19-05-2023

Con Fairmont alla scoperta di Taghazout, in Marocco: nella terra del sole, delle onde e dell'olio di argan

La vasta baia sabbiosa accanto a un villaggio di pescatori, non lontano da Agadir, è la nuova meta turistica del Paese: noi abbiamo fatto base al bellissimo Fairmont Taghazout Bay per esplorarla (spoiler: qui lo chef è un allievo di Enrico Crippa)

Domani sono previsti sole pieno e 22 gradi a Taghazout Bay, la nuova area di sviluppo turistico del Marocco. Non è una sorpresa, d'altra parte è maggio: ma qui il clima risulta mite tutto l'anno, siamo in un paradiso della tintarella, del relax e dei surfisti, solo d'estate la colonnina del mercurio sale fin troppo e allora è una delizia rinfrescarsi con un bagno nelle acque dell'Atlantico. Oppure in piscina. Anzi, nelle tante piscine.

 

LO SVILUPPO TURISTICO - Perché Taghazout Bay, due passi da Taghazout pittoresco villaggio di pescatori, e a una ventina di chilometri da Agadir, sulla costa del Marocco centro-meridionale, è diventata l'epicentro di una scommessa del Governo di Rabat: farne una destinazione internazionale d'alta fascia. Sono previsti investimenti importanti, per circa 10 miliardi di dirham, equivalenti a poco più di 900 milioni di euro; verrà ampliato l'aeroporto di Agadir, vi arriveranno più voli, sono in costruzione strade per regolare meglio il traffico... Il tutto, a supporto dello sbarco di grandi catene di hotel di lusso, saranno nove a lavori ultimati, già sono presenti realtà come Hilton, Radisson, Hyatt, arriverà Marriott, ma il più sfavillante è e sarà quello dove ci troviamo, il Fairmont Taghazout Bay, 146 camere e suites sparpagliate in una vasta area e con basso impatto ambientale, più quattro ville indipendenti, il tutto seguendo i dettami di certificazione ecologica e sociale, con utilizzo di pietra locale, risparmio d'acqua, il 65% della forza lavoro assorbito dagli abitanti del luogo, eccetera.

 

LA BAIA - Si vuole infatti che l'intero progetto mantenga l'autenticità di questo Marocco bellissimo e poco conosciuto all'estero, perché non si trasformi in una posticcia Disneyland del turismo cosmopolita. Già la pianificazione è accorta: sull'intera area, che si estende su 615 ettari lungo una costa di 4,5 chilometri di spiagge incontaminate, è previsto un rapporto solo del 10,5% nell'utilizzo del suolo (per edificare 7.450 posti letto destinati ai turisti, a regime), il resto è natura. Taghazout Bay è diventata la prima località turistica eco-responsabile del Marocco ed è stata concepita attorno a tre pilastri fondamentali: la tutela dell'ambiente, la responsabilità sociale e lo sviluppo sostenibile della regione. L'ambizione è quella di farne il nuovo polo d'attrazione del Paese, rinverdendo peraltro un vecchio primato: proprio l'area di Agadir era la prima destinazione dei viaggiatori nel Paese, prima del boom di Marrakech.

 

IL FAIRMONT TAGHAZOUT BAY - Il Fairmont Taghazout Bay, inaugurato nel luglio del 2021, è un moderno ed elegante resort sull'oceano, immerso in 18 ettari di giardini, tra le coste lambenti dell'Oceano Atlantico e le pendici verdeggianti d'argan delle montagne dell'Atlante. Celebra nell'architettura il ricco patrimonio marocchino attraverso sottili riferimenti berberi; possiede una grande spa, piscine riscaldate sia interne che esterne, un kids club, e sfiora - è solo a due chilometri - un campo da golf, il Tazegzout, con 27 buche progettate dallo specialista mondiale Kyle Phillips (nelle immediate vicinanze vi sono altri campi da golf da 18 a 36 buche). L'area, poi, è famosa per il surf: su tutta questa costa meravigliosa è disseminata una cinquantina di scuole adatte agli appassionati quanto ai principianti. E innumerevoli sono le attività proposte. Come la passeggiata lungo la spiaggia in groppa ai cammelli... O le escursioni sulle dune del deserto, oppure lungo la cosiddetta "strada del miele" (è una produzione artigianale diffusa tra gli abitanti, berberi doc) verso la vicina Valle del Paradiso con le cascate di Immouzzer des Ida Outanane, si tratta di una gola scavata dal fiume Tamraght nelle montagne marocchine dell'Alto Atlante, ricca di piscine naturali, palme e piante di oleandro. Una meraviglia.

 

Cucina al Fairmont e, sotto, lo chef Georgiy Danilov, già allievo di Enrico Crippa al Piazza Duomo di Alba (Cuneo)

Cucina al Fairmont e, sotto, lo chef Georgiy Danilov, già allievo di Enrico Crippa al Piazza Duomo di Alba (Cuneo)

LA CUCINA - Agadir è il più grande porto marocchino del pesce, e lo stesso villaggio di Taghazout è composto in buona parte da pescatori. Così la materia prima ittica domina la tavola locale, insieme a verdura, frutta e olio d'argan delle quali la regione è grande produttrice. È bello perdersi tra le stradine del borgo per gustarsi poi una deliziosa focaccina condita con buccia di limone e olio, grassa, amara, aromatica, buonissima. O assaggiare la bissara, una purea di fave con cipolle, aglio, erbe aromatiche fresche e spezie. Poi, però, per un pasto di livello, si torna al Fairmont. Qui la cucina è particolarmente curata, merito dello chef Georgiy Danilov, origini armene ma un trascorso anche con Enrico Crippa al Piazza Duomo. Coordina tutti i ristoranti interni: il The Beef and Reef, dove gustarsi - come abbiamo fatto noi: sogliola reale con burro all'aglio e limone arrosto - pescato freschissimo ben scottato sulla griglia, carni alla brace, in generale una cucina di prodotto ben realizzata, noi abbiamo assaggiato persino la pizza ed era di ottima fattura; poi The Commons, indirizzo all day long d'ispirazione internazionale; e il Morimoto Taghazout Bay, cucina nipponica firmata dal noto chef Masaharu Morimoto. Non solo: il direttore canadese del Fairmont, Francis Desjardins, già prevede a breve l'apertura anche di un ristorante dedicato alla cucina marocchina e di un ulteriore insegna, che sarà una sorta di trattoria italiana contemporanea, evoluta. Completano l'offerta i due cocktail bar: Juniper’s, sotto le stelle, con la sua lista di gin infiniti da abbinare alle botaniche provenienti direttamente dai giardini della struttura; e il Nola, speakeasy dall'anima jazz, per cocktail d'autore. All'Iris Lounge, infine, selezione di té e pasticcini durante la giornata, ma all'ora del sensazionale tramonto si stappa lo champagne!

 

Scatti a Taghazout

Scatti a Taghazout

IL VILLAGGIO DI TAGHAZOUT - Vi abbiamo già detto il Taghazout, il villaggio che chiude la baia a Nord, affacciato sull'oceano, qualcosa più di 5mila abitanti, per la gran parte berberi ma non solo: la località divenne famosa alla fine degli anni Sessanta, era meta di un turismo europeo fuori dalle vie già tracciate e proteso all'esplorazione della parte meridionale del Marocco. Alcuni di questi francesi, inglesi o olandesi s'innamorarono del posto, vi si trasferirono e li si vede oggi passeggiare, incanutiti, sulla spiaggia e guardarci con curiosità, ecco la nuova ondata di visitatori occidentali. Per la verità la costa è stata scoperta già da tempo dai surfisti di tutto il mondo, come a Calangute in India o a Kuta in Indonesia; la spiaggia che sorge appena a sud del villaggio è rinomata per la sabbia finissima e per le onde lunghe. Poi, oltre che di crescente turismo, gli abitanti vivono anche di pesca, of course. Di agricoltura (agrumi, mandorle, ortaggi). E di produzione dell'olio di argan...

 

Una pianta di Argania spinosa e, sotto, l'entrata del museo dedicato alla lavorazione dell'olio di argan

Una pianta di Argania spinosa e, sotto, l'entrata del museo dedicato alla lavorazione dell'olio di argan

L'OLIO DI ARGAN - L'area intorno a Taghazout, su verso i monti dell'Alto Atlante, è l'unico posto al mondo dove si produce l'olio di argan, estratto dai semi della Argania spinosa, endemica solo in questa zona del Marocco meridionale. La foresta di argania, che un tempo copriva vaste superfici dell'Africa del nord, oggi si estende per circa 800mila ettari tra le città di Essaouira, Agadir e Taroundant: una specie di triangolo che comprende pianura, monti, costa e deserto, poiché la pianta - antichissima, considerata una sorta di relitto del Terziario - è tenace, si adatta, cresce dal livello del mare fino ad arrivare a 1500 metri di altitudine, ma è fondamentale soprattutto nelle zone semi-desertiche, perché il suo profondo apparato radicale è un nostro alleato contro erosione e desertificazione. Non a caso, la zona delle arganeraie è stata dichiarata Riserva della biosfera Unesco nel 1998. Un luogo perfetto per conoscere a fondo questa antica lavorazione e anche le sue implicazioni economiche, sociali, ambientali e gastronomiche è Targant - Musée de l'arganier, il primo al mondo, a 4 chilometri dal Fairmont, una interessantissima struttura didattica che ripercorre storia e lavorazione dell'olio di argan, ma comprende pure un ristorante dove apprezzare squisiti piatti tradizionali, davvero gustosi, ovviamente conditi con l'olio che è la specialità del posto: sa di nocciola, di arachide, è suadente e stimola nuovi abbinamenti golosi. Ottimo è anche l'amlou, che fa parte dell'Arca del Gusto di Slow Food: è una crema da spalmare di colore bruno ottenuta aggiungendo miele e battuto di mandorle all'olio di argan. Viene servita a colazione o a merenda, accompagnata a pane, ma anche a prodotti di pasticceria. Da portare a casa.

 

Lavorazione tradizionale dell'olio di argan: è affidata a donne riunite in cooperative

Lavorazione tradizionale dell'olio di argan: è affidata a donne riunite in cooperative

Un succulento piatto (con olio d'argan) che abbiamo gustato nel ristorante interno al Targant: si tratta del Pollo mahmer al limone confit e olive

Un succulento piatto (con olio d'argan) che abbiamo gustato nel ristorante interno al Targant: si tratta del Pollo mahmer al limone confit e olive

LA LAVORAZIONE DELL'OLIO D'ARGAN - Al Targant s'apprenderà che la produzione dell'olio d'argan è affidata a cooperative sociali di donne. Sono loro a raccogliere e selezionare i frutti della pianta, ormai caduti a terra e, una volta eliminata la parte esterna seccata al sole e il nocciolo che ne è ricoperto, a estrarne e lavorarne i semi. Esistono ormai laboratori che affidano quest'ultima parte alle macchine; ma il metodo artigianale, molto più lungo (una settimana per ottenere un litro di olio da 2,5 chili di semi. E occorrono 100 kg di frutto secco per ottenere 6,5 kg di semi) prevede prima una tostatura in vasi di terracotta; poi la macinazione attraverso uno strumento manuale in pietra, con l'aiuto di un po' d'acqua. Se ne ottiene una "pasta", il malaxage, ricco al 50% di olio, che viene massaggiato fino a separarne la parte liquida (la rimanenza si usa come ingrediente fondamentale per il "sapone nero" tipico degli hammam marocchini). 


Dal Mondo

Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Carlo Passera

classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera

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