12-12-2018

Sapio, la scommessa vinta di Alessandro Ingiulla

A 26 anni ha portato la prima stella Michelin nella città di Catania. La storia di una passione iniziata fin da bambino

Alessandro Ingiulla, nato nel 1992, chef e titolar

Alessandro Ingiulla, nato nel 1992, chef e titolare del ristorante Sapio

Si dice che la conoscenza renda le persone umili: probabilmente per questo lo chef Alessandro Ingiulla ha chiamato il suo ristorante di Catania Sapio, termine latino che Castiglioni e Mariotti traducono tra le pagine del noto dizionario IL con “aver sapore, aver odore, gustare, esser saggio, assennato o prudente”.

Alla fine, tanto è stato il senno, tanta la saggezza e tanto il sapore, che questo classe 1992 originario di Santa Maria di Licodia, centro di 8000 abitanti ai piedi dell’Etna, lo scorso 16 novembre è salito sul palco dell’Auditorium Paganini di Parma a ritirare la sua bella stella Michelin, riconoscimento, a memoria d’uomo, mai assegnato a un locale nella città del Liotru.

«La mia formazione di cuoco si è svolta quasi tutta fuori dalla Sicilia – racconta Ingiulla – e, quando ho inaugurato il locale nel mese di gennaio 2017, non avevo idea di quale potesse essere la situazione della ristorazione nel centro di Catania. Tanti mi davano del matto, affermavano che la mia proposta gastronomica non poteva funzionare in una città dove la gente vuole mangiare tanto e a basso costo».

«È stata una scommessa rischiosa sotto tutti i punti di vista, – prosegue – ci siamo proposti a un mercato completamente sconosciuto, ordinavo le materie prime direttamente ai produttori perché né io né i miei collaboratori conoscevamo agenti e fornitori, la nostra rete contatti è stata costruita da zero giorno dopo giorno».

Una scommessa rischiosa sì ma, alla luce dei fatti, vinta: «Durante la settimana vedere la sala vuota o mezza vuota ti demoralizza e fa nascere tanti dubbi sulla strada che hai deciso di percorrere. In questi momenti è stato fondamentale il passaggio di tanti colleghi de Le Soste di Ulisse, chef siciliani noti, tra cui Ciccio Sultano e Pino Cuttaia, che sono stati qui, hanno provato i piatti e mi hanno incoraggiato a continuare. Anche se il ringraziamento più grande va alla mia famiglia, in particolare a mio padre, che mi ha sempre sostenuto, e a Roberta Cozzetto, compagna nel lavoro e nella vita».

Il ristorante si compone di due sale dalle linee essenziali, moderne ed eleganti per diciotto coperti, e si completa da elementi di design ideati e progettati dell’architetto Daniele Ingiulla, fratello di Alessandro, realizzati rigorosamente da artigiani locali. Ambiente contemporaneo con radici ben salde.

Come il cuoco: «La passione per la cucina parte da lontano, da bambino ogni domenica aiutavo mia nonna a preparare il pranzo. A 13 anni, alcuni amici di famiglia proprietari di un ristorante mi hanno permesso di accedere alle loro cucine per avere un’idea delle attività che si svolgevano all’interno. L’anno dopo mi sono iscritto all’Istituto Professionale per i Servizi Alberghieri di Nicolosi (Catania) e, nei periodi estivi, ho frequentato cucine di hotel importanti in Calabria, dove ho capito come funzionava il lavoro in brigata nelle cucine dei grandi numeri».

Charlotte limone, zafferano, mandorla e cioccolato bianco

Charlotte limone, zafferano, mandorla e cioccolato bianco

Arriva poi il momento dei confronti indispensabili, quelli con i mondi gastronomici d’oltreconfine: «Ho lavorato per un po’ in Grecia, poi sono stato due anni e mezzo all’Hotel Wulfenia in Austria e infine l’esperienza più formativa del mio percorso: due anni al Grand Hotel Cannes al fianco dello chef Sébastien Broda. Quella è stata la svolta, ho capito sul serio cosa significasse fare alta cucina».

Eppure, per uno chef è forse più facile ideare dei piatti piuttosto che definire in maniera perentoria lo stile della sua proposta: «Io credo che la cucina creativa sia una sorta di linguaggio personale che ogni cuoco usa per esprimersi: nuovi modi di utilizzare le materie prime, accostamenti inediti, preparazioni innovative. La mia cucina in primis deve valorizzare il singolo prodotto e nel piatto si devono celebrare gli ingredienti del mio territorio esaltandoli con tecniche apprese nelle mie esperienze internazionali e contaminandoli con ingredienti alloctoni sempre al servizio del gusto e dell’intensità. L’obiettivo è elevare l’ingrediente siciliano a preparazione internazionale».

Risotto "riserva 7 anni", mantecato al Ragusano DOP, cardamomo, sugo all'aglio nero

Risotto "riserva 7 anni", mantecato al Ragusano DOP, cardamomo, sugo all'aglio nero

E la ricetta del successo? «Essere cuoco è una scelta di vita, occorre fare sacrifici, restare 18 ore al giorno in cucina e lavorare per l’ospite: in due anni di attività non ho contattato nessun giornalista, non ho ingaggiato un ufficio stampa e non ho cercato vetrine, ho lavorato sodo solo per rendere felici i miei ospiti. Tutto il resto non mi interessa».

Un premio prestigioso si deve festeggiare: «Assolutamente sì, si brinda ma non ci si rilassa. La stella Michelin è un bell’inizio, ma ora bisogna più che mai compattarsi, consolidarsi e rafforzarsi per confermare il successo e migliorare quello che è stato fatto finora». Sapio. Per aspera ad astra.

Sapio
Via Messina, 235
Catania
+39.095.0975016
Chiuso l'intero lunedì, a pranzo il martedì e il sabato
Prezzo medio 60 euro, menu degustazione 40, 60 e 80 euro


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Davide Visiello

classe 1974, sommelier, assaggiatore di caffè e verace uomo del Sud, è alla costante ricerca di sole e cieli azzurri. Nato a Vico Equense e cresciuto a Castellammare di Stabia, ama la cucina quando è innovativa e ha solide basi. Epicureo di cuore e palato, vive e scrive a Palermo, ma mangia e beve ovunque. Collabora con Identità Golose dal 2016

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