26-10-2021

Pablo Rivero: l’allevamento rigenerativo è 'Il Cammino' da seguire

Il patròn di Don Julio Parilla di Buenos Aires ha prodotto un documentario (EL CAMINO – Ganadería regenerativa) per promuovere un modello sostenibile e virtuoso di allevamento

Un fotogramma iniziale del documentario

Un fotogramma iniziale del documentario

Il consumo di carne è sotto attacco da diversi anni per questioni etiche, di sostenibilità ambientale e di salute. Pablo Rivero, patròn del Don Julio Parilla di Buenos Aires, miglior ristorante del Sud America secondo il 50Best latinoamericano (di cui vi abbiamo raccontato qui) e tredicesimo nella classifca della World's 50Best presentata poche settimane fa, non è d’accordo e ci racconta una storia diversa, che smonta con fatti, dati ed esempi il discorso dominante.

Demonizzare la carne, secondo Rivero, è un errore concettuale: quello che deve essere demonizzato è il processo di industrializzazione della produzione della carne, cioè il passaggio dall’allevamento estensivo al feedlot. E’ questo, l’allevamento intensivo, il responsabile di tutto il male attribuito, erroneamente, alla carne in sé: gli alti livelli di emissione di anidride carbonica nell’atmosfera, lo spreco (cattiva gestione) di risorse preziose come l’acqua, le misere e immorali condizioni di vita a cui sono ridotti gli animali, l’avvelenamento dell’uomo con conseguenti problemi per la sua salute e per quella del pianeta. A fronte tra l’altro di un alimento di bassissima qualità.

«La vacca, come qualsiasi altra cosa, può produrre una catastrofe o una fortuna: dipende come è gestita». ll punto quindi non è il cosa ma il come.

Occhio che questo discorso lo avevamo ascoltato già dalle parole di un altro argentino in cima alle classifiche mondiali: Mauro Colagreco. Col suo progetto CARNE, lo chef tristellato e numero 1 al mondo nel 2019 con il Mirazur di Mentòn, mira proprio a generare un cambiamento nella forma in cui si producono gli alimenti. Cambiamento che inciderebbe sui due principali problemi dell’umanità: la questione ambientale e l’emergenza alimentare (di questo suo progetto e delle idee che lo muovono vi avevamo raccontato qui)

Pablo Rivero porta avanti lo stesso discorso e rema nella stessa direzione. Ammirato dal lavoro e dalla visione degli allevatori che intervista, per lui difendere gli allevamenti estensivi significa anche difendere la storia della sua famiglia - una storia di allevatori e commercianti di carne. E significa difendere una fetta importante dell’identità culturale e gastronomica argentina, legata a doppio filo all’allevamento, all’asado, ai gauchos a cavallo (ricordiamo che nel paese si contano più capi di bestiame che abitanti). Ma soprattutto significa mostrare al mondo il cammino da seguire: «Lo scopo di questo viaggio è quello di dare visibilità agli allevatori che stanno cambiando il mondo attraverso il loro lavoro e che, allo stesso tempo, stanno cambiando l’idea che il mondo ha dell’allevamento».

Il come, secondo Pablo Rivero, è l’allevamento rigenerativo (o gestione olistica dell’allevamento).

Attraverso le testimonianze di quattro diversi allevatori dislocati in quattro diverse località della (immensa) provincia di Buenos Aires, il documentario ha lo scopo, dichiarato, di mostrare il modo in cui lavorano gli allevatori che scelgono questo sistema e le conseguenze positive che questa forma di gestire animali e pascolo ha sulla vitalità del suolo, sulla qualità di vita del bestiame, sulla salute dell’uomo e del pianeta oltre che sulla redditività del pascolo.

In cosa consiste l’allevamento rigenerativo, in pillole (lasciamo il link dei quattro capitoli, sottotitolati in inglese, in fondo all'articolo, per chi volesse approfondire). Si tratta di una gestione razionale del campo, che viene diviso in parcelle di circa mezzo ettaro, a seconda del numero di animali, con accesso a una fonte di abbeveramento. Diviso in tante parcelle (parliamo di un centinaio a volte, e qui gli spazi sconfinati delle pampas argentine di sicuro aiutano). Attraverso sistemi di recinzione rimuovibili, gli animali vengono convogliati ad occupare una sola parcella al giorno. Quello successivo vengono spostati in un altro lotto e così via. Spostandosi nel nuovo lotto (lasciato incolto per mesi) lo troveranno ricchissimo di pascolo. Quello appena lasciato avrà tutta la materia vegetale mangiata ma il suolo coperto (nel senso che le piante non vengono sradicate, non è necessario riseminare). Col passare dei mesi le piante ricresceranno e, nel farlo, sintetizzeranno e assorbiranno anidride carbonica, che fisseranno nel suolo, nutrendolo. Suolo che viene tra l’altro fertilizzato anche dagli escrementi e dall’urina degli animali. I pascoli gestiti in questo modo vanno incontro a un continuo ciclo vegetativo (su 365 giorni in un anno ogni parcella rimane incolta anche per 360 giorni) e quindi a un arricchimento progressivo del suolo, a un continuo e costante assorbimento, non solo dell’anidride carbonica prodotta dagli animali, ma anche di quella prodotta da terzi.

Servono quindi solo tre cose: acqua, pascolo, animali e naturalmente la conoscenza necessaria per gestirli in modo da riequilibrare il sistema e creare un circolo virtuoso che produca rigenerazione del suolo, produttività, redditività e sostenibilità. Non serve riseminare il pascolo, non servono i pacchetti tecnologici venduti dalle grandi aziende di settore. Si tratta di un sistema che si equilibra da solo e si auto alimenta.

I risultati sono misurabili: attraverso diversi indicatori che monitorano la salute del suolo e apprezzando i risultati concreti: «si produce il doppio di pascolo e il triplo di carne» assicurano gli allevatori intervistati.

«Un tempo gli allevatori avevano una nobile funzione che era quella di nutrire il mondo» commenta Ezequiel Sack della tenuta La Emma, intervistato nel terzo capitolo del documentario. «Una funzione molto nobile e importante. Io credo che oggi, oltre a questa funzione, si tratti non solo di nutrirlo, ma di salvarlo».

Il documentario, che offre delle bellissime riprese sugli spazi sconfinati delle pianure argentine, è diviso in 4 capitoli, della durata di circa 10 minuti ciascuno, ed è sottotitolato in inglese.

Cap. 1 - Gastón Pierri, tenuta Santa Juana, Chascomús (Buenos Aires)

https://www.youtube.com/watch?v=7DfKpMNqXyo&t=11s&ab_channel=ParrillaDonJulio

Cap. 2 - Walter y Mimi Lorenz, tenuta El Remanso del Salado, Casteli (Buenos Aires)

https://www.youtube.com/watch?v=avqLnMP3ua8&ab_channel=GrupoArgos

Cap. 3 - Ezequiel Sack, tenuta La Emma, Punta Indio (Buenos Aires)

https://www.youtube.com/watch?v=_6D7znB5ww4&ab_channel=ParrillaDonJulio

Cap 4 - Robén Oliverio, tenuta Doña Elena, Ramallo (Buenos Aires)

https://www.youtube.com/watch?v=ijTa_OohC1s&t=18s&ab_channel=ParrillaDonJulio


Dal Mondo

Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

Giovanna Abrami

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Giovanna Abrami

nata a Milano da madre altoatesina e padre croato cresciuto a Trieste. Ha scritto (tra gli altri per Diario e Agrisole) e tradotto (tra le altre cose: La scienza in cucina di Pellegrino Artusi) per tre anni dall’Argentina dove è tornata da poco, dopo aver vissuto tra Cile, Guatemala e Sicilia. Da Buenos Aires collabora con Identità Golose e 7Canibales

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