25-07-2023
Hossun, la portata clou della cena kaiseki che ha avuto luogo martedì 11 luglio da Iyo Aalto/Iyo Omakase. Protagonisti, il sushi master di casa Masashi Suzuki e lo chef ospite Shinji Ishida di Nogizaka Shin, Tokyo
«Sono atterrati, hanno messo giù valige e coltelli e, senza convenevoli, hanno cominciato ad abbassare la testa, sistemando piantine di bambù, tagliando fette di sudachi, preparando il pangrattato per il tempura. Raramente ho visto una determinazione simile». Le parole del patron di Iyo Claudio Liu introducono bene una delle cene più interessanti dell'ultimo anno. Non il menu edomae zushi, la serie irresistibile di nigiri, marchio firma di Iyo Omakase, ma un menu kaiseki concepito assieme a una squadra ospite speciale, capeggiata dal maestro Shinji Ishida dall’isola di Shikoku. Ishida è dal 2016 il cerimoniere del ristorante Nogizaka Shin di Tokyo, uno dei templi più rispettati di cucina kaiseki del paese: sapendolo chiuso per ristrutturazioni fino a settembre 2023, Claudio Liu e il suo sushi master Masashi Suzuki non hanno perso occasione per invitarli a scrivere a Milano un percorso fuori dall'ordinario. Se sei un lettore di Identità Golose, è probabile che conoscerai "sommariamente" il significato della parola kaiseki, originariamente "pietre nel petto", un riferimento a quella pratica zen nata nel Cinquecento che imponeva di inserire pietre bollenti nei vestiti, all'altezza dello stomaco, per placare i morsi della fame. Ancora oggi e più di sempre, kaiseki è la massima espressione della tavola giapponese, l’equivalente asiatico dell’haute cuisine francese, non fosse che le tecniche e i piatti della cerimonia che accompagnava il rito del te hanno quasi mezzo millennio di storia, a differenza dell'haute cuisine che i cugini inventarono “solo” all’inizio del Novecento.
Masashi Suzuki (Iyo Omakase) e Shinji Ishida (Nogizaka Shin), le 4 mani delle 3 cene. Nell'ombra, a coordinare, c'era Takeshi Iwai, chef di Iyo Aalto
Il quartetto di Nogizaka Shin: con lo chef Shinji Ishida e il sommelier Yasuhide Tobita, Aya e Mitsuko. In sala, regnavano i sorrisi e le competenze fuori classifica del team ospite e locale
Sakizuke L'esordio della cena coincide col primo piatto composto del menu kaiseki. A destra, nanbanzuke, in questo caso un pesce prete (uranoscopus scaber, pesce di fondale) preparato in una sorta di carpione (infarinato, fritto e marinato nell'aceto) e servito su foglia d'acero; sotto gomadofu (tofu con pasta di sesamo e tè verde tostato) e sopra del surinagashi, una zuppa leggermente gelatinosa di mais
Zensai Tentacoli di polpo yubiki, cotti shabu shabu (sbollentati rapidamente nel dashi). Dai tentacoli erano state rimosse le ventose, cotte a parte perché richiedono tempi più lunghi. Completano il quadro una gelatina di pomodoro e piccole verdure di stagione. Zensai sono i piccoli antipasti di una sequenza kaiseki, in questo caso un poco sfuggenti nel gusto ma molto presenti nell'incastro di consistenze felici
Owan Su un brodo piuttosto forte di dashi da katsuobushi, riposa una deliziosa polpetta di gambero (ebi shinjo) con sudachi (agrume tipo lime) e fagiolini sbollentati. Nella sequenza kaiseki classica, la zuppa Owan è importante perché genera un cambio di ritmo al palato: lo pulisce e prepara all'assaggio successivo
Otsukuri E' la prima selezione di quattro specialità di sashimi a doppia firma. A destra, i due assaggi di chef Ishida: sopra del Pagro (sorta di dentice) con irizake, una gelatina le cui origini storiche affondano nella notte dei tempi (periodo Muromachi, oltre mezzo millennio fa), ottenuta marinando e bollendo dell'umeboshi (prugna fermentata) nel sake; sotto della Seppia a julienne con cristalli di sale e sudachi (lime) da spremere sopra. A sinistra, gli assaggi più grassi e "ruffiani" di Suzuki san: sopra Cernia shabu shabu (leggermente scottata), sotto Ventresca di tonno tataki affumicato al fieno con salicornia
Shiizakana Fettine sottili di triglia sakamushi (cotta al vapore con sake) su un letto di grano saraceno e sudachi. Shiizakana è normalmente un piatto di sostanza, che spesso finisce di essere cotto al tavolo del commensale (ad esempio, le classiche hot pot con fornelletto infuocato)
Shinogi I nigiri arrivano alla sesta corsa. In primo piano, Melanzana cotta al carbone con vongole cotte nel sake; in alto un Temaki con nigiri di ventresca di tonno. Curioso il significato del termine shinogi, che deriva dal giapponese shinogu, letteralmente "evitare di morire di fame"
Hassun Hassun è il cuore di ogni percorso kaiseki, un'insieme di piccoli assaggi (8, nel nostro caso) di terra e di mare, una preziosa istantanea della stagione in cui stiamo. Si parte dal cucchiaino al centro: dei Somen sbollentati in brodo di vongole, con caviale. Da sinistra in alto, in senso orario: Wagyu shabu shabu con salsa kurumi (ponzu e noce); Ostrica cotta al vapore con succo di limone; Shiraae, un piccolo contorno veg, in questo caso insalatina di tofu e pesche bianche; due piccoli tocchi di Sedano agrodolce in salsa agro-dolce amazu; Fiori di zucchina ripieni con capesante e spinacino e, in basso a sinistra, due esempi di bozushi (sorta di roll al contrario), in questo caso di anguilla affumicata e branzino
Yakimono L'ormai celebre Gindara di Masashi Suzuki, merluzzo nero d'Alaska marinato nell'hisio miso, una sorta di precursore del miso, pasta di soia e grano in fermentazione ancora attiva. A lato, sfuocati, edamame saltati in padella con olio di sesamo. Nella sequenza kaiseki, gli yakimono (stesso prefisso di yakitori) sono le "specialità alla griglia/piastra"
Agemono Kakiage (tempura di gamberi), cozze e fave in brodo dashi. Agemono è l'equivalente di deep fried, frittura per immersione
Shokuji In basso, takikomi gohan, ovvero riso con piselli, gamberi e carabineros atalantici. A destra zuppa di miso; in alto a sinistra un piccolo assaggio di verdurine in carpione con quadratini di alga kombu. Prima si assaggia tutto separatamente, poi si uniscono nella bowl in basso tutte le componenti. Curiosamente, shokuji significa "carne", ma qui non compare. Un segno dei tempi
Kashi e Kanmi Il finale dei dessert. A sinistra, gelato al latte con sale Maldon su gelatina all'anguria (kashi); anguria e sale è un connubio molto diffuso in Giappone. A destra, Warabi mochi con farina di soia tostata, zucchero nero e tè matcha (kanmi)
SOMMELIER. Vanessa Simini (Iyo Omakase) e Yasuhide Tobita (Nogizaka Shin), gli autori del wine & sake pairing incrociato delle 3 serate. Momento clou della prima cena: Giacosa Barbaresco Montefico 2018 in abbinamento all'agemono (tempura): "Mai avremmo detto che avrebbe potuto funzionare così bene", spiegavano stupiti i ragazzi italiani di sala. La seconda serata, pairing con Krug 1995-2002 (!)
Il punto di Gabriele Zanatta: insegne, cuochi e ghiotti orientamenti in Italia e nel mondo
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classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. instagram @gabrielezanatt
Il cocktail bar di Iyo Restaurant prevede 12 posti al bancone, con la possibilità di cenare a partire dalle 21.30. I clienti del ristorante possono decidere di accompagnare la cena con i drink firmati da Alessandro Marrano oppure accomodarsi al bar per un dopocena. Un esempio di come ristorazione e miscelazione sono due settori che, sapientemente integrati, possono arricchire l'esperienza di un locale.
Claudio Liu, fondatore del gruppo Iyo: è nato in Cina nel 1982 ed è cresciuto in Emilia, a Correggio
AJI è il delivery e take-away indipendente fondato a Milano nel 2018 da Claudio Liu e Federico Zhu con una prima sede in Via Piero della Francesca 17 a Milano e ora si bissa in Via Lamarmora 36, sempre a Milano