Chiara, Andrea e Stefano Soban
Risotto alle barbabietole, salsa al Franciacorta e granadi Gualtiero Marchesi
Ricette d'autore Il Piccione si fa in quattro è il Piatto del 2023 di Mauro Brina
Un fotogramma iniziale del documentario
Il consumo di carne è sotto attacco da diversi anni per questioni etiche, di sostenibilità ambientale e di salute. Pablo Rivero, patròn del Don Julio Parilla di Buenos Aires, miglior ristorante del Sud America secondo il 50Best latinoamericano (di cui vi abbiamo raccontato qui) e tredicesimo nella classifca della World's 50Best presentata poche settimane fa, non è d’accordo e ci racconta una storia diversa, che smonta con fatti, dati ed esempi il discorso dominante.
Demonizzare la carne, secondo Rivero, è un errore concettuale: quello che deve essere demonizzato è il processo di industrializzazione della produzione della carne, cioè il passaggio dall’allevamento estensivo al feedlot. E’ questo, l’allevamento intensivo, il responsabile di tutto il male attribuito, erroneamente, alla carne in sé: gli alti livelli di emissione di anidride carbonica nell’atmosfera, lo spreco (cattiva gestione) di risorse preziose come l’acqua, le misere e immorali condizioni di vita a cui sono ridotti gli animali, l’avvelenamento dell’uomo con conseguenti problemi per la sua salute e per quella del pianeta. A fronte tra l’altro di un alimento di bassissima qualità.
Occhio che questo discorso lo avevamo ascoltato già dalle parole di un altro argentino in cima alle classifiche mondiali: Mauro Colagreco. Col suo progetto CARNE, lo chef tristellato e numero 1 al mondo nel 2019 con il Mirazur di Mentòn, mira proprio a generare un cambiamento nella forma in cui si producono gli alimenti. Cambiamento che inciderebbe sui due principali problemi dell’umanità: la questione ambientale e l’emergenza alimentare (di questo suo progetto e delle idee che lo muovono vi avevamo raccontato qui)
Il come, secondo Pablo Rivero, è l’allevamento rigenerativo (o gestione olistica dell’allevamento).
In cosa consiste l’allevamento rigenerativo, in pillole (lasciamo il link dei quattro capitoli, sottotitolati in inglese, in fondo all'articolo, per chi volesse approfondire). Si tratta di una gestione razionale del campo, che viene diviso in parcelle di circa mezzo ettaro, a seconda del numero di animali, con accesso a una fonte di abbeveramento. Diviso in tante parcelle (parliamo di un centinaio a volte, e qui gli spazi sconfinati delle pampas argentine di sicuro aiutano). Attraverso sistemi di recinzione rimuovibili, gli animali vengono convogliati ad occupare una sola parcella al giorno. Quello successivo vengono spostati in un altro lotto e così via. Spostandosi nel nuovo lotto (lasciato incolto per mesi) lo troveranno ricchissimo di pascolo. Quello appena lasciato avrà tutta la materia vegetale mangiata ma il suolo coperto (nel senso che le piante non vengono sradicate, non è necessario riseminare). Col passare dei mesi le piante ricresceranno e, nel farlo, sintetizzeranno e assorbiranno anidride carbonica, che fisseranno nel suolo, nutrendolo. Suolo che viene tra l’altro fertilizzato anche dagli escrementi e dall’urina degli animali. I pascoli gestiti in questo modo vanno incontro a un continuo ciclo vegetativo (su 365 giorni in un anno ogni parcella rimane incolta anche per 360 giorni) e quindi a un arricchimento progressivo del suolo, a un continuo e costante assorbimento, non solo dell’anidride carbonica prodotta dagli animali, ma anche di quella prodotta da terzi.
I risultati sono misurabili: attraverso diversi indicatori che monitorano la salute del suolo e apprezzando i risultati concreti: «si produce il doppio di pascolo e il triplo di carne» assicurano gli allevatori intervistati.
«Un tempo gli allevatori avevano una nobile funzione che era quella di nutrire il mondo» commenta Ezequiel Sack della tenuta La Emma, intervistato nel terzo capitolo del documentario. «Una funzione molto nobile e importante. Io credo che oggi, oltre a questa funzione, si tratti non solo di nutrirlo, ma di salvarlo».
Cap. 1 - Gastón Pierri, tenuta Santa Juana, Chascomús (Buenos Aires)
https://www.youtube.com/watch?v=7DfKpMNqXyo&t=11s&ab_channel=ParrillaDonJulio
Cap. 2 - Walter y Mimi Lorenz, tenuta El Remanso del Salado, Casteli (Buenos Aires)
https://www.youtube.com/watch?v=avqLnMP3ua8&ab_channel=GrupoArgos
Cap. 3 - Ezequiel Sack, tenuta La Emma, Punta Indio (Buenos Aires)
https://www.youtube.com/watch?v=_6D7znB5ww4&ab_channel=ParrillaDonJulio
Cap 4 - Robén Oliverio, tenuta Doña Elena, Ramallo (Buenos Aires)
https://www.youtube.com/watch?v=ijTa_OohC1s&t=18s&ab_channel=ParrillaDonJulio
classe 1979, nata a Milano da madre altoatesina e padre croato cresciuto a Trieste: figlia di terre irredente e intensamente attratta dai Sud del mondo. Ha scritto (tra gli altri per Diario e Agrisole), tradotto (tra le altre cose: La scienza in cucina di Pellegrino Artusi), mangiato e degustato - senza mai smettere di scattare fotografie - tra Argentina, Cile e Guatemala per più di cinque anni. Dovendo proprio ritornare in Italia è andata quanto più possibile a Sud. Dal 2016, e per il momento, vive in Sicilia, da cui collabora con Wine in Sicily e Identità Golose
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Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose