È una cucina che trasmette grande personalità e padronanza tecnica, senza essere gratuitamente concettuale, quella che dallo scorso giugno Fabrizio Albini propone al ristorante The Stage di Milano. Lo chef, bresciano di Roncadelle e classe 1976, approda al ristorante di piazza Gae Aulenti - gestito dalla società At Carmen di Martino de Rosa e Carmen Moretti, che hanno già portato con successo Fabio Abbattista e Franco Pepe all’Albereta ed Enrico Bartolini all’Andana - dopo aver maturato, a partire dagli anni Novanta, importanti esperienze tra Italia, Francia e Israele e dopo aver rivestito il ruolo di executive chef presso il Cristallo di Cortina d’Ampezzo.
Una carriera ormai ventennale per la cui evoluzione, come ci racconta lo stesso
Albini, sono stati fondamentali tre chef: «Per la creazione dei piatti,
Gualtiero Marchesi mi ha insegnato a semplificare il passaggio, a volte complicatissimo, tra concezione e realizzazione per ottenere infine il risultato ottimale. Per quanto riguarda invece la materia prima, due grandi maestri sono stati
Vittorio Fusari e
Alessandro Cappotto». Persone quindi, ma anche luoghi: «A Milano voglio portare tutto quello che ho scoperto e imparato nel corso degli anni in tutti i mie viaggi: in Francia, ad esempio e soprattutto a Lione, tecnicamente ho appreso tantissimo». Questi i presupposti di una filosofia di cucina nella quale il piatto deve essere buono, a volte goloso al limite del ruffiano, esteticamente bello e preferibilmente con un solo ingrediente principale e altri due o tre in grado di esaltarne le peculiarità.

Insalata di ovuli, lampone e zabaione al Madeira, oppure Seppie, topinambur e cumino

Seppie, topinambur e cumino

Zuppa di cipolle, king crab, porcini e semi di zucca
Teorie e ambizioni che trovano un felice e riuscito riscontro in piatti eleganti e diretti come
Insalata di ovuli, lampone e zabaione al Madeira, oppure
Seppie, topinambur e cumino, o ancora
Krapfen al vapore, cime di rapa e rafano, nel quale
Albini esprime la sua vocazione per le paste lievitate. Di ispirazione fortemente francese invece la
Zuppa di cipolle, king crab, porcini e semi di zucca, tecnicamente impeccabile e attualizzata con un ingrediente molto richiesto sulla piazza di Milano, quale appunto il granchio reale.

Risotto all'aceto di pere, levistico e resina

Corteccia e rombo in civet
Ma la solida preparazione tecnica dello chef si riscontra anche nell’ottimo
Risotto all'aceto di pere, levistico e resina. Un piatto con reminiscenze nordeuropee nel quale la resina è quella di baccalà e viene realizzata con le sue parti meno nobili e l'aggiunta di latte intero in polvere bruciato in forno, brodo vegetale e oli essenziali di pino. Tra i secondi spicca invece
Corteccia e rombo in civet: una creazione tanto essenziale, quanto assolutamente completa, caratterizzata dalla spiccata mineralità della salsa civet, che esalta i gusti e i sapori del rombo, in contrappunto alla dolcezza e alla croccantezza della patata americana.

Mandarino alla brace e kefir
Visivamente oltre che gusto-olfattivamente emozionale il dessert
Mandarino alla brace e kefir, studiato da
Albini e dal suo valido secondo
Mario Adduci durante la precedente esperienza a Cortina, ma proposto solo ora al
The Stage. Un piatto importante - evocativo della montagna e degli inverni durante i quali, nei ricordi di infanzia dei due chef che collaborano assieme da ormai cinque anni, le bucce di agrumi venivano bruciate sulle stufe per rilasciarne i profumi - composto da un mandarino prima marinato nel suo sciroppo, poi passato alla brace, visivamente ricreata nella presentazione finale attraverso l’utilizzo di nero di seppia, e infine riempito con una nuvola di kefir, a conferire acidità e dolcezza.
In sala il servizio è supervisionato dal direttore operativo Dario Abbate che gestisce anche la cantina con 250 referenze selezionate, tra le quali la sezione dedicata al metodo classico italiano assumerà sempre maggior importanza per volontà dello stesso Albini. Il quale, oltre ad essere chef, è anche sommelier professionista Ais.