti. Nel novembre del 2018, il brusco addio: «Saluto Marzapane», spiegò la cuoca alicantina, «con la consapevolezza del grande lavoro che abbiamo realizzato ma anche con la voglia e la curiosità di guardare verso il futuro».
Parallelamente, Sansone ne approfitta per varare un nuovo corso. «Basta col fine dining e la ricerca a tutti i costi della stella Michelin», rievoca con noi, «basta con la selezione d’ingredienti via depliant. Volevamo tornare a una cucina più concreta, al dialogo quotidiano coi piccoli artigiani del cibo, una pratica vitale che si era un po’ persa negli ultimi tempi».
Parla in prima plurale perché al suo fianco c'è Francesco Capuzzo Dolcetta, coordinatore 26enne di una cucina in cui si danno da fare Alessio Benedetti, Andrian Ciobanu e Alessandro Lucci, tutti reduci dal primo corso dell'insegna. Pure lo stesso Dolcetta arrivò in via Velletri un anno fa, a cavallo tra le due fasi, dopo aver maturato una lunga esperienza in Francia: 2 anni e mezzo da Aux Anges al fianco da Marco Viganò, 18 mesi nella gloriosa Maison Troisgros, e un passaggio più rapido al Caffè Sillon di Lione, con quell’asso di Mathieu Rostaing Tayard. Registri haute cuisine e bistronomique, dunque, un binomio che contiene due generazioni di cuochi francesi, divisi solo all’apparenza dagli intenti perché i secondi sono pur sempre figli dei primi.

Mario Sansone tra i cuochi Andrian Ciobanu e Francesco Capuzzo Dolcetta
E così oscilla tra i due poli la cucina del
Marzapane 2.0, più orientata a una proposta
hardcore e meno piaciona, focalizzata sul gusto e non sull’impiatto perfetto, sulla bellezza dell’errore e non sul compito preciso, sulla valorizzazione dell'ingrediente e non sull'accanimento. Diremmo anche, sul prodotto e non sulla tecnica ma sarebbe un’analisi superficiale perché la tecnica c’è eccome, anche se non si sfoggia. E' il gioco delle 3 carte che oggi caratterizza tanti cuochi italiani, ragazzi che vantano esperienze blasonate che poi calano nell’agone della trattoria italiana, allo scopo di cambiarla (migliorarla).
Il menu consumato di recente a pranzo è un affascinante viaggio nell’anatomia animale, bovina soprattutto, con quinti quarti e tagli inconsueti manipolati con un pizzico di follia e un talentuoso mestiere. La
Trippa al pomodoro non si ricava dallo stomaco ma dall’esofago che arriva già sbollentato da
Cazzamali, macellaio cremonese. La
Mammella con panna acida ed erba aglina è solo all’apparenza un piatto anni Ottanta: non è di scrofa ma di manzo, è marinata in frigo sotto sale grosso, poi cotta a vapore e in forno. Tagliata a fettine tipo scaloppina, in bocca esplode in una serie di sentori grassi e lattici che pare condita col parmigiano.

Omelette Soufflée con asparagi
Il
Fegati di volatili arrivano invece al tavolo nella loro nuda foggia viscida, marinati appena con curcuma e germogli di limone. I
Cuori sono invece cotti al barbecue e poi uniti a fagiolini conditi con olio alla cipollina su un jus realizzato dagli stessi scarti cardiaci. «Ce li manda il grande macellaio
Roberto Liberati, con cui tessiamo un dialogo quasi quotidiano», spiega
Capuzzo Dolcetta, «mi fanno impazzire». Perdiamo il senno pure noi, per nulla provati da altre bontà frattagliate come il
Pastrami in salamoia, leggermente affumicato al barbecue e poi cotto al vapore o anche quelle fettine di
Prosciutto d’oca, eredità di un distributore francese mai abbandonato.
Tutti fuori carta per palati maschi (non maschili) che ravvivano una carta ancora sperimentale in divenire, ma già ricca a sua volta di rassicuranti colpi d’alta scuola. Come la perfetta
Omelette Soufflée, una nuvola di uova e crema pasticciera salata che pare di tornare ai tempi delle
mères francesi: «Nel prepararla», rivela il cuoco, «occorrono 3 accortezze fondamentali: montare bene il bianco d’uovo, amalgamarlo alla crema pasticciera e cuocere nella padellina senza farlo attaccare». Tre minuti in forno faranno il resto.
Se i primi piatti mostrano ancora qualche esitazione e margini di miglioramento, coi dolci si torna alla solida neoclassicità di Roanne: viva gli
Asparagi con caffè, ingolositi da una
crème épaisse, la panna spessa che arriva dritta dalla
Maison Mons, affinatori che ricavano più consistenze: quella più liquida è l’addendo del
Salmone e acetosella dei
Troisgros, forse il piatto più celebre dell’intero movimento della Nouvelle Cuisine. E viva infine quel
Choux di chiusura, croccante fuori e pannoso con frutti di bosco dentro. L’ultimo assaggio decide quasi sempre il ritorno del cliente e noi ritorneremo.

Mammella bovina con panna acida

Asparago, crema spessa e caffè
Marzapane
via Velletri 39
Roma
+390664781692
Prezzi medi: antipasti 13, primi 15, secondi 21, dolci 9 euro
Chouso l'intero lunedì, martedì a pranzo e mercoledì a pranzo