23-07-2023
Continua il nostro dibattito sul futuro della cucina d'autore. Dopo l'articolo introduttivo (Quale futuro per la cucina d'autore? Noi d'Identità lanciamo il dibattito, fissando qualche paletto), e i contributi di Andoni Luis Aduriz, Chicco Cerea, Matteo Aloe, Antonia Klugmann, diamo spazio ai ragionamenti e alle esperienze di Chiara Pavan e Francesco Brutto, coppia nella vita e nel lavoro a Venissa, wine resort di proprietà della famiglia Bisol, con Osteria e Ristorante, sull'isola di Mazzorbo (Venezia)
Un laboratorio in continua evoluzione. Studio e ricerca sulle fermentazioni, sulle maturazioni del pesce, sulla valorizzazione delle materie prime di prossimità. Riduzione al minimo di plastica e sprechi alimentari, vini naturali da tutto il mondo, riflessioni e azioni sulla qualità della vita del personale e sull'obiettivo della totale parità di genere. Per raccontare la filosofia di Venissa, l'insegna (con ristorante gastronomico e osteria) guidata dai due chef Chiara Pavan e Francesco Brutto, non ci si può fermare a un elenco di piatti, all'illustrazione di un menu.
Ecco perché, proseguendo nell'ospitare su queste pagine idee e ragionamenti sulle prospettive attuali e future della cucina d'autore, parlare con Pavan e Brutto significa poter porre loro alcuni interrogativi molto attuali. E parlare, ad esempio, di compatibilità tra la sostenibilità economica di un'azienda di ristorazione e le pratiche di sostenibilità, ambientale e umana, messe in atto dalla stessa azienda.
Chiara, Francesco, partiamo da una domanda diretta: secondo voi è vero che quello che qualcuno chiama "fine dining" sarebbe moribondo?
FB: Speriamo di no! Se fosse vero noi staremmo per finire sul lastrico...
CP: La risposta semplice potrebbe essere un "no", ma la questione è complessa. Perché sono tanti i fattori da considerare: sicuramente oggi c'è un'offerta di alta cucina superiore a qualche anno fa, quindi c'è più concorrenza, mentre la domanda viene influenzata da diverse contingenze. Non stiamo attraversando un momento economicamente semplice, il turismo ha un andamento altalenante, meno costante di qualche anno fa: per questi motivi abbiamo faticato un po' di più. Inoltre sono cambiate anche certe tendenze culturali, di gusto: c'è una richiesta maggiore di sapori rotondi, accoglienti, appaganti. Per certi versi più semplici. Ma sono tendenze che anche la cucina d'autore può interpretare benissimo, non sono minacce alla sua sopravvivenza.
FB: Nuovamente, sono tanti i fattori in gioco. Dove si trova il ristorante, ad esempio. Questioni come il costo delle materie prime, dell'energia, del personale, sono molto complesse. Però è anche importante, oggi, ribaltare il punto di vista: il nostro obiettivo è far stare bene le persone che lavorano con noi, trattare bene l'ambiente in cui viviamo e lavoriamo, pensare alla salvaguardia dell'ambiente in senso generale. Il nostro compito è chiederci come possiamo rendere remunerativo un approccio come questo.
CP: Finalmente oggi ci dobbiamo porre questioni come la sostenibilità ambientale e la sostenibilità umana. Intanto però il mondo che ci circonda, e il mercato del fine dining, non sono cambiati molto: quindi si deve cercare di raggiungere l'equilbrio, in più tenendo in conto questi due nuovi fattori. Per noi sostenibilità ambientale significa ad esempio lavorare a chilometro zero, escludere ogni grande distributore di materie prime dai nostri fornitori, lavorare con prodotti di scarto: questo abbassa il food cost, ma aumentano le ore di lavoro che servono per la lavorazione degli ingredienti. Poi c'è il welfare dei dipendenti: per questo il nostro ristorante chiude due giorni alla settimana, per dare il giusto riposo a chi lavora in cucina. Chi sta in sala ha turni di otto ore, quindi servono più persone: questo significa alzare il costo del personale. Se si vuole essere sostenibili, sia verso l'ambiente che verso le persone che lavorano con te, è più complicato. Detto questo, in senso più generale le sorti di un ristorante dipendono da molti elementi: torniamo all'economia, al turismo, al luogo in cui ti trovi. Lo stato di salute della ristorazione è strettamente legato allo stato di salute della società e della comunità in cui si trova un ristorante.
Rapana & curry di laguna, uno dei piatti del menu 2023 di Venissa (su cui presto leggerete su queste pagine un lungo racconto a cura di Gabriele Zanatta). Come si legge sui social del ristorante, "la Rapana Venosa è un gasteropode diventato invasivo in laguna e all’Alto Adriatico. A questa specie come di altre specie invasive Chiara Pavan e Francesco Brutto stanno dedicando la loro ricerca, declinandoli in piatti sorprendenti che, allo stesso tempo, contribuiscono a preservare l’integrità dell’ambiente"
CP: Sì, c'è un'evoluzione in questo senso, ma non potrà essere rapida, ci vorrà del tempo perché i risultati siano concreti. Se vogliamo avere un ruolo attivo, critico, rispetto a quello che sta succedendo oggi, in particolare alla crisi climatica, questo è l'unico approccio possibile. I nostri ospiti lo percepiscono, da parte nostra lavoriamo molto nel comunicare quello che facciamo, ma ci vorrà tempo. Funzioniamo bene anche perché siamo una realtà composita: richiamiamo chi ha interesse per il vino, chi vuole dormire nelle nostre stanze, chi frequenta l'osteria, chi il ristorante gastronomico. Però è quest'ultimo a rappresentare il traino più consistente. E' il fine dining a mandarci avanti, ma non solo: per noi è decisamente più semplice essere sostenibili con il ristorante gastronomico che con l'osteria.
CP: Come dicevo prima, il food cost è sensibilmente più basso. E' vero che per trasformare certi ingredienti considerati di scarto serve più lavoro, quindi costi superiori di personale, questi però vengono equilibrati dai prezzi più alti che puoi chiedere per i tuoi menu. In osteria il food cost è sensibilmente più alto, inoltre la clientela media di quel format di ristorazione ha aspettative diverse rispetto a quello che vuole mangiare. Pensiamo al pesce: per rispettare il nostro obiettivo di sostenibilità ambientale, non compriamo pesce che arriva dall'Atlantico, ma usiamo solo pescato dell'Adriatico, e il costo cresce notevolmente. Parliamo insomma di una proposta gastronomica più costosa e meno sostenibile. Anche pensando al welfare del personale è diverso, perché cambiano i ritmi di lavoro: l'osteria è sempre aperta quindi i riposi e le ferie sono a turno, è un modello più impegnativo. Questo ovviamente se si vuol tenere fede agli obiettivi che dicevamo prima: sostenibilità ambientale e umana. Disinteressandosi di uno dei due, se non di entrambi, il discorso cambia del tutto.
Vedute aeree dell'isola di Mazzorbo, dove si trova Venissa
FB: Partiamo da una selezione molto attenta, molto mirata. Per evitare i pregiudizi di genere, io e il nostro direttore Diego facciamo una prima selezione dei curriculum, avendo come indicazione di partenza il rispetto della parità tra uomini e donne, 50 e 50. Poi escludiamo le parti anagrafiche e li passiamo a Chiara, che fa una seconda selezione sulle esperienze e le competenze, ma senza vedere i dettagli anagrafici, per non essere influenzata nelle sue scelte. Il nostro imperativo è avere sempre squadre miste, non può succedere che ci siano brigate di solo uomini o solo donne, è fondamentale: negli anni abbiamo visto che rispettando questi equilibri si lavora molto meglio.
CP: In seguito passiamo ai colloqui telefonici, cerchiamo di capire le motivazioni delle persone, per poi passare a un test di tre giorni qui a Venissa. E' importante che chi viene a lavorare da noi sperimenti le condizioni in cui si troverà: siamo su un'isola, si lavora e poi si torna negli alloggi che mettiamo a disposizione dei dipendenti, non è un elemento da trascurare. Gli alloggi sono belli, sono quasi tutte sistemazioni singole, ma si tratta di vivere in una realtà particolare. Anche per questo cerchiamo di fare del nostro meglio per promuovere la socialità tra di loro, e anche con noi in prima persona, è molto importante stare davvero "insieme". Questa condivisione genera serenità ed entusiasmo.
FB: Ogni tanto succede: spesso sono persone che arrivano dall'estero, ma soprattutto sono persone di una certa età. Sono poche però, perché sta anche cambiando la percezione di cosa sia il lusso.
CP: Francesco ha toccato un punto importante: l'evoluzione di quello che chiamiamo lusso. Il nostro è un lusso diverso, è fatto ad esempio di una sala grande e suggestiva, di fronte all'acqua. Di un contatto stretto con i clienti, di un rapporto intenso che deriva dal fatto che la cucina si trova direttamente in sala. Siamo in tanti, si respira un'atmosfera serena, non offriamo un servizio impostato e formale, ma raccontiamo in modo molto attento ogni aspetto del nostro lavoro, offrendo anche l'occasione per riflettere sulle tematiche che ci stanno a cuore. Con Francesco siamo stati in Perù ed è proprio vero che Virgilio Martinez oggi è il numero uno: quando frequenti i suoi ristoranti certamente mangi molto bene, ma soprattutto l'esperienza che fai è stratosferica e molto contemporanea, perché visiti luoghi speciali, incontri persone che ti raccontano storie interessanti, inedite, che ti fanno arrivare messaggi importanti. Si è detto spesso che il fine dining dovesse offrire un'esperienza, io credo che oggi il lusso sia poter proporre un'esperienza davvero concreta.
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
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Giornalista milanese. A 8 anni gli hanno regalato un disco di Springsteen e non si è più ripreso. Musica e gastronomia sono le sue passioni. Fa parte della redazione di Identità Golose dal 2014, dal 1997 è voce di Radio Popolare Instagram: @NiccoloVecchia
Pancake alle biete è il Piatto della bella stagione di Chiara Pavan, cheffe del ristorante Venissa assieme al compagno e co-chef Francesco Brutto, a Mazzorbo nella Laguna di Venezia
La superba e geniale sala con un grande e nuovo tavolo pronto ad accogliere novanta ospiti dell'edizione 2024 di FoodExp a Lecce. Foto Carmen Mitrotta
Alla fine della doppia masterclass, la foto di gruppo: da sinistra, Francesco Brutto, Chiara Pavan, Davide Guidara e Carlo Passera, che ha condotto la lezione (Tutte le foto sono di Brambilla / Serrani)