07-12-2023

La Cucina: a Rho non è il solito ristorante

In pieno covid, Gaetano Marinaccio ha rilevato una vecchia caffetteria, chiamato uno chef campano e costruito un'insegna fine dining di personalità. Il racconto

Il cuoco Alfonso Daviducci e il patron Gaetano M

Il cuoco Alfonso Daviducci e il patron Gaetano Marinaccio de La Cucina: non è il solito ristorante, Rho (Milano)

C’è una poesia di Gianni Rodari che tanti anni prima del polo fieristico milanese ha fatto conoscere agli italiani l’esistenza di Rho: “Per colpa di un accento / un tale di Santhià / credeva di essere alla meta e invece era alla metà. / Per analogo errore / un contadino a Rho / tentava invano di cogliere / le pere da un però”. In realtà sulle mappe dei milanesi questo paese non ha mai avuto la popolarità di altri centri dell’hinterland, anche se negli ultimi anni qualcosa è cambiato. La Fiera ha portato allo sviluppo di strutture ricettive e finalmente agli alberghi di livello inizia ad affiancarsi anche il fine dining. È proprio da questa esigenza che nasce “La Cucina: non il solito ristorante”, un locale da 25 posti in cui si sta bene e si mangia meglio.

Riavvolgiamo il nastro. La Cucina nasce il 15 ottobre 2020 come bistrot grazie a un’idea di Gaetano Marinaccio, che gestiva una struttura ricettiva e che a forza di sentirsi chiedere consigli su un posto dove andare a cena decise di costruirlo lui stesso, rilevando una vecchia caffetteria. Eravamo proprio all’inizio del secondo lockdown per il covid, quindi quella prima apertura durò una manciata di giorni, per poi andare avanti altri due anni in maniera ancora provvisoria. Nel gennaio del 2023 è stato assunto lo chef campano Alfonso Daviducci, classe 1989, con esperienze in varie insegne di alto livello tra cui Le Trabe di Capaccio-Paestum. Ora chef e patron stanno cominciando a raccogliere i frutti di un durissimo lavoro fatto di ricerca, di tentativi, di notti insonni. Un ristorante che punta molto sui menù degustazione (sono 4 diversi a cui si aggiungerà presto anche un quinto menù vegetariano) e che oltre a una cantina di livello curata da Gaetano in prima persona (diversi e molto interessanti i vini al calice) propone anche una selezione di una quindicina di olii evo monocultivar e un vassoio dei panificati (improprio chiamarlo cestino) che sprigiona fragranza anche a metri di distanza.

Le origini campane di Alfonso e Gaetano incidono in piccola parte sulle scelte del menu, molto più influenzato dai molteplici viaggi di entrambi. E c’è molta destrutturazione subito a partire dagli amouse buche che arrivano in tutto il loro splendore: chips di alghe, cannoncino salato, arachidi destrutturate con gel di crodino, spugna di olive con salsa Teriyaki, bacio di dama al parmigiano, finto pomodoro, ananas in osmosi e infine shottino di caprese, un liquido trasparente all’interno del quale galleggia un ovetto che al gusto si rivela una trasformazione della mozzarella affumicata. Una partenza a razzo che Alfonso rinforza però con un piatto sperimentale, una patata croccante cotta sulla cenere e sfumata con la senape rifinita con tartufo nero d’Abruzzo. Quasi pleonastica la domanda se sia il caso di inserirlo nel menù e nei percorsi di degustazione. Certo che è il caso.

E qui si comincia a fare sul serio. L’antipasto è “La nostra idea di parmigiana”, in cui l’ingrediente principale, la melanzana ovviamente, viene prima fritta e poi brasata, prima di essere accompagnata da una riduzione di pomodoro e da una gustosissima provola. Qui si vede qualche traccia di cucina campana, così come nel primo dei primi piatti, un tortello ripieno di Genovese (quella che si mangia a Napoli, con cipolle addolcite e cappello del prete stracotto), arricchito dal peperone crusco e appoggiato su una fonduta di pecorino. In un attimo, poi, dalla Campania si vola in Lombardia con un sontuoso risotto giallo, preparato con uno zafferano prodotto a Cornaredo (due passi da Rho) e Parmigiano a lunga stagionatura, a cui si aggiunge un tocco che lo rende unico nel suo genere: il polline, che gli conferisce un gusto del tutto originale. Un piatto che ha un impatto fortissimo già a livello olfattivo.

Non può mancare un po’ di mare nel repertorio di uno chef campano. Eccolo arrivare con il secondo piatto, la “Porchetta di mare”. Un filetto di sgombro porchettato con la Cinta senese, a cui si aggiunge la cosa dello stesso sgombro in tempura, da mangiare rigorosamente con le mani, accompagnato da spinaci dolcissimi e da una crema di topinambur che rende il tutto estremamente equilibrato. Si avvicina il gran finale, che si chiama “petit four” ed è una fantasia di pralineria e piccola pasticceria, preceduto da un delizioso sorbetto di cocco e ananas su cui vengono distribuite polveri di mentuccia, zenzero e peperone, con la chicca aggiuntiva di un gel al pino mugo. L’applauso scatta spontaneo, il percorso vale più della strada per arrivare da Milano, più della ricerca del parcheggio nei paraggi, più del pensiero di dover ritrovare la strada del ritorno. Vale tutto questo e tanto altro, compresa la promessa di un ritorno al più presto.

La Cucina: non il solito ristorante
via Porta Ronca, 86
Rho (Milano)
+39338 8297514
Menù Degustazione: “Conosciamoci” (3 portate) 50 euro, “A mano libera” (3 portate scelte dal cliente più tre calici di vino) 65 euro, “Degusterò” (7 portate) 70 euro; “Materia” (9 portate) 85 euro.
Alla carta: 1 portata 35 euro, 2 portate 50 euro, 3 portate 65 euro


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Enzo Palladini

Enzo “Charles” Palladini (Milano, 1965) è un giornalista della redazione sportiva di Mediaset dal 2002 dopo una lunga permanenza al Corriere dello Sport-Stadio. Una vita in 4 f: Family, Football, Food (& drink), f…. rock music

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