Da Entiana Osmenzeza, classe 1976 con la sua Osteria Ime (“Mia” in albanese) aperta a Tolentino (Macerata), a Endrit Rustemi, classe 1991, con il suo locale Carmelina a Brescia. Da Selam Allaraj, classe 1986, pastry chef di Venezia, a Fundim Gjepali, chef che si divide tra l’Antico Arco di Roma e il suo Padam a Tirana. Sono almeno tre le generazioni di chef albanesi che hanno trasformato il dolore in successo e il cibo in identità. Dalle prime ondate migratorie degli anni ’90 - quando erano bambini o adolescenti in fuga dalla povertà - sono arrivati alle cucine più prestigiose d’Italia. Sono cresciuti carichi di ambizione, spirito di adattamento e tenacia. A fuoco lento, con tanti sacrifici, partendo da posizioni come lavapiatti e tuttofare, hanno saputo costruire una nuova identità, riscrivendo le loro storie nel nostro Paese e, talvolta, tornando in patria con nuove consapevolezze e progetti visionari.
Entiana Osmenzeza, la pioniera: dalla povertà di Berat alle cucine d’Europa

Entiana Osmenzeza, Osteria Ime
Nata a Berat nel 1976,
Entiana Osmenzeza arriva in Italia a 16 anni con un passaporto falso. A Torino comincia come lavapiatti e frequenta l’alberghiero, per poi entrare nelle cucine di Monte Carlo, Parigi, Monaco e Ventimiglia. La svolta è l’incontro con
Fulvio Pierangelini al mitico
Gambero Rosso, che le insegna rigore e rispetto assoluto per la materia prima. Dopo un passaggio come executive chef al
Se·sto on Arno di Firenze, si perfeziona al
Noma di Copenhagen, dal grande
René Redzepi, dove riscopre l’orgoglio balcanico (
Redzepi ha origini macedoni e albanesi). Nel 2015 apre
Gurdulù, che lascia il segno sulla scena fiorentina. Nel 2023 sceglie le Marche e inaugura
Osteria Ime a Tolentino, ristorante intimo e artigianale che riflette la sua filosofia: ingredienti locali, visione cosmopolita e zero sprechi.
In Toscana, cuore pulsante degli chef albanesi

Elvis Dedi e Ardit Curri, San Martino 26
La più alta concentrazione di chef di origine albanese, che hanno riscritto in Italia le loro storie di successo, si trova in Toscana.
Ardit Curri, classe 1987, fonda nel 2014 il ristorante
San Martino 26 a San Gimignano e oggi ne è patron e maître di sala. Dopo esperienze internazionali e la gestione del
Perucà, ha scelto di lasciare i fornelli al giovane
Elvis Dedi, nato in
Albania nel 1994 e cresciuto in Italia, formatosi con maestri come
Andrea Berton,
Mauro Colagreco ed
Eugenio Boer.
Dedi reinterpreta i sapori toscani con tecniche moderne, rigore estetico e un tocco personale che intreccia memoria e quotidianità, dando vita a una Toscana lontana dai cliché. (
Ne abbiamo scritto qui)

Loris Pema, secondo da destra, con i colleghi e connazionali, da sinistra, Mario Peqini (ne parliamo sotto), Erion Karaj (ha lavorato a Londra con Gordon Ramsay, Giorgio Locatelli, Thomas Keller e Michelle Roux Jr., oggi è chef del The Groucho Club, sempre nella capitale inglese) e Fejsal Demiraj (dapprima con Alain Ducasse, poi per quasi sei anni sous chef al Noma, nel 2021 ha fondato AMËZ-Regional Albanian Flavors, che promuove le eccellenze agroalimentari albanesi nel mondo)
Al
San Martino 26 è transitato anche
Loris Pema, classe 1990, esperienze a
Il Luogo di Aimo e Nadia meneghino, a
Il Pagliaccio di Roma e a Copenaghen al fianco di
Christian Puglisi, ma anche da
Peck e all'
Altrimenti, ancora a Milano. Oggi è sous chef al ristorante
La Canonica del prestigioso cinque stelle
Rosewood Castiglion del Bosco, in provincia di Siena.

Nertil Prroni, Osteria Dragomanni
Storia di riscatto per
Nertil Prroni, nato a Scutari nel 1984 e arrivato a Firenze da ragazzo: dagli inizi come artiere ippico all’ippodromo
Le Mulina è passato ai fornelli, fino a guidare l’
Osteria Dragomanni, dove porta l'idea di una cucina essenziale e stagionale che unisce tradizione e creatività, con piatti che spaziano dalle
Pappardelle di cinta senese e pepe di Timut ai
Pici con seitan alla cacciatora.

Gentian Sheshi, Winter Garden al St. Regis
Ancora più segnata dal destino la vicenda di
Gentian Shehi, oggi chef del
Winter Garden al St. Regis: nel 1991, a soli otto anni, sbarca a Brindisi su una nave carica di migranti in fuga dall’Albania, accolto da una famiglia pugliese che lo introduce ai sapori italiani. Dopo la scuola alberghiera, un passaggio negli Stati Uniti
e l’arrivo a Firenze, nel 2013 diventa chef del prestigioso albergo, con piatti che omaggiano le radici dell’accoglienza come il
Calamaro ripieno.

Ronald Bukri, Coro Ristorante
Infine
Ronald Bukri, classe 1987, cresciuto a
Empoli e oggi anima di
Coro Ristorante a Orvieto (
leggi qui l'articolo di
Paolo Marchi), ospitato in una chiesa sconsacrata: dai turni notturni in pasticceria alle cucine di maestri come
Gaetano Trovato, Karl Baumgartner, Paolo Lopriore, Igles Corelli e
Terry Giacomello, fino a esperienze in Australia e a Montalcino,
Bukri ha costruito un percorso cosmopolita che oggi trova compiutezza in una cucina solida, tecnica e con materie prime di altissima qualità.
Pizzaioli, pastry chef e coppie coraggiose: storie di tenacia e talento

Endrit Rustemi, Carmelina
Dalle pizzerie alle sfide televisive, dalle creazioni per le pasticcerie a chi ha deciso di aprire un ristorante in un borgo. Le storie degli chef di origini albanesi sono legate da un filo rosso fatto di sacrificio, tenacia e creatività.

Endrit Rustemi, Carmelina
C’è
Endrit Rustemi che, arrivato bambino dall’Albania ha dormito per 3 mesi sulle panchine di Porta Garibaldi di Milano. Accolto in una comunità per minori, trova la sua strada nella pizza. Nel 2024 apre la "trattoria di costiera" a Brescia,
Carmelina. A guidarlo, oltre alla dedizione, c’è anche un portafortuna: la vecchia “stecca”, la paletta donatagli dal suo maestro
Jamal, da cui non si separa mai. La sua filosofia è semplice: ingredienti genuini, impasto studiato a lungo e qualità costante. Regina del menu resta la
Margherita, rivisitata nella sua
Margherita di Endrit con quattro tipi di pomodoro, provola d’Agerola e pecorino romano Dop. Nel suo team ha voluto giovani con storie di riscatto simili alla sua. Il futuro che sognava dormendo sulle panchine oggi ha il profumo della pizza appena sfornata. (
Ne abbiamo scritto qui).

Jurgen Verbofshi, I bravi ragazzi
Nello stesso campo c’è
Jurgen Verbofshi, nato ad Atene da genitori albanesi, che ritrova la sua libertà tra farina e lievito. Nel 2024, a 27 anni, viene incoronato
Miglior pizzaiolo emergente del Nord da
Luigi Cremona, ma solo pochi anni prima la sua vita era sotto i riflettori per altre ragioni. Nel 2018, a 19 anni, viene arrestato con droga e armi in auto e condannato a 14 anni, poi ridotti a 8, di cui ne sconta due e mezzo. Durante i domiciliari decide di scommettere tutto su una pizzeria fallita a Meda, battezzandola
I bravi ragazzi, che tanto ricorda il film cult di
Scorsese. Da lì riparte, con impasti innovativi e ingredienti locali, trasformando il suo passato in forza creativa. La sua pizza simbolo,
La mia prima primavera, è una dichiarazione di rinascita in cui si legano in equilibrio perfetto crema di piselli, asparagi, olio al limone, ricotta, acciughe del Cantabrico, pane croccante e pomodorini confit. (
Ne abbiamo scritto qui).
C’è poi
Selam Allaraj, cresciuto in un villaggio poverissimo nel Nord dell’Albania e oggi capo pasticcere di
UnaHotels a Pero (Milano), dopo aver trasformato la sua arte dolciaria in un ponte tra memoria e futuro. Come molti chef ha un sogno nel cassetto: aprire un laboratorio tutto suo.

Rushan Xhafaj e Martina Dodeci, Demenna - Luogo di ristoro
Ci sono anche coppie coraggiose come quella formata dallo chef di origini albanesi
Rushan Xhafaj e dalla chef italiana
Martina Dodeci che, dopo esperienze internazionali, hanno scelto di tornare a San Marco d’Alunzio. Lì, nel paese originario di lei, un borgo arroccato alle pendici del massiccio montuoso del
Crasto, in provincia di
Messina, hanno lanciato l'avventura di
Demenna - Luogo di Ristoro, che appena aperto nel 2024 è stato segnalato tra i ristoranti in lizza
ai TheFork Awards by Identità Golose come migliore novità dell’anno.

Rigels Tepshi, Orient Express La Dolce Vita
C’è poi
Rigels Tepshi che, dopo l’esperienza al ristorante
Ottocentodieci in Lomellina, in provincia di Pavia (
ne abbiamo scritto qui), ha firmato il menu del ristorante
Dem di Pavia
ed è ora l’head chef de
La dolce vita Orient Express, treno di lusso per scoprire l’Italia con un menu firmato dallo chef tedesco tristellato
Heinz Beck.
Dalla Basilicata alla Svizzera, passando per un reality televisivo, è invece la parabola di
Erion Fishti. Nato a Diber in Albania e cresciuto a Matera. Si è imposto nella selezione
Nord Italia di
Emergente Chef 2025, l’evento ideato dal critico gastronomico
Luigi Cremona. Dopo aver lavorato per il
Leschär Restaurant di Zurigo, oggi pubblica online le sue ricette.
Fishti si era avvicinato ai fornelli da adolescente, osservando la nonna cucinare, e nel 2021 aveva trionfato all'
Antonino Chef Academy, il talent di cucina condotto da
Antonino Cannavacciuolo.

Silvana Musej, Relais Cuba
Silvana Musej, chef del
Relais Cuba di Cuneo e orgogliosa delle sue radici albanesi, ha costruito la sua carriera dopo 15 anni tra banco e fornelli di una gastronomia. Nel 2020 conquista il secondo posto al concorso
Balsamicando con il piatto
Maiale d’autunno, un filetto di maiale accompagnato da battuto di porcini flambati al balsamico con coulis di pere, crema di zucca profumata al timo e cipolle di Tropea all'agro. Nel 2021 è seconda al
Trofeo Migliore Professionista Lady Chef. Nel 2024 riceve il
Premio internazionale della Buona volontà per il suo impegno sociale e professionale. Volto televisivo di
Cook40 su Rai2 accanto a
Flavio Montrucchio, ha cucinato a
Casa Sanremo per lo staff del Festival nel 2022 e 2023.
Martin Hima, 27 anni, ha iniziato la carriera in Albania per poi trasferirsi in Italia, tra Frosinone e Milano, dove ha lavorato in locali come
El Porteño e
The Roof. La svolta arriva con i catering del tre stelle Michelin
Da Vittorio, che lo portano a cucinare per eventi esclusivi come il
Gran Premio di Monza. Oggi si dedica all’home cooking sul Lago Maggiore, creando menu su misura per clienti internazionali, con attenzione a stagionalità e sostenibilità. Sogna di gestire un ristorante di lusso e di portare in Italia la cucina tradizionale albanese.

Saimir Xhaxhaj, La Ruota Catering
Saimir Xhaxhaj, nato a Lushnje nel 1989, arriva in
Italia nel 1999. Dopo studi alberghieri, lavora in cucine toscane di alto livello, fino ad arrivare al ruolo di sous-chef al
Palazzo Victoria di Verona. Nel 2016 diventa capo chef de
La Canonica. Oggi è parte dello staff de
La Ruota Catering, dove continua a valorizzare le materie prime con creatività.

Mario Peqini a Identità Milano 2017
Un capitolo a parte meriterebbe (ma infatti gliel'abbiamo già dedicato in passato)
Mario Peqini: nato a Durazzo, in Albania, nel 1987, quando aveva 13 anni la sua famiglia ha lasciato il paese natale per trasferirsi a Milano dove, anche grazie ai sacrifici dei suoi genitori,
Mario ha potuto dedicarsi con profitto agli studi, iscrivendosi alla scuola alberghiera, innamorandosi da subito di questo mestiere. Fatto sta che nel 2013 è stato eletto dalla
Guida di Identità Golose come miglior pasticcere del 2013, quando era ormai diventato pastry chef de
Il Luogo di Aimo e Nadia. Da lì, la sua carriera lo ha portato prima in Svizzera, a Ginevra, da
Tosca, ristorante italiano, in particolare con un’ispirazione toscana, come suggerisce il nome; poi in Sicilia, dove nel 2019 ha aperto
La Cage a Palermo. Oggi
Peqini è lo chef di
Aquanova Hosteria ad Agrigento.
Albania-Italia e ritorno: gli chef che hanno avviato progetti nella propria terra

Fundim Gjepali, Antico Arco
Fundim Gjepali, classe 1981, partito dall’Italia come lavapiatti, oggi è chef e socio dell’
Antico Arco a
Roma. La sua cucina è fatta di grandi classici e creatività, sempre alla ricerca di nuove minuziose tecniche per eseguire i piatti della tradizione romana. Da dieci anni investe nella sua Albania: ha aperto a Tirana il
Padam, che è boutique hotel e ristorante di respiro internazionale, e ha trasformato l’azienda di famiglia in
Agroturizem Gjepali, modello di turismo sostenibile.

Altin Prenga, Mrizi i Zanave
Altin Prenga, classe 1983, arrivato in
Italia su un barcone e formatosi in Trentino, ha fondato a Fishtë l’agriturismo
Mrizi i Zanave (Il meriggio delle fate,
titolo dell’opera dello scrittore albanese
Gjergj Fishta), simbolo della rinascita agricola e culturale del Paese. Dove un tempo sorgeva un carcere politico, oggi 400 famiglie contadine riforniscono la struttura e oltre 100 giovani vi lavorano stabilmente. Punto di riferimento per
Slow Food in Albania,
Prenga ha ricevuto l’onorificenza di
Cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia, trasformando il suo ristorante in un luogo di memoria e riscatto.
E che dire di
Bleri Dervishi? Nato a Korça, in Albania, nel 1993, è arrivato in Italia a 4 anni, su un gommone, con i genitori; sua madre ha preso a lavare i piatti al ristorante
Lo Scalo a Chiusi Scalo: lì gli è nata la passione per la cucina. Ha quindi studiato all'alberghiero Artusi di Chianciano Terme, per poi lavorare molto in Italia e non solo: all'
Inkiostro di Parma con
Terry Giacomello, al relais
Monaci delle Terre Nere a Zafferana Etnea, e prima ancora in Spagna da
Eneko Atxa. Nel 2015 ha vinto l'edizione albanese di
MasterChef, quando ha deciso di tornare in patria (
ce li aveva raccontati qui), dove ha fondato ed è ora ceo di
SOL Pasta&More.
Uniti per la rinascita della cucina albanese e per la solidarietà
Tra i protagonisti della cucina balcanica nella propria terra d’origine c’è anche
Bledar Kola, sebbene lui sia emigrato in Gran Bretagna - e non in Italia - prima di tornare in Albania, a Tirana. A 15 anni attraversa la
Manica nascosto in un camion. Tornato a Tirana, nel 2016 apre
Mullixhiu, ristorante che recupera ingredienti dimenticati, come il formaggio mishavinë o la carne di capra, e li racconta con un linguaggio contemporaneo.

Chef albanesi insieme per Reinventing Albanian Cuisine
Nel 2018
Kola riunisce dodici chef albanesi nel progetto
Reinventing Albanian Cuisine per ridare orgoglio e futuro alla gastronomia nazionale sotto il motto
Rrno për me gatue (“Vivi per cucinare”
). Tra gli chef che aderiscono ci sono
Entiana Osmenzeza,
Bleri Dervishi,
Ronald Bukri,
Ardit Curri,
Mario Peqini e
Loris Pema.
Kola promuove la “gastrodiplomazia”, convinto che il cibo possa diventare un ponte tra popoli. La sua cucina è un atto politico: un modo per ridisegnare l’immagine di un Paese e restituirgli dignità attraverso i sapori della sua terra.
La comunità degli chef di origini albanesi ha mostrato la sua forza anche nella solidarietà. Il 31 gennaio 2020, dopo il terremoto che il 26 novembre 2019 colpì l’Albania causando 51 morti e 4.000 sfollati, cinque chef toscani di origine albanese - Entiana Osmenzeza, Ardit Curri, Ronald Bukri, Lul Valachi e Gentian Shei - organizzarono una cena benefica a San Gimignano, devolvendo l’intero ricavato a due famiglie contadine rimaste senza casa ma legate alla propria terra. Un gesto che conferma come la cucina possa essere insieme memoria, cura e futuro.