L'articolo che segue è stato pubblicato sul sito spagnolo Gastroactitud. Lo firma Julia Pérez, responsabile del sito e collaboratrice dagli inizi della Guida ai Ristoranti di Identità Golose.
Enigma è il quinto ristorante aperto da Albert Adrià in 5 anni. È l’evoluzione naturale di 41 Grados ma soprattutto una proposta unica, originale e coerente. Un concetto circolare – e rotondo – in cui il termine experiencia trova una perfetta giustificazione. Una rappresentazione al servizio di una gastronomia personale in cui nulla disperde l’attenzione da ciò che è veramente importante; anzi, al contrario, centra il punto.
Tutto è stato pensato in funzione della cena e della forma in cui si mangia. È più che un ristorante, nel senso che gli diamo oggi: è uno spazio di sperimentazione. Cosa mangiare? Come mangiare? Con chi mangiare? Perché mangiare? Nascono domande a cascata. L’enigma di Enigma non si disvela contando i piatti o mostrando le foto. Ognuno deve incontrare la sua rivelazione perché tutto acquisti un senso. Succede nel corso di due ore e mezza, un viaggio iniziatico attraverso una gelida scenografia di cristallo, disegnata dallo studio di architettura RCR (gli stessi che firmano gli interni del ristorante Les cols).
Sette momenti diversi, sette enigmi. Sette proposte gastronomiche singolari, sette maniere di affrontare la comida, sette forme distinte di avvicinarsi al commensale. E una sola cucina, quella di Albert Adrià: vibrante, brillante, commovente, ispiratrice...

Albert Adrià, 46 anni: "Non è solo il fratello di Ferran", scrive Julia Pérez, "e nemmeno il pasticcere del Bulli: è uno dei più grandi cuochi del mondo"
Freddo e fragilità. Un codice numerico, che si riceve via email, apre la porta d’accesso a un inquietante labirinto traslucido che conduce al
Ryokan, l’ingresso in cui spiegano le regole del gioco e in cui avviene il primo contatto col personale di sala, una squadra di donne che si comporta in un modo poco convenzionale. La stessa fragilità che trasmettono le pareti la incontriamo anche nel calice di yuzu. E pure negli assaggi: sfere di parmigiano, guscio di lampone, tartina al trartudo, cracker di ricci, nori di caviale…
Quel che appare nella seconda stanza è il secondo enigma: la
Cava. Qui c’è un cuoco che prepara da solo, e per un commensale in solitudine, una sequenza di snack. Privacy. Esclusività. Intimità. In realtà c’è molta gente. Ma non si vede, quindi non c’è. Alla
Barra, il terzo enigma, la cucina si sottomette docile alle esigenze del barman
Marc Álvarez e dei suoi cocktail. La china di Mae Thae reclama pane di frutto della passione; nel frattempo uno strato intensamente acido si armonizza con l’ostrica e lo specchio di daikon, un assaggio insolito per consistenza e sapore: meraviglioso.
Cucina senza rete. A questo punto, il commensale è già cosciente del fatto che il gelo che trasmette l’ambiente è in realtà un travestimento. Sotto al gelo bolle il magma della creatività, la potente energia che alimenta quest’Enigma, la cui soluzione non ci interessa trovare perché ci interessa che il viaggio continui. In questo istante, nel mezzo del cammino, troviamo la Plantxa, il quarto enigma: sembra che la cucina, fugace, da un lato, perda importanza. In fondo, Albert Adrià osserva, dirige, si diverte e sorride. Prova la stessa soddisfazione del commensale.

I carciofi del Dinner, il quinto "enigma". Il ristorante non prevede al momento un menu vegetariano
Una piastra di cromo e una piccola brace. E
Oliver Peña che cucina, faccia a faccia, di fronte al commensale. Senza rete. Un’offerta singolare. Assaggi straordinari. Talento a volontà. Cannellone di blini; ventresca di sgombro con scapece di zafferano (che bello trovare un
escabeche e non un
ceviche); lingua di mare con pilpil di
jamón ibérico;
pan de queso…
Sfidare il commensale. Pensavamo di aver raggiunto il climax e invece no. Manca ancora
Dinner, il quinto enigma. La sala in cui non è spiegato nulla. Con i piatti che arrivano al tavolo in silenzio così che sia il commensale a doverli scoprire, immaginare, equivocare, divertirsi. Oltre le parole. Sono piatti appunto da
Enigma e per questo non vanno svelati: patate, piselli, pomodori, carciofi, foie gras, quaglie… Quasi sicuramente, non li ritroverete nella cena successiva. Il ritmo della cucina è cadenzato dalla stagionalità e dalla capacità creativa di una squadra giovane e capace. Quanti registri si possono combinare in una sola cena? Qui si toccano tutti, si dominano tutti. Padroni e signori della cucina totale.
Il sapore.
Enigma offre solo un menu a sorpresa (220 euro), che si può armonizzare con tanti drink (90 euro) selezionati da
Cristina Losada, eccezionale sommelière
che lascia che sia il bicchiere ad accompagnare il piatto in modo che si esprimano entrambi, in armonia. Vini singolari, dalla gradazione bassa, serviti con una temperatura perfetta per allungare l’assaggio. Un lavoro tra la discrezione e l’umiltà, che si estende a tutto il team di sala. Anche qui, una lezione magistrale.

Oliver Peña, executive di Enigma: cucina di fronte al commensale
Ma non abbiamo finito. Manca l’ultimo enigma. Un’illusione. Il segreto che si nasconde dietro la cucina. La reincarnazione di
41º, 41 Grados. il bar clandestino. La festa del dolce (con poco zucchero) e dell’alcol. Cocktail e petit fours. il finale perfetto. E, anche qui, il sapore come filo conduttore. Dall’inizio alla fine, chiudendo il cerchio, dominandolo tutto, assoggettandolo.
El sabor. Il ritorno al sapore, al piacere primario e semplice di assaggiare… di pulire il piatto, di leccare il cucchiaio e sospirare. Tecnica? Nascosta apposta dalla vista. L’estetica? Quella che serve. La semplicità? Per farsi capire. Rivoluzione? Innovazione? Piacere? Immenso. Non è che
Albert vada contracorrente, è che la crea la corrente – forse anche per noia - la agita e la lancia finché non esplode. È il privilegio dei visionari: anticiparsi.
E il
Bulli? Che ne è del
Bulli? Che importa? Tornerà… Questo è
Enigma. C’è già. Ci sono molti ristoranti ma un solo
Enigma.
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