Capita a volte che gli chef ospiti a Identità Golose Milano giochino un po' in difesa. Nel senso: si trovano in trasferta, in una cucina non loro, con un pubblico che non conoscono: quindi decidono di estrarre dal carniere i piatti del repertorio più golosi, piacioni, potremmo dire "facili", in senso positivo, ossia godibili e adatti veramente a tutti. Eugenio Boer ieri sera ha fatto una scelta coraggiosa e diversa, che noi abbiamo apprezzato enormemente: ha sfoderato - tolto un primo antipasto del quale diremo - quattro portate che sono riproduzioni fedeli di altrettante tappe del suo nuovo menu degustazione, per ora non ancora disponibile altrove perché il Bu:r è chiuso, non vanta dehors esterni e quindi è in attesa di poter accogliere la propria clientela non appena l'andamento della pandemia suggerirà al Governo l'opportunità di consentire la riapertura dei ristoranti anche "al chiuso". Ieri, dunque, è stata l'occasione per assaggiare queste nuove preparazioni in anteprima; si replicherà già oggi, domenica 16 maggio, ma solo a pranzo.

Boer a Identità Golose Milano con Carlotta Perilli, sua compagna nonché responsabile della sala del Bu:r
Consigliamo davvero la prenotazione (
cliccando qui) perché abbiamo trovato idee di alta cucina pura e contemporanea, incarnate negli elementi che ne costituiscono l'essenza stessa: complessità, eleganza, creatività, armonia finale. Grandi piatti, senza se né ma, nel solco della ricerca che
Boer sta portando avanti da anni, a metà strada tra uno procedere spedito verso la nuova frontiera e un interpretare quest'ultima anche come rilettura del passato. Esercizio di bilanciamento stilistico, dunque: «La cucina prossima ventura? Vedo concretezza, gusto, un ritorno al ristorante come luogo dove stare bene, ovvero che non sembri un museo o una chiesa», spiega lo chef. Ma c'è anche grande eleganza nei tuoi piatti... «Certo, però non deve mai mancare la pancia, intesa come piacevolezza del sapore. La mente non deve superare un limite; l'idea pur geniale deve viaggiare alla stessa velocità dell'appagamento. Altrimenti diventa un esercizio di stile autocompiaciuto; un'esibizione fine a sé stessa, che non serve perché restringe troppo il cerchio. Io dico: mangiare bene è un diritto di tutti».

Baccalà mantecato, polentina e pomodorini confit
Noi l'abbiamo fatto, e con l'asticella posta ben in alto. Il primo antipasto
Baccalà mantecato, polentina e pomodorini confit è stato quasi un ponte tra fasi diverse, non parte del nuovo degustazione del
Bu:r ma successo del
Bu:r a casa, il delivery nella pandemia, riproposto perché piaciuto così tanto a
Paolo Marchi da essere stato al centro anche di una puntata della sua rubrica a
Striscia la notizia,
leggi qui). Poi, ancora:
L’uovo nell’orto (uova di Selva, formaggio di mandorle e verdure fresche di stagione);
Risotto di campo (con robiola di Roccaverano, garum di polline, lavanda, erba cedrina e burro affumicato al fieno); e
Millefoglie di controfiletto in crosta (con prosciutto crudo di Carpegna, bietole e crema di bietole). Li elenchiamo insieme perché sono parte distinta di un
unicum stilistico, grande spazio alla vegetalità come elemento centrale, poi declinato in modo diverso.
L’uovo nell’orto è un esempio splendido di raffinatezza green, con l'uovo barzotto semplicemente a chiudere la personalità forte e decisiva delle note erbacee, di clorofilla, persino amarostiche (il tarassaco) nelle varie componenti innaffiate da un estratto a freddo dei loro stessi "scarti".
Magistrale nella resa aromatica, come pure il
Risotto di campo, che presenta una suadenza perfetta tra componenti apparentemente distanti, quasi difformi, e che invece trovano perfetta aderenza mischiate tra loro, qui col prevalere di una, là di un'altra, perché il concetto è quello di un risotto che cambi gusto a ogni forchettata. Ed è buonissimo.

Millefoglie di controfiletto in crosta
Noi però il momento di maggior felicità l'abbiamo provato all'assaggio della
Millefoglie di controfiletto in crosta; è solitamente difficile che un secondo piatto risulti tanto stimolante non solo al palato ma anche al cervello; mentre qui - al di là di una "crosta" buonissima ma un poco tenace al taglio, condizione necessaria perché non si ammolli al contatto con l'acqua contenuta nei gambi delle bietole, come ci ha spiegato
Boer - la resa tecnica è straordinaria, il bilanciamento da manuale. La sfoglia ottenuta aggiungendo jus di vitello racchiude una sorta di terrina di strati di manzo, prosciutto e bietole, poi a parte bietole ripassate e gel di gambi di bietole. Ecco: il fine dining è anche questa roba per noi, ossia un passo successivo, dove non te l'aspetti.
Finale necessariamente dolce con un dessert in linea coi piatti che l'hanno preceduto,
More & basilico: sfere di cioccolato bianco bruciato, mora e pistacchio di Bronte, più sbuffi al caramello salato.
Domanda conclusiva, dato che abbiamo apprezzato alcuni piatti del nuovo degustazione del Bu:r... Eugenio, ce ne racconti qualcun altro? «Mi piace citare i Tortellini ripieni di coniglio alla ligure, con polvere di olive taggiasche sopra e polvere di noccioli di olive taggiasche sotto. È una ricetta di mia nonna. I tortellini sono disposti in modo tale che mi ricordano i tetti delle case ligure dell'entroterra. Sapore netto, deciso, intenso, dritto e lungo come la Liguria. Il ripieno è tritato a mano, i tortellini sono piccoli, dalla pasta tenace che porta in sé anche un poco di polvere di pomodoro. Ma ne mangerei delle baslate...».
E poi? «Poi la Cernia all'acquapazza, richiama una tecnica che percorre tutta la Penisola. Ho giocato tanto sul sughetto, molto concentrato, e sulla cottura della cernia, che ho voluto lasciare il più limpida possibile. È accompagnata da una patata cotta nel burro chiarificato, che quindi diventa fondente; e a fianco un pomodoro che è side dish ma anche dish di suo: un costoluto scavato, bruciato e riempito con tartare di cernia, infine ricoperto con maionese di fumetto di cernia e pomodoro. Una spolverata di erba cipollina finale» e il giuoco è fatto.