«Ah ma non ci fermiamo mica! Lasciamo passare questo periodo difficile e poi saremo di nuovo al lavoro, i progetti sono tanti», dice Erminio Alajmo, 75 anni ben portati, una vita nella ristorazione, vi entrò come cameriere del ristorante Moretti di Udine quando ancora era minorenne, subito dopo aver frequentato l'istituto tecnico Malignani nella stessa città, lui che era nato a Parma nel 1945. E dunque c'è ancora più di una speranza di poter assaggiare la sua mitica tartare preparata al tavolo, piatto che è entrato nel mito; ma non sarà più possibile farlo a La Montecchia, tre giorni e si chiude tutto e per sempre, un addio che era stato programmato per fine 2021 ma poi l'emergenza Covid ha consigliato di anticipare i tempi.
Una storia lunga oltre un quarto di secolo che va a concludersi: era il 15 marzo 1994 quando
Erminio con la moglie
Rita Chimetto - unione immarcescibile la loro, dura dal 1967 - decisero di prendere in gestione il ristorante del
Golf Club della Montecchia, meno di sette chilometri da quel
Le Calandre che avevano fondato nel 1981. L'anno precedente erano successe due cose che li avevano spinto a quella scelta: l'arrivo della prima stella a Rubano e il ritorno dalla Francia (dove aveva lavorato con
Marc Veyrat e
Michel Guérard) del figlio minore
Massimiliano, «era giunto il momento di dare a lui e a
Raffaele tutta l'autonomia necessaria per potersi esprimere e crescere, l'uno in cucina e l'altro in sala».
La Montecchia era la destinazione ideale: «Un locale con una bellissima sala e che permetteva delle capienze enormi. Allora la banchettistica andava forte...», come a dire che il calo di questi ultimi anni, accelerato poi dalla pandemia, spiega tanto della decisione di dire stop.

Erminio Alajmo, papà di Raffaele, Laura e Massimiliano
Non è un caso se, chiedendo a
Erminio Alajmo l'episodio che ricorda con maggior piacere in questi 26 anni di storia del locale, lui risponde senza tentennamenti: «Un grande evento del 2010 mi pare. Un record». E che evento! Imbandito per
Slow Food, presente
Carlin Petrini e una marea, anzi un oceano di invitati: circa 700! «
La Montecchia era ed è l'unico ristorante di tutta l'area in grado di poter ospitare, a ottimo livello, delle serate di gala importanti, con tanti commensali, rispettando le tempistiche e servendo qualità». Ma 700 sono davvero tanti... «Basta organizzarsi. Si devono studiare tutti i particolari. Come si regge un afflusso così importante? Creando un percorso, in modo che la gente non si accalchi. Nel salone grande c'erano tante isole gastronomiche con i piatti caldi, ognuno aveva il suo bicchiere a tracolla, poi poco più in là c'erano le ostriche e il pesce, passando per il ballatoio raggiungevano la sala del biliardo col "casolino", ossia formaggi e salumi, quindi si scendeva in terrazza dove trovavano la griglia», e così via. Tutto in movimento.

Erminio Alajmo mentre prepara al tavolo la sua tartare
Se si parla de
La Montecchia è impossibile non citare un suo piatto ormai cult, la mitica
Tartare di Erminio. Da qualche si legge che questa versione celeberrima sarebbe nata nel 1981: «Macché! La facevo già quando ero a
Le Padovanelle, nel 1967 (di Ponte di Brenta, Padova. Primo indirizzo del quale
Erminio è stato direttore, ci ha lavorato dal 1967 al 1981. E anche prima stella Michelin,
ndr). È un piatto classico, ognuno ha il suo metodo». Quello di
Erminio ha sempre suscitato enormi consensi: battuta di fassona piemontese e poi 16 condimenti (succo di limone, cetrioli, capperi, scalogno, acciughe, pepe verde, prezzemolo, senape, ketchup, soia, cognac, sale, peperoncino, tuorlo d'uovo, olio extravergine) in proporzione variabili rispetto ai gusti, «son cose che si capiscono al tavolo: più olio o meno olio, più senape o meno senape», l'esito comunque perfetto, cremoso, intenso, succulento, «mi ricordo di una signora milanese, "ah, io non mangio carne cruda". "Ma signora, la provi, io ci metto anche un po' di limone...". E da quel giorno tutte le volte che è tornata non ne poteva fare a meno », ridacchia Erminio.

Coscia d’oca caramellata con crema di patate, semi, germogli ed erbe scottate

Gnocchi di rape rosse, salsa Roquefort
Poi, altre preparazioni delle quali
Erminio va fiero: «Il nostro cavallo di battaglia è la
Coscia d’oca caramellata con crema di patate, semi, germogli ed erbe scottate. Cottura sottovuoto per 24 ore, la carne viene sgrassata al massimo, risulta morbida ma mantiene tutti i sapori. Poi gli
Gnocchi di rape rosse, salsa al Roquefort; e i risotti (sull'ultima carta un
Risotto con cime di rapa, broccoli e tartufo bianco,
ndr)». Più recentemente, dal 2015, anche tante specialità vegetariane, «ci siamo voluti specializzare anche su quel versante. All'inizio c'era scetticismo, al che io replicavo: "Ma scusate. Siamo in Veneto, pensiamo a tutti i nostri risotti: con i bisi, con gli asparagi, coi bruscandoli...". È solo una questione di mentalità e di abitudini; la nostra
Millefoglie di verdure d’autunno con salsa al tartufo nero e chips di topinambur è buonissima».
La Montecchia è stata anche una palestra di giovani talenti, come Andrea Valentinetti, ora al Radici di Padova, e soprattutto Enrico Bartolini. Spiega Alajmo: «Quando iniziò da noi ebbi delle discussioni con lui: si dedicava solo alla cura del piatto, snobbava la banchettistica. Poi ha imparato e credo gli sia servito», altra risata.

Lo staff de La Montecchia. Da sinistra Annamaria Radicci (sous chef), Mauro Meneghetti (restaurant manager), Simone Camellini (chef) e Manuel Marconato (sommelier)
E, parlando di chef a
La Montecchia, non possiamo che finire dando la parola a
Simone Camellini, che ha retto la responsabilità della cucina in tutti questi ultimi anni. Ci racconta: « Sono arrivato qui nel 2002. La cucina al tempo era seguita dalla signora
Rita che, insieme a
Erminio Alajmo, mi ha trasmesso grande amore e passione per la gastronomia. Avevo insomma iniziato un nuovo viaggio, che mi ha portato a crescere sotto tutti gli aspetti, a conoscere tantissime persone e a lavorare con loro. Spero di aver lasciato qualcosa di buono a ognuno, come loro hanno fatto con me. Potrei raccontare tantissime esperienze che hanno segnato il mio percorso, alcune le porto nel cuore. Qualche anno dopo il mio arrivo, la signora
Rita si ritirò e io le subentrai ai fornelli sotto la supervisione di
Massimiliano. Ed è proprio insieme a lui, con tanto impegno, tanto studio, tanta collaborazione, che le guide iniziarono a notarci. Il ricordo più bello arriva con la stella Michelin nel 2008. Un onore e una gioia per la carriera di ogni cuoco. Un’altra esperienza che voglio citare è stato il 25º anniversario del ristorante, lo scorso anno: che meraviglia
La Montecchia vestita a festa, vedere le persone invitate restare a bocca aperta quando entravano, accolte da tutta la famiglia
Alajmo. È stato bellissimo». Insomma: «Diciotto anni passati qui sono stati un viaggio entusiasmante, che oggi termina lasciando ricordi ed esperienze stupendi. Ma adesso, via a un nuovo percorso. Sempre con la famiglia
Alajmo».

Per finire, una carrellata di altri piatti de La Montecchia. Molti sono vegetariani... Qui Battuta di carote e barbabietola

Crudo di gamberi rossi al carbone con carciofi fritti e salsa al pistacchio

Polpo al vapore con crema di patate all’olio, capperi di Pantelleria e limone

Uovo soffiato con tartufo nero e spinaci

Penne di farro aglio olio e peperoncino con polpette di legumi e ristretto di verdure

Risotto barbabietola, pepe verde e curry nero

Baccalà Mantegnato (piatto ad ispirazione rinascimentale dedicato ad Andrea Mantegna)

Barbabietola travestita da petto di piccione, con radicchi amari, tartufo nero e crema di mandorle alle erbe

Erminio Alajmo, papà di Raffaele, Laura e Massimiliano