28-03-2024
Francesco Preite, patron, chef e sommelier del ristorante Moi Omakase a Prato
Estremo Oriente, Giappone: è la destinazione scelta nell’arco degli ultimi 26 anni ben 70 volte da Francesco Preite, patron, chef e sommelier di Moi Omakase a Prato, che del Paese del Sol Levante ha sempre tanta fame. La prima, primissima volta vi mette piede per soddisfare una curiosità personale: conoscere il lavoro degli armaioli giapponesi. Ma la guerra non c’è, la guerra è bella e finita da un pezzo e così, tutti quegli artigiani che Francesco aspetta di incontrare, hanno ormai rivolto la medesima tecnologia - rimasta immutata nel tempo - all’arte dei coltelli. E dopotutto solo di arte si può parlare: intanto, non è cosa certa che l’armaiolo sia disposto ad accettare la commissione, soprattutto se l’artigiano in questione è un signore che fabbrica al massimo 4 coltelli l’anno e prima di mettersi al lavoro, come un sarto fa per l'abito con il suo committente, dovrà misurarne l’altezza, la lunghezza del braccio e con una sorta di marchingegno, definire la forza e l’impugnatura, cosicché quel coltello non possa che finire nelle mani del destinatario fino a risultare incompatibile a chiunque altro provi a manovrarlo. «Ci vediamo tra due anni e mezzo»: questo il tempo di attesa per quell'oggetto sacro che oggi Preite custodisce alle spalle del banco di Moi, il suo omakase nel cuore di Prato. Già, perché conosciuta l’arma, il passo immediatamente successivo consiste nel saperla utilizzare, dandole un'utilità pratica. Quindi? Quindi, sushi, nigiri, pesci, e inevitabilmente, riso, soia, wasabi, sake, aceti, verso i quali Francesco esercita una devozione quotidiana nel suo tempio pratese accompagnato ogni sera da un massimo di 10 ospiti.
La pratica, però inizia lontano dalla cittadina toscana (l’unica eletta per la sua visione di ristorazione che andrebbe perdendosi in centri più grandi, perché in fondo chi ha desiderio di scoprire, un viaggio fino a Prato lo affronta ben volentieri): Francesco viaggia, viaggia costantemente verso la patria che ha plasmato il suo mestiere, il Giappone, lì dove anno dopo anno alimenta la sua conoscenza catalogando specie su specie di pesci, molti dei quali non vedremo mai nei nostri mari; sull'isola nipponica hanno provenienza atlantica e perciò sono caratterizzati da una marcata salinità, il che motiva la necessità di ripristinare gli equilibri con soia e wasabi. In Italia, invece, lo scenario cambia totalmente perché ciascuno dei mari che bagnano il Bel Paese, offre anche attraverso la medesima specie di pesce, risultati totalmente diversi: alcune carni sono più dolci, altre più amare o saline; oscillazioni di intensità, sali e scendi e, quindi, un uso diversificato e della soia e del wasabi. Per quanto riguarda la prima, viene dosata sul nigiri direttamente da Preite che utilizza una tipologia non pastorizzata, molto meno sapida rispetto alle versioni più commercializzate, che va ad adattarsi di pesce in pesce provvedendo ciò di quanto necessita: «La salsa di soia non è pastorizzata; per cui, non essendo cotta, non ha bisogno di sale e la sua funzione muta in virtù di ciò che a essa abbiniamo. Con una capasanta, per esempio, la salsa assimila la salinità oceanica, mentre con un’orata del Mediterraneo diventa delicatissima e a tratti quasi scompare».
La capasanta di Moi Omakase arriva dalla prefettura di Hokkaido, la più fredda in assoluto in Giappone. La sua particolarità? Nascendo in un habitat dal clima particolarmente rigido, non riesce a sviluppare massa muscolare; di conseguenza non ci sarà masticazione, si scioglierà completamente in bocca. Viene servita con salsa di soia
Il wasabi invece è molto più raro da trovare nel corso della degustazione, aggiunto solo se funzionale all’assaggio: lo incontriamo, per esempio, nel nigiri di ombrina di Lerici, dalla struttura muscolare molto decisa e una concentrazione di sale importante, a cui viene conferita profondità con un’affumicatura persistente al legno di ciliegio; ecco che, quindi, occorre una spinta, calore, per poi approdare alla freschezza. Il wasabi esplode, riempie il palato che si infiamma, ma tutto dura pochi istanti; il segreto per dominarlo consiste nel continuare a masticare: basterà una manciata di secondi e avremo riposo, godendo di quel soffio fresco che lascia uno spazio più contenuto al fumo di ciliegio.
Ma partiamo dalle basi: come mangiare un nigiri al meglio.
Nigiri di tonno rosso
Il riso Dimentichiamo quelle montagne che ritroviamo negli all you can eat (suono stridulo per Preite); in questo tipo di insegna, la preparazione prevede una buona dose di zucchero che, depositandosi nello stomaco, a contatto con i succhi gastrici fermenta e subentra repentina la sensazione di sazietà, esattamente ciò che i gestori di un ristorante desiderano per i loro ospiti. Alla luce di ciò - comprendiamo al banco di Moi - è il riso l’elemento che fa la differenza nell’esperienza, determinando il completo godimento del pasto, senza appesantire, agevolando l'ospite nell'affrontare numerosi passaggi nel corso dei quali sentiremo il chicco di riso sotto ai denti, sempre in maniera diversificata. Nulla lasciato al caso ovviamente: Preite, infatti, unisce tre risi della stessa tipologia che si differenziano, però per stagionatura; ricava così una miscela molto particolare mescolando riso invecchiato un anno, tre anni fino a 7 anni, condito con aceto di riso che penetra i chicchi non tostati lasciando una sottile nota acidula. La varietà stagionata 3 anni, invece, subisce una leggera tostatura di circa 20 minuti, prende carattere e sarà inconfondibile riconoscerlo grazie a un mordente più definito, tenace.
Tanto potremmo raccontare ancora, ma sciuperemmo tutto ciò che è meglio cogliere e raccogliere attorno a quel bancone: aneddoti, la sensibilità del tocco, la cultura che muove dietro ogni preparazione, accompagnata sempre da semplici ma efficaci indicazioni per gustare ogni boccone nella maniera più convenevole, come l’atto di lasciare sciogliere sul palato, senza morderla, un capasanta di Hokkaido, grassa, cremosa, avviando la degustazione in purezza e poi intinta nella soia, quindi libertà: è la preferenza dell’ospite, almeno in questo caso, a definire il prosieguo. Moi non è il tentativo di imitare, bensì desiderio di condividere; non è una posa, non è nemmeno una recita; è l’esperienza di Francesco, i suoi viaggi; è conoscenza che elargisce, a bocconi, dalle sue mani all'ospite.
Alcuni dei nostri assaggi da Moi Omakase a Prato
Zuppa di miso Ben due miso (una parte più sapida, l’altra più dolce e delicata) a cui Preite aggiunge l'alga wakame – solitamente fresca – in questo caso, viene selezionata una versione disidratata, dunque risulterà più croccante, a tratti callosa: è il passaggio che apre il pasto, scalda il commensale e scatena la salivazione a mille, componente importante dell’intera degustazione
Il polpo è carnoso; viene condito con olio extravergine di oliva dell'Impruneta, blend di moraiolo e leccino, profumato, persistente, e furikake, l'insieme di spezie usate per condire il riso a colazione, qui completamente vegetale, con una base di wasabi disidratato
Ostrica e cipolla di Tropea L’ostrica viene cotta a vapore utilizzando un sake molto leggero; si scalda l’acqua di mare contenuta all’interno del guscio che si schiude a poco a poco; l’ostrica, subita così la prima cottura, viene abbracciata dalla nota leggermente amara e alcolica del sake e servita con il suo liquido di cottura, poi rinforzata dalla cipolla di Tropea leggermente salata. Più che nel corpo, è nel liquido che sentiamo forte e chiaro il richiamo di mare
Non solo sushi, ma anche sake a volontà e una carta di vini che esclude rigorosamente i rossi, inadatti al percorso degustazione studiato da Preite
Uova di salmone e alga Le uova subiscono un primo lavaggio con salsa di soia che elimina la parte salata, marina, lasciando una leggera nota vegetale; il secondo lavaggio, invece, avviene con il sake, per cui resta una piccola parte alcolica
Nigiri di ombrina di Lerici
Anguilla, ovvero quella portata di cui Preite svela la vera identità solo dopo che il commensale l'abbia assaporata per non condizionarlo, lasciando che ne apprezzi la bontà
La Pesca di Prato, una specialità della Pasticceria Nuovo Mondo a Prato: due piccole brioche ripassate nello zucchero semolato e unite da uno strato generoso di crema pasticcera, immerse il giusto in una bagna a base di alchermes
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
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Classe 1991. Irpina. Si laurea in Lingue e poi in Studi Internazionali, ma segue il cuore e nella New Forest (Regno Unito) nasce il suo amore per l'hospitality. Quello per il cibo era acceso da sempre. Dopo aver curato l'accoglienza di Identità Golose Milano, oggi è narratrice di sapori per Identità Golose. Isa viaggia, assaggia. Tiene vive le sue sensazioni attraverso le parole.
AJI è il delivery e take-away indipendente fondato a Milano nel 2018 da Claudio Liu e Federico Zhu con una prima sede in Via Piero della Francesca 17 a Milano e ora si bissa in Via Lamarmora 36, sempre a Milano
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