02-02-2024
Ghee roast crab (granchio arrostito al burro chiarificato), cannella bruciata e crisp di foglia di curry, una favolosa specialità di Mangalore, parte del menu "Rising India" del ristorante Trésind Studio di Dubai, 2 stelle Michelin e 11° nella World's 50Best 2023
La Guida Michelin, la World’s 50Best (anche regionale, col Mena), le recenti o imminenti aperture di Anne-Sophie Pic (La Dame de Pic), Dani Garcia (Smoked Room), David Muñoz (StreetXo), Heston Blumenthal (Dinner by Heston), Björn Frantzén (Studio Frantzén), Vladimir Mukhin (Krasota)… tutte le strade portano a Dubai, passato nel tempo da penisola di cuochi che vanno a svernare nei pressi della pensione a vera e propria palestra di cucina tra Oriente e Occidente. Non c’è dubbio che, in questo scenario, i passi avanti più clamorosi li ha staccati l’imprenditore di Mumbai Bhupender Nath, un signore che in un decennio esatto ha costruito un piccolo impero di insegne che danno grande valore al suo paese, peraltro il passaporto più diffuso nella metropoli dello sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum. L’intuizione migliore di Nath è stata quella di scegliere uno schivo ragazzo di Delhi, Himanshu Saini, un talentaccio, raccontavamo qualche tempo fa, passato da cuoco di buona volontà a corporate chef di un grande mosaico che oggi conta il fine dining Trésind Studio e relativo cocktail bar Papadom, il più tradizionale (per modo di dire) Trésind, il vegetariano Avatara, l’altro fine dining Carnival, il monografico Maison de Curry, il tapas bar Revelry, l’indo-arabo Aamara, il panoramico A Cappella… Crescere in fretta significa saper delegare alle persone giuste. Un’onda d’urto propagata nell’Oceano Indiano fino al consolidato Trésind di Mumbai e all’imminente replica di Avatara, sempre a Mumbai. Trecento indian hard workers, che, sotto la guida di Saini, stanno girando uno spot autentico al paese d’origine più di quanto non succeda in tanti posti ambiziosi dall’Himalaya al Tamil Nadu. Nel mirino del gruppo Trésind c’è l’Europa, e quasi sicuramente l’Italia: «Negli ultimi anni sono stato più da voi che nel mio paese. Lo dice anche il quadro astrale che mi faccio fare ogni anno», confessa Himanshu, che peraltro ha un debole per Massimo Bottura (e viceversa). TRÈSIND STUDIO. Non c’è dubbio che l’ammiraglia che traina tutto il gruppo sia lo scrigno da venti posti contenuto nel St Regis, al principio del Palm, un ristorante capace di ottenere due stelle (una più una) nelle prime 2 edizioni di sempre della Guida Michelin Dubai. Sono una ventina di coperti che guardano una cucina a vista silenziosa, anticipata dai cocktail del lucano Dom Carella, il regista di Papadom Botanic Bar. I piatti del menu Rising India sono un viaggio straordinario tra gli ecosistemi del Subcontinente, secondo un vezzo diffuso nella gastronomia di oggi, propensa più che mai a mappare i paesaggi commestibili di una regione, un territorio, un paese. È un itinerario che conduce dalle aridità del Deserto Thar, nella parte nord-occidentale del paese, alle umidità del Plateau Deccan, al centro del Paese; dai frutti di mare delle Coste e isole dell’ovest e dell’est ai sapori di influenza persiana o turca del nord della Piana del Nord e delle montagne himalaiane. Quattro ecosistemi per 5 piatti ciascuno in una sequenza straordinaria di tradizioni e tecniche, sapori e spezie, acidità e piccantezze, dolcezze floreali, fumi e colori. Piatti multi-stratificati, sapori sempre forti ma addomesticati in un certo senso per i palati di tutti: «La clientela indiana del nostro ristorante ammonta appena al 15%. Per questo devo pensare a gusti universali. Utilizzo i 5 gusti e cucino ingredienti che magari sarebbero poco accettati nel mio paese, come i ricci di mare. Ma niente sapori facili o posh come caviale, wagyu o tartufo. Le alchimie devono essere le più fresche possibili. Anche per questo ho intenzione di ridurre sempre più le proteine animali». Nella sequenza che segue, i punti salienti del menu Rising India che ha due versioni, una vegetariana e una non vegetariana. Noi abbiamo scelto la seconda. TRÈSIND STUDIO, menu gennaio 2024
L'ingresso del nuovo Trésind Studio, trasferito a fine 2022 dal Voco Hotel al St. Regis Gardens, The Palm Jumeirah, Dubai
Il restaurant manager Vipin Panwar e lo chef Himanshu Saini, sala e cucina, da sempre insieme nell'avventura di Trésind Studio
Heena Patel ci illustra la mappa del paese protagonista del menu degustazione "Rising India", un esplorazione dei sapori del Subcontinente
Il lato cocktail di Trésind Studio è molto più che un semplice complemento dei piatti. I cocktail, ispirati ai colori e agli odori dei mercati di Dubai, sono firmati dall'italiano Dom Carella, con importanti accortezze sostenibili e zero waste. Sono gustosi nella loro complessità accomodata (provate il Nilgiri Negroni, uno sballo dal take dolce e fruttato). Il "Synergy Pairing", l'abbinamento alcolico del menu degustazione, è tra i più interessanti mai provati: infusioni, sciroppi e bitter sono tutti autoprodotti «E serviti», spiega Carella, «per generare sapori che possano elevare ed esaltare il profilo aromatico dei piatti, con percentuali di alcol per volume che non aggrediscano il palato e siano più leggeri in termini di corpo». Una preview di quello che vedremo sempre di più nei ristoranti
Ogni menu di Trésind Studio ha una sola costante: il servizio di un Pani Puri al principio (a sinistra), in questo caso con lime dolce frizzante, foglie di tagete e pera, un boccone magnifico dalla scorza croccante e contenuto liquido. A destra Papadum di shiso, con yogurt cremoso ed erbe del giardino, il primo assaggio della parte dedicata al "Deserto Thar", un insieme di tradizioni di cucina dominate dall'aridità e dall'ingegno che costringe a concepire piatti con poca quantità d'acqua, l'utilizzo frequente di latte, latticello e burro ma anche piante erbacee come i cactus, neem, khejiri, ibisco, e preparazioni come chutney, launji, chhunda o pickles. Mondi sconosciuti a un palato occidentale
Anatra confit, carciofi cotti nella cenere, chutney di black lime, un altro assaggio superbo dal Deserto Thar e da una tecnica di barbecue chiamata khad ka pind, che consiste nel cuocere lentamente l'anatra in una sorta di sabbiera scavata nella terra. L'anatra confit è marinata in una soluzione di black lime, sriracha e castagne d'acqua. Sapori terragni e affumicati splendidi
Gelato di latticello al curry, pepe in salamoia, ancora dal Deserto del Thar. C'è la pungenza del pickling ma anche un invitante dolcezza speziata e complessa
L'highlight della sezione Coastal plans & Islands"del menu è questa favolosa Coda di aragosta cotta al carbone con thakali thokku, una ricetta super-umamica tipica della Costa di Malabar, nel Kerala, regione a sud-ovest dell'India, ottenuta con pomodoro fresco, tamarindo e khichdi di mais. I piatti di questa vasta porzione d'India, spiega Himanshu, sono il prodotto delle genti di mare approdate nel Subcontinente. C'è un uso creativo grandissimo di frutta come mango, banana, ananas, guava, tutte guarnizioni dolci di piatti di pesce e frutti di mare
Scarpetta di kebab e toast di lievito madre, avanzi di kebab messi a sfrigolare direttamente al tavolo, su cui far scarpetta con quel piccolo toast accanto. Un gioco botturiano che offre il destro di introdurre una parte consistente del menu "Rising India", relativa ai "Northern Plains e Himalayan Mountains", un sunto commestibile dell'enorme Nord del Paese, segnato dalle vette più alte del mondo ma anche da una vasta pianura alluvionale. Sono lande in cui prosperano frumento, riso, mais, semi di senape, pistacchi, mandorle, zafferano, cumino... E le tecniche di cucina hanno influenze persiane, turche, Moghul: dumpling, noodles, bambu...
Un'elaborazione del Ghevarm dessert tipico del Rajasthan, qui di cacao, servito con pralina di cavolfiore, gelato di orzo tostato e caramello
Il punto di Gabriele Zanatta: insegne, cuochi e ghiotti orientamenti in Italia e nel mondo
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classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. instagram @gabrielezanatt
Gli interni particolari e insoliti del cocktail bar di Amelia Dubai, la rendono una location da visitare per le atmosfere in Modern Art Deco con richiami agli anni '30.
Il logo del nuovo locale milanese Ultra Milano