Jorge Martín
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Pietro D'Agostino, classe 1972, chef de La Capinera (Messina, una stella Michelin) e di Kisté easy gourmet, entrambi a Taormina
Ogni cuoco ha i suoi capisaldi. Quelli di Pietro D'Agostino, chef-patron de La Capinera, sono pochi e, apparentemente, non dissimili di quelli di tanti altri che servono piatti più o meno gourmet nei tanti ristoranti affacciati sul Golfo di Taormina. Di materie prime di qualità, di territorio in primo piano e di stagionalità, ormai, parla chiunque. Di rigorosità, una qualità che Pietro ha carpito dai gesti e dalle parole di nonna Vincenzina, invece, discettano in pochi. Ed è in quella rigorosità che fa rima con ricerca, sensibilità e semplicità, che la cucina di D'Agostino trova il suo compimento rinnovandosi con continuità senza tradire nessuno dei suoi principi.
Nel suo bagaglio ci sono i pellegrinaggi in giro per il mondo. «Sono sempre stato un giovane anomalo. Preferivo la compagnia degli anziani, da ragazzo sgattaiolavo nelle cucine del San Domenico di Taormina e rimanevo lì con lo chef Cacopardo e mio zio, che era il suo sous-chef. A 18 anni ho lasciato la Sicilia e nel mio lavoro lontano da casa ho imparato il rigore, l'estro e soprattutto le tecniche apprese, tra l'altro, nella cucina di Marco Pierre White, perché oggi non si può cuocere il pesce come faceva la nonna», racconta.
La terrazza davanti al mare de La Capinera
Bianco di dentice con sesamo tostato, asparagi verdi, cipolla di Giarratana e datterino al forno, in carta alla Capinera
Nel presente di Pietro D'Agostino ci sono ingredienti come l'idromele, «realizzato attraverso un'antica tecnica di fermentazione del miele che utilizzo in alcune preparazioni di pasticceria e per la marinatura dei capperi di Salina che assumono una nota dolciastra», il caviale di lumaca madonita, i frutti di mare quasi dimenticati, le erbe spontanee dell'Etna. «I miei fornitori non sono grandi aziende, ma le vecchiette che raccolgono le erbe, la pescheria che si approvvigiona direttamente dai sub tra i quali, essendo cresciuto a Mazzarò dove mia zia ha un bar, ho molto amici. Il fruttivendolo di Letojanni dove compro i caliceddi (una verdura spontanea amarognolo della famiglia della Brassicacee, ndr)».
Mezzo pacchero artigianale con piccoli frutti di mare all'olio e basilico, nel menu di Kisté
A completare l'esperienza ci sono poi i piatti materici realizzati da Peppino Lopez, artigiano che li realizza su misura con polvere di lava, marmo e anche in pietra lavica. «Tutti materiali che fanno la differenza nella degustazione», sottolinea lo chef taorminese che è tra gli fondatori di Cibo Nostrum, manifestazione che dal 31 marzo al 2 aprile 2019 ha celebrato la sua ottava edizione spostandosi da Taormina a Catania. «Oggi c'è molta attenzione puntata sulla Sicilia del vino e degli eventi. La cucina siciliana – conclude - sta vivendo bellissimi momenti grazie a molti ragazzi che stanno crescendo bene, colleghi cui consiglio di interpretare se stessi».
Giornalista catanese a Milano, classe 1966. «Vado in giro, incontro gente e racconto storie su Volevofareilgiornalista» e per una quantità di altre testate. Inscalfibile
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