Nella notte tra il 5 e il 6 febbraio 2023, due scosse violentissime con epicentro a Gaziantep hanno messo in ginocchio il sud-est della Turchia e il nord-ovest della Siria. Quattro mesi e mezzo dopo, le cifre ufficiali parlano di 59mila morti (ma c’è chi sospetta che potrebbero essere 3 volte di più), oltre 100mila edifici crollati, 5 milioni di persone senza casa. Una tragedia immane, che ha coinvolto più o meno direttamente ogni singolo cittadino turco e che le cronache hanno dimenticato piuttosto in fretta.
«Non è colpa di nessuno», spiega col sorriso Mehmet Gürs in un giorno di afa londinese, davanti al Tamigi, con il London Bridge all’orizzonte, «è parte della natura umana rimuovere gli eventi negativi. Ma noi abbiamo il dovere di tenere alta l’attenzione, senza indurre compassione ma sottolineando il valore di una terra che non ha eguali. Lo facciamo a Londra e non in Turchia perché da nessuna parte come qui c’è trasparenza, una caratteristica fondamentale se vogliamo parlare di fundraising».
Al fianco del cuoco più celebrato di Turchia, sorride la compagna, Cemre Torun, giornalista e scrittrice di cose buone. «Ci siamo chiesti cosa potessimo fare per restituire l’identità a chi è stato sradicato dalle sue terre. Abbiamo capito che nulla come il cibo è capace di riconnettere le persone alla sua regione». La regione in questione contribuisce al 30% delle derrate alimentari dell’intera Turchia e coincide in parte con la Mesopotamia, la “mezzaluna fertile” dei nostri studi del liceo. «È la culla della civiltà, un luogo attraversato nei millenni dalle genti che hanno contribuito a un patrimonio artistico, scientifico e religioso incalcolabile».

In lontananza, il London Bridge

Il gastronomo turco Tangor Tan
“Culla” si dice
Cradle in inglese e
Cradle of food è il nome scelto da
Gürs e
Torun per chiamare a
raccolta a Londra cuochi, archeologi, attivisti del cibo, giornalisti, docenti universitari all’ombra dell’
Old Billingsgate, edificio storico nella North Bank del Tamigi, un tempo celebre come mercato del pesce e oggi sede di eventi di ogni tipo.
Il giorno prima dell'evento, le cucine del luogo brulicavano di persone dalle mille provenienze: Armenia, Giordania, Libano, Siria, Stati Uniti, Svezia, Venezuela… Cuochi e non-solo-cuochi erano invitati ad arrotolare
sarma e
dolma, amalgamare risi
pilaf con bergamotto e mandorle, assemblare
tabbouleh e
freekeh, preparare zuppe di lenticchie,
piyaz o creme
muhammara della tradizione di Aleppo. I piatti avrebbero dato vita a un indimenticabile menu l’indomani: centinaia di persone chiamate a condividere sorrisi e un’adorazione per il cibo della
culla. Un’atmosfera gioiosa cui faceva da contraltare un’organizzazione e una precisione tecnica raramente viste prima.
Prima e dopo il pranzo, gli interventi di rilievo degli speaker sul palco. Ci ha colpito molto quello commosso di
Maksut Askar, chef e patron di
Neolokal, Istanbul, un ristorante e un progetto
che avevamo raccontato poco prima della clausura imposta dal covid. Sangue arabo nelle vene, originario della provincia di Hatay, ha ricapitolato le meraviglie di Antiochia, città natale: «Punto di transito di imperi, commercianti, crociate, terremoti e ricostruzioni. L’hanno abitata ateniesi, macedoni, ebrei, greci, nativi siriani, cilici, alauiti. Protestanti, greci, maroniti, ortodossi, musulmani, cattolici ed ebrei». Oggi Antiochia è rasa al suolo. Immaginate fosse successo a Catania, città delle stesse dimensioni e abitanti del centro turco. «Nessuno però vuole lasciare la città in cui è nato. Come possiamo allora risollevare e restituire un futuro alla nostra gente? Sforzandoci ognuno di trasmettere alle nuove generazioni il meglio del suo passato. Rievocare le sue memorie e la sua grandezza. E io posso farlo solo attraverso il cibo e la cucina».

Maksut Askar, chef del ristorante Neolokal, Istanbul

Il pranzo a 100 mani all'Old Billingsgate

Un piatto simbolo del pranzo? I baklava, specialità simbolo della Turchia, originaria proprio di Gaziantep
Dopo Maksut hanno preso la parola tra gli altri
Filiz Hosukoglu, ingegnere meccanico con una passione enciclopedica per la cucina tradizionale di Gaziantep (i popolari
baklava sono nati qui); il gastronomo
Tangor Tan, autore di un racconto struggente sui contadini dell’Anatolia rurale; l’archeologa
Kathryn Morgan, a ricordarci il ricchissimo passato sommerso di quelle lande; la canadese
Jessica Rosval, che a Modena ha co-fondato
AIW, associazione per l’integrazione delle donne (
ne abbiamo scritto), la scrittrice
Carolyn Steel, i cuochi
Anissa Helou, il libanese
Kamal Mouazawak, il siriano
Mohamad Orfali, gli esperti di vino
Sarah Abbott e
Isa Bal… Gente speciale a supporto di una terra speciale.
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