22-08-2024
Mauo Uliassi fotografato da Brambilla / Serrani sul bagnasciuga della sua Senigallia
Mauro Uliassi è un cuoco, si sa, ma potrebbe benissimo sedersi dietro a una cattedra, a insegnare storia e geografia. Assaggiando il nuovo Lab 2024 e prestando attenzione e curiosità a quanto arriva in tavola, si possono scoprire aneddoti su aneddoti che partono da alcune considerazioni generali sul Belpaese, per poi concentrarsi sulle Marche.
Tecnicamente, si tratta di un percorso in cui tutti i piatti sono nuovi, tranne Gambero e Rognone, e dove il vegetale continua a essere presente, inserito in un contesto di mare, di “stagni, fossi e paludi” e di cacciagione.
Nel flusso di pensieri di Uliassi e della sua Gang, le basi da cui attingere per il Lab si sono rivelate molto vicine a loro. Racconta Mauro: «Ci siamo accorti che stavamo elaborando un focus sulla cucina marchigiana della costa, com’era nel passato. Il ristorante di pesce non esisteva: nasce negli anni ‘50/’60, col boom economico, dov’era tutto un pullulare di ristoranti vista mare o di chioschi che facevano pesce. Questa non è la vera cucina tradizionale marchigiana, che di pesce poteva contemplare sì e no cinque piatti (cozze e vongole, fritto misto, baccalà, grigliata e brodetto). La gente, in città, mangiava molto di più la carne e il pesce non era un alimento costante nella dieta. L’evidenza di questo è nei ricettari: c’è più terra, che mare. A Senigallia c’era la carne e anche il pesce».
Tutto questo, ovviamente, deve essere finalizzato al gusto del mangiare, oltre che essere conforme allo studio dei cinque sensi tanto caro a chef Mauro, perché: «Senza sensi, non si ha memoria». Uliassi vuole quasi bloccare il tempo e tener fermi sul presente gli ospiti, in un “qui e ora” che ti chiede di restare lì, concentrato e rapito dalle sensazioni multiple che scatena ciò che si mangia, desiderando già il piatto dopo.
Nelle portate c’è tutto un pensiero di piacevolezza, che è ancora più marcata quest’anno, con la bellezza dell’aver usato ingredienti apparentemente dimenticati. Specifica meglio lo stesso Uliassi: «Nel menu ci sono tutti gli elementi naturali del nutrirsi degli abitanti della costa Adriatica. Come ricordava mio nonno, agli inizi del ‘900, ancora prima della costruzione della ferrovia, c’erano tante casupole dei marinai e ognuno di loro aveva l’orto con gli animali da cortile. Dietro a questi insediamenti, c’erano acquitrini, paludi e fossi, da cui si attingevano rane, lumache e selvaggina, che si mangiavano proprio con i prodotti dell’orto, gli animali da cortile e i pesci».
Uliassi si diverte così a mettere sulla tavola elementi quasi scomparsi ed è incredibile notare come alcuni ospiti, che hanno un approccio inizialmente diffidente o teso verso certi ingredienti, li provino e ne restino appagati. «Perché? – si domanda Uliassi - Perché nel nostro DNA abbiamo in memoria questi cibi “ancestrali”, che vengono risvegliati». Contestualizzare le pietanze così è una grande opportunità, che porta a nuovi orizzonti, a nuove consapevolezze e a ragionamenti non possibili prima, ma dettati dalla vita che scorre, dalle esperienze e dalle radici, sempre ben presenti.
Foto Brambilla / Serrani
Abbiamo mangiato, con questo Lab, un’evoluzione delle origini, tanto da poter affermare che dietro al racconto della cucina più tradizionalmente ancestrale di Senigallia, ce n’è un altro: quello dell’incredibile sensibilità di Mauro Uliassi, cuoco, ma anche insegnante di marchigianità.
Wafer di nocciole e fegato grasso e shot di Kir Royale: all’inizio resiste la firma inconfondibile, con, in aggiunta, i Grissini di mais, l’Olio al rosmarino bruciato e il Burro all’aringa
Il pane di Pandefrà (alle alghe e miscuglio evolutivo), i crackers di semi misti e la pizza marchigiana al formaggio
Mandarino, ventresca di tonno, olio di timiz: il primo piatto è un binomio di acidità e grassezza, rigorosamente in quest’ordine. Il mandarino apre le papille e il tonno le avvolge: davvero intrigante
Minestra fredda di limoni e fragole: giunge subito un reset freschissimo per il palato, con alcuni ingredienti a sorpresa, come le olive. È una portata inaspettata in un menù del genere, anche come posizione. Nasce da una consuetudine appresa da un cuoco della Gang: in Sicilia si usa spaccare i “limoni pane” per metterli in teglia con le verdure, a mo’ di insalata
Lumache, crispigni e terroso di muschio: le lumache sono grigliate, ma i protagonisti sono i sentori di terra, sprigionati dalle foglie di begonia, dalle bietole e dai crespigni (erbe di campo cotte). È come pensare alle chiocciole nel loro habitat, ma dentro a un piatto!
Peperone, mandorle e vaniglia: coltivati da sempre in Adriatico, vengono grigliati e tale sentore si sposa molto bene con la vaniglia. Le mandorle danno consistenze diverse (sono simili al cocco), così come il peperone crusco, i cucunci e un purè piccante di peperone. C’è un grande twist tutto vegetale qui
Rane fritte, estragon, pompelmo e spuma di arancia: sono fritte in pastella (in olio) e servite con una spuma di arancia amara, delle erbe aromatiche (tra cui l’erba wasabina, con note di wasabi e balsamicità simile al rafano), una salsa classica alla francese (fatta con succo d’arancia, scalogno e sugo d’arrosto, il tutto ridotto, passato al setaccio e montato al burro). Questo è un altro piatto molto diretto, ma anche goloso e rispettoso degli ingredienti
Baccalà e olio al geranio (sorpresa fuori menù): il pesce è servito crudo e condito con cipolla croccante in agrodolce, acetosella, zucchine croccanti e questo olio al geranio che eleva l’aromaticità (anche se va usato con estrema parsimonia)
Saltimbocca di quaglia alla Senigalliese: l’idea nasce dal piatto classico e racconta una contaminazione. Le famiglie romane, in vacanza nelle Marche, erano solite affittare appartamenti, i cui padroni di casa si spostavano nelle taverne o nei garage per far spazio agli inquilini forestieri. Si creava inevitabilmente una comunella tra famiglie e si mangiava spesso tra tutti insieme, cucinando alternativamente. Ecco quindi i saltimbocca, esportati nelle Marche. Quelli di Uliassi ne rubano l’idea e sono a base di quaglie (e non di vitello), mantenendo una certa goduriosità, grazie all’untuosità della salsa, tirata al vino bianco
Rognone di pecora, gambero freddissimo e noce moscata: niente da aggiungere a questo elogio dei contrasti
Pasta anni ‘70: Paccheri, sugo di pesce, cozze e vongole in guscio, uno scampo in bellavista, il tutto pronto per essere mangiato (anche) con le mani. Questo fuori carta è segno dell’esperienza che diventa storia, generando ricordi, tutti ben presenti in questa cucina
Tagliatella Metodo Massi, tartufo nero e ragù di rigaglie di pernice: quasi un piatto ottocentesco, molto elaborato e sostenuto, ma per nulla stucchevole. Proprio per la sua importanza, è stato collocato alla fine del Lab: non è la prima volta che Uliassi chiude con una pasta.
Granita di albicocche e zafferano. Anche se gli ingredienti sono stagionali, Uliassi riesce a usarli sfruttando le loro diverse conservazioni o forme (conserve, disidratati, in succo…)
Gelato di mandorla, mandorle, caffè e mirtilli: un dolce in bianco, quello firmato quest’anno da Mattia Casabianca. Dominano la freschezza e i toni di caffè, racchiuso nel ripieno, custodito gelosamente dal mantello bianco delle mandorle in varie consistenze
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Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
a cura di
piacentino, classe 1988, ingegnere&ferroviere. Mosso da una curiosità gastronomica continua, ama definirsi “cultore delle cose buone”, essendo cresciuto in una famiglia dove si faceva tutto “in casa”. Crede fermamente nella (buona) tavola come creatrice di legami, generatrice di ottimi ricordi e di emozioni vive. Instagram lucafarina88
Mauro Uliassi, fotografato da Brambilla Serrani per Identità Golose alla Rotonda a Mare di Senigallia
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Mauro Uliassi