Chiama la nostra Fabiana Magrì da Tel Aviv: «Hanno mandato a fuoco Rama’s. Tantissimi incendi dolosi in quella zona, dicono possa essere una nuova forma di terrorismo», o intifada come la si vuol chiamare. Ma quando? Come? Il lettore si chiederà anche: cosa? Chi? Allora serve una premessa: Rama’s Kitchen, a Nataf, meno di venti km a Nord-Ovest da Gerusalemme, è il ristorante in cui dal 2008 lavora lo chef Tomer Niv, una sorta di Heston Blumenthal, non a caso ha nel suo curriculum proprio il Fat Duck (e The Ledbury, e Noma). Ne ha trasposto le idee, ma sulle colline di Giudea: operazione doppiamente interessante.
Lo avevamo incontrato due settimane addietro a Milano, ci aveva raccontato la sua opera di recupero delle antiche ricette della regione, «alcune risalgono a 1.400 anni fa». Un modo per strutturare una storicità nella cucina locale moderna, che per il resto subisce l’apporto delle mille diverse suggestioni che sono giunte in questi ultimi decenni da tutti i Paesi del mondo, quelli del ritorno dalla diaspora.

Rama Ben Zvi, la proprietaria del Rama's Kitchen, con lo chef Tomer Miv
E’ un’opera inclusiva, per nulla “nazionalista” – per dirla politicamente – quella di
Niv, perché recupera da antichi testi le specialità culinarie di quegli stessi luoghi, via via abitati, dominati o influenzati da genti diverse: «Di base c’è una forte presenza della tradizione turca e araba. Ma poi abbiamo piatti specificamente d'ispirazione siriana e palestinese, libanese e persiana… Io tento di dare rappresentazione a una stratificazione unica che percorre i secoli, facendo sposare i prodotti locali e la storia con uno stile molto tecnico, emozionale, che sfrutta la scienza».
Ne vengono fuori proposte dai gusti puliti e molto intensi, con un uso importante di acidità e piccantezze, amari e speziati: «Ricordiamoci che non c’era il pomodoro. Né la patata», sintetizza Niv, per dire che mancavano quegli ingredienti capaci di ammorbidire, di assecondare il palato. Che invece qui viene molto sollecitato, «per esempio uso una riduzione di melograno per contrastare il grasso dell’agnello». E poi le logiche contemporanee: «Tutta la frutta e la verdura sono biologiche, sia di produzione propria o acquistata da coltivatori confinanti, mentre le erbe usate crescono nell'orto (gestito da Uzi, il marito di Rama, la patron che dà il nome al ristorante) che circonda il locale e in una porzione di collina vicina, dove tante specie commestibili crescono abbondantemente. La raccolta fa parte della nostra routine quotidiana».

Un piatto del Rama's Kitchen
Perché Israele oggi è una scrigno di sapori (ne abbiamo già parlato
qui e
qui, e anche
qui) che derivano da tanti saperi diversi, «e la cucina di
Tomer è una perfetta rappresentazione di questo: passato e futuro, antico e moderno, tradizione e innovazione. Appunto, com’è oggi Isarele, se si eccettua semmai Tel Aviv, la più occidentale delle nostre città», ci raccontava al nostro incontro la direttrice dell’ente turismo israeliano in Italia,
Avital Kotzel Adari. «Vero, siamo un mosaico incredibile» conferma lui, che è anche delegato di
Terra Madre e si impegna soprattutto nella promozione del pesce sostenibile del Mediterraneo, «vivo nel porto di Jaffa. Molti ebrei arrivano da Paesi dove consumavano aringhe o salmoni, noi facciamo loro conoscere la materia ittica locale».
Non queste idee, ma tutto il resto è andato a fuoco. Da giorni le zone intorno erano interessate da incendi. Venerdì l’episodio finale. «E’ stato molto semplice – ha raccontato al Times of Israel, quotidiano in lingua inglese, Rama Ben Zvi, la proprietaria, scuotendo la testa - Un ragazzo ha gettato una bottiglia incendiaria sull'altro lato della recinzione, e un'ora dopo il locale non c’era più». In fumo in dieci minuti. Nataf si affaccia su un gruppo di villaggi palestinesi di Cisgiordania, che non si trovano a più di cinque chilometri di distanza. Ma non ci sono conferme ufficiali alla ricostruzione di Rama, le responsabilità sono ancora da chiarire.
Il ristorante ospitava una festa di matrimonio, quando è stato fatto evacuare, com’era successo già diverse volte al villaggio, «il primo rogo si era verificato mercoledì – dice ancora Ben Zvi - quando dei lavoratori arabi stavano preparando il caffè sotto un albero, e l'apparato che stavano utilizzando aveva inavvertitamente causato un incendio che si era diffuso rapidamente e aveva bruciato una casa». Dunque almeno l'inizio era stato accidentale.

Rama Ben Zvi tra i resti del locale
Nulla di preoccupante, giovedì la situazione si era normalizzata. Venerdì il nuovo allarme: gli ospiti del matrimonio al
Rama’s avevano appena finito il dessert quando erano tornati i vigili del fuoco e si erano levati in volo gli aerei antincendio. E’ cambiato il vento, «così forte, da Oriente. Il fuoco ha cambiato direzione e ha iniziato a venire vicino al ristorante. Ho visto una grande lingua di fiamme che si avvicinava e ho capito che era la fine del
Rama’s Kitchen». Alcuni dei lavoratori palestinesi del locale e alcuni vicini di casa in qualche modo hanno salvato la casa dei
Ben Zvi, situata a pochi passi dal ristorante. Qui rimane utilizzabile solo il forno di mattoni per la cottura del pane. Tutto il resto è uno scafo carbonizzato, e ciò che non è bruciato è ricoperto da un sottile strato di polvere, quella utilizzata dai vigili del fuoco.
Rama ha ricevuto una telefonata da parte del premier israeliano Benjamin Netanyahu: «Ha chiamato per offrire le sue condoglianze e rassicurare che lo Stato avrebbe rimborsato i danni perché si trattava di un attacco terroristico. Sai, io non sono questo tipo di persona. Ma Bibi mi ha detto che si muoverà molto velocemente». La voglia di ripartire c’è: Rama e suo marito vivono a Nataf da 25 anni, e hanno aperto il Rama’s Kitchen 21 anni fa.