Il suo habitat naturale è l’accoglienza, la comfort zone tra le pareti rassicuranti della Locanda Rocco, ristorante/hotel e piccolo gioiellino di Sirolo (Ancona) di cui è proprietario, gestore e anima insieme alla bellissima moglie Daria. Per sua stessa ammissione, Giorgio Tridenti non è sempre a suo agio quando si ritrova a dover affrontare discorsi in pubblico, figuriamoci poi se circostanze come quella di poche sere fa richiedono di mettersi a nudo e palesare i propri sentimenti più intimi. Perché ci sono eventi davvero diversi dagli altri, che sprigionano con la loro essenza una carica emotiva davvero troppo forte, talvolta ingestibile per chi la vive sulla propria pelle: troppo stretto il nodo in gola, troppi i palpiti del cuore.
“Sognare con Francesco” è il motivo della nostra ultima, recente visita su quelle morbide colline marchigiane fronte mare: la prima di una serie di 8 cene d’autore - quest’anno alla seconda edizione - iniziativa fortemente voluta da Giorgio per ricordare suo figlio, prematuramente scomparso il 26 dicembre 2017 in un terribile incidente stradale, per mantenere vivo il sogno del ragazzo di diventare cuoco e, forse, per alleviare con questo gesto il dolore del pugno sullo stomaco più grave, che un padre non dovrebbe mai provare nella vita.

Il menu dedicato a Francesco
Aveva 21 anni
Francesco, e si stava avviando a diventare un professionista della ristorazione seguendo l’iter di molti suoi colleghi e coetanei: una mano all’attività di famiglia, poi gli stage fuori. Da
Vincenzo Cammerucci al
Camì, dopo il quale tornò con una profonda impostazione e un deciso cambio di passo; l’ultimo cronologico nella campagna maremmana di Montemerano, nella brigata di una grande cuoca italiana:
Valeria Piccini di
Caino.
L’idea anche quest’anno è quella di aprire le cucine della
Locanda ad alcuni chef di caratura internazionale che sono stati maestri e fonte d’ispirazione per il giovane cuoco, per realizzare delle cene speciali che si terranno per tutta la seconda parte del 2019 e il cui ricavato andrà a finanziare una borsa di studio della durata di un anno alla
Niko Romito Formazione di Castel Di Sangro, per dare a un alunno meritevole l’opportunità di formarsi e di vivere il proprio sogno, così come avrebbe fatto
Francesco. “Il nostro desiderio è mantenere viva la passione di Francesco: con queste cene di beneficienza vogliamo regalare a un giovane volenteroso un futuro da cuoco”. “Per noi è insieme un modo per ricordare mio figlio e per guardare al futuro” spiegano
Daria e
Giorgio.
È stato proprio lo chef abruzzese
Niko Romito a inaugurare il ciclo con il meglio della brigata del
Ristorante Reale (il fidato
Dino Como,
Antonio Angelini,
Michele Panzeri, la pastry chef
Daniela di Michele), un menu sempre illuminato che ha portato a tavola alcuni dei piatti “romitiani” più iconici dell’ultimo decennio come Assoluto di cipolle, il Cavolfiore gratinato, il Manzo torbato e il dessert Essenza (vedi il dettaglio nelle foto sotto). «Sono felice di aver accettato, insieme ai miei colleghi, per dare subito il mio contributo», è il commento di Romito. «La causa è nobile, così come l’intento: noi chef sappiamo cosa c’è dietro questo lavoro e l’iniziativa
Sognare con Francesco fa grande onore alla famiglia
Tridenti, la cui generosità permetterà a un giovane cuoco di crescere professionalmente, oltre che a tenere viva la memoria di
Francesco, andatosene troppo presto».

Dino Como, braccio destro di Niko Romito
Le prossime date e i protagonisti:
sabato 8 giugno:
Josean Alija (
Nerua, Bilbao)
mercoledì 24 luglio:
Valeria Piccini (
Da Caino, Montemerano)
mercoledì 18 settembre:
Vincenzo Cammerucci (Camì, Savio)
lunedì 7 ottobre:
Karl Baumgartner (
Schöneck, Molini di Falzes)
sabato 12 ottobre:
Sven Chartier (
Saturne, Parigi)
martedì 22 ottobre:
Riccardo Camanini (
Lido 84, Gardone Riviera)
martedì 17 dicembre:
Accademia Niko Romito (Castel di Sangro)
Info e prenotazioni
Locanda Rocco
+393391619644
info@locandarocco.it

Manzo: Cotto al vapore, marinato nelle spezie e poi affumicato. La parte grassa è la più interessante, perché è quella che trattiene più umami

Cavolfiore gratinato. Alla base sembra ci siano più ingredienti, ad esempio una nota di pane, ma nella realtà è soltanto uno: il cavolfiore, tostato a secco e portato a maturazione per 10 giorni, periodo in cui sviluppa la sua nota acida. La concentrazione dei sapori è sulla base del vegetale, che subisce un processo di riduzione (si crea un caramello naturale) e stratificazioni. Uno degli esempi del lavoro compiuto da Romito per far fare a vegetali comuni un percorso “diverso” e far emergere il sapore dalla materia prima in tutta la sua potenza

Assoluto di cipolle: datato 2009, è uno dei piatti più rappresentativi dello chef abruzzese. “All'inizio non sapevo come chiamarlo” racconta Romito. “Se lo avessi chiamato brodo non avrei raccontato la verità, perché manca completamente la componente acquosa che definisce il genere: qui di acqua non ce n’è. Assoluto significa che tutto ciò che è nel piatto è 100% cipolla. È importante l’uso dello zafferano: di solito è usato in infusione, in questo caso invece è messo a secco nel liquido. Quello che volevo ottenere è che raccogliendo liquido e pistillo si sprigionasse lo zafferano, portando al palato solo il liquido si sentisse la cipolla in purezza, e nell’incontro con i bottoni di pasta esplodesse l’essenza del parmigiano. È un lavoro di contrappunti”

Riso al pomodoro: “Amo il riso al pomodoro” racconta lo chef. “Questo piatto lo chiamo un “riso nel risotto” perché non ha un grammo di burro o di altro grasso, a eccezione di un filo d'olio proprio alla fine. La mantecatura è in amido di riso, si crea una cremosità che mantiene tutto il gusto del cereale, che senti non appena ne mangi un boccone. E senti il pomodoro, con un senso di pulizia totale”

Manzo torbato: la prima cosa che colpisce è il profumo quasi d’incenso che sprigiona. La parte olfattiva della carne viene creata sia con un’affumicatura espressa sia utilizzando un whisky di dieci anni torbato (“quasi farmaceutico”, specifica lo chef). Alla base c’è un gel di vitello estratto dai succhi del manzo con aggiunta di pepe e spezie (rosmarino, timo, aglio ed altre). La patata è lessa, e ha un estratto di patata sopra. La cottura della carne avviene in un brodo a temperatura controllata, riposa 3/4 giorni in modo che si assesti e resti cremosa al palato, mantenendo al contempo struttura e consistenza. È il rispetto della proteina: il colore resta roseo ma il disco di carne non perde neanche un grammo di sangue (provate a tagliarla e vedrete con i vostri occhi), perché tutte le proteine riescono a gestire i succhi all’interno della struttura

Essenza: protagonista del dessert è l’amaro della genziana, radice di montagna da cui si ricava anche un liquore. Acidità e freschezza vengono da frutto della passione e da un caramello tutto naturale (e senza aggiunta di zucchero), cacao, nocciole e zafferano. La particolarità è che i primi due cucchiai possono sembrare sbilanciati, ma mano a mano, portandolo al palato, ritrova il suo equilibrio, cambiando ed evolvendo in sostanza a ogni boccone