12-04-2024

Coro: il nuovo ristorante a Orvieto di Roland Bukri e Francesco Perali

Rispettivamente chef e direttore di sala, con alle spalle esperienze importanti, hanno trovato l'occasione per mettersi in gioco con un progetto tutto loro. E hanno fatto centro

Ronald Bukri: dopo importanti maestri come Igles C

Ronald Bukri: dopo importanti maestri come Igles Corelli e Gaetano Trovato, ha ora modo di esprimersi in completa autonomia

Impressionante. È la dimensione della bellezza oppure, invertendo i termini, la bellezza della dimensione del Duomo di Orvieto, cattedrale capolavoro intorno alla quale si è sviluppata questa cittadina umbra, gioiello abbarbicato su uno sperone di tufo.

Poche decine di metri separano questa grande chiesa dal complesso che ospita Coro Ristorante e le nove meravigliose stanze di Palazzo Petrvs, antica dimora nobiliare recuperata con un’incredibile cura per i dettagli. Impressionante è anche l’impatto con la sala e i suoi nove metri di sviluppo verticale.

Il ristorante, di recentissima apertura, è frutto di una lunga attesa ma sicuramente darà soddisfazione sia allo chef Ronald Bukri sia a Francesco Perali, socio e direttore di sala che ce ne ha raccontato la genesi: «Dopo tanto girovagare si è creata l’occasione di aprire un locale tutto nostro a Orvieto e la cosa che più mi inorgoglisce è aver portato qui dei grandi professionisti e la possibilità di far nascere anche altre opportunità per il territorio». 

Francesco Perali

Francesco Perali

Dopo tanti anni a fianco di Gianfranco Vissani per vari progetti, Francesco, da restaurant manager, incontra Ronald da Atman a Villa Rospigliosi ai tempi di Igles Corelli. Due anni e mezzo insieme all’Osticcio di Montalcino, un padrone di casa poco elastico dopo la pandemia e si ritrovano a malincuore a dover chiudere un’attività rodata.

Per aspera ad astra, sarebbe il caso di dire, perché Coro è un luogo dal fascino davvero notevole: ci si trova infatti all’interno di una chiesa sconsacrata del XVI secolo, ex oratorio, intitolata al patrono orvietano San Giuseppe; soffitti altissimi, volta a crociera, spessi muri in tufo e affreschi originali. Tutto recuperato dopo un crollo e consolidato con uno scheletro in ferro prima del sapiente progetto architettonico di Giuliano Dell’Uva che ne ha curato la definitiva rinascita.

Coro come spazio interno e co-ro dall’unione delle ultime lettere del nome di Francesco e le prime di quello di Ronald, segno di una totale condivisione di valori. Bukri, trentasei anni, nato in Albania e cresciuto in Toscana, vanta un curriculum che porta a comprendere la solidità di una cucina di estremo spessore, frutto di una sintesi di esperienze vissute (a partire dalla sua prima stagione estiva in pasticceria da adolescente, da mezzanotte alle sette del mattino), digerite e rielaborate in quella che è una chiave decisamente molto personale.

Chef de partie con Gaetano Trovato da Arnolfo, ancora in Alto Adige da Schoneck con Karl Baumgartner, poi a Il Canto alla Certosa di Maggiano con Paolo Lopriore. Da lì va in Australia come junior sous chef per Guillaume at Bennelong Sydney Opera House; è di nuovo sous chef di Igles Corelli all’Atman di Villa Rospigliosi e ancora di Terry Giacomello all’Inkiostro a Parma, prima dell’apertura a Montalcino con Perali.

Al di là dell’incontrovertibile effetto seduttivo di un’atmosfera sui generis, qui si sta molto bene. A partire dal servizio, agile, sorridente e professionale. Della carta dei vini, in evoluzione ma piuttosto assortita su proposte locali con un interessante livello di profondità, si prende cura Valentina De Angelis.

Valentina De Angelis

Valentina De Angelis

Sul fronte della cucina la mano di Ronald Bukri è una di quelle che trasmette una (felice) tendenza alla centralità del gusto, al servizio del quale si trova una tecnica alta, maturata dal cuoco sia nei suoi anni di esperienze largamente eterogenee sia da avido lettore di ‘sacri’ testi gastronomici. Immediatezza, quindi, dietro alla quale si cela una complessità che emerge dalle sfumature, gestite con eleganza e un uso sapiente degli ingredienti.

Un esempio perfetto è il Gambero rosso con emulsione di miele, limone e olio, erbe amare e cappero, un riuscito gioco sulle grassezze che lascia una sensazione di grande pulizia. Notevole anche il Carciofo cotto sulla brace e condito nell'olio delle sue foglie, servito con uvetta sultanina marinata nel liquore Varnelli con pralinato di pinoli e salsa al foie gras per un boccone di rotonda bontà.

Coro vegetale è un piatto memorabile che nel suo apparire una semplice insalata valorizza ogni singola componente grazie ai tre gel (carpione di cavolo riccio, di barbabietola fermentata e di marinata di olive nere celline) uniti a erbe cotte alla brace, zenzero marinato e radicchietti amari. Pura gola gli Spaghetti Gerardo di Nola mantecati in burro di alpeggio con Parmigiano Reggiano 36 mesi, limone verde e paprika affumicata. Non da meno le Penne leggermente affumicate, servite con salsa di lenticchie di Onano, peperone crusco, salsa di cozze, cozze alla brace e limone nero.

Grande idea anche quella di unire Calamaro e pecora, con il risultato di dolcezza e succulenza che si alternano un boccone dopo l’altro: la pancia della pecora viene marinata 24 ore, cotta 36 ore sotto vuoto e finita sulla brace; il calamaro crudo viene anch’esso leggermente passato sulla brace e il piatto viene concluso con la salsa delle sue interiora e una marmellata di alghe. La parte dolce inizia con una deliziosa Crema leggera al miele, con polline fresco e finger lime macerato nelle sue bucce. Segue un Mont Blanc quasi classico con chantilly, gelato di marroni , pasta di marroni e vaniglia e meringa. Si conclude con una Sfogliata perfetta accompagnata da un pot-pourri di agrumi, mele ruggine e panna al kefir.

Il menu cambia di stagione in stagione ed è articolato in 3 diverse sequenze degustazione (4, 6, 10 portate) con possibilità di scegliere alla carta. Non manca un menu totalmente basato su preparazioni alla brace, dall’antipasto al dessert.


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Marco Colognese

abbandonata dopo i quaranta e senza alcun pentimento una carriera manageriale nel mondo dei servizi finanziari, ha trasformato quello che era nato come hobby in una professione. Sono quindi più di trentacinque anni che scrive di cibo, vino e viaggi per diverse testate di settore

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