10-01-2022
Milano continua a crescere. Nonostante la pandemia, le chiusure e le riaperture a singhiozzo. Nonostante le difficoltà negli spostamenti, il calo delle presenze di turisti e business man esteri, la città prosegue quel percorso di sviluppo e consolidamento del brand in atto da oltre un decennio.
Bisogna dire grazie ad Expo, agli Archistar che hanno proiettato, letteralmente, verso l’alto la città. Grazie alla moda e al design, ai Saloni e alle "Week", diventati appuntamenti imperdibili di livello internazionale. Occorre celebrare anche il comparto dell’ospitalità e della ristorazione, capace di cogliere e mettere a sistema, finalmente, la maggior considerazione che questi due universi stanno riscuotendo nel Paese e nel mondo intero.
Era il 1867 quando, in Galleria Vittorio Emanuele II, apriva il Caffè Campari nel cui retrobottega furono inventati il Bitter e il Cordiale. Oggi, a 150 anni di distanza, il figlio di quel locale, il Camparino in Galleria, aperto nel 1915 da Davide Campari, è entrato nell’olimpo dei World’s 50 Best Bar.
La posizione in classifica è la numero 27. E per una new entry vale quasi un podio. Un premio a Milano, a Campari, al lavoro che da 4 anni il team del locale, guidato dallo Store Manager Tommaso Cecca, ha svolto per riportare agli splendori di un tempo, guardando però al futuro, il bel locale nella palazzina liberty affacciata su Piazza Duomo.
Tommaso Cecca
Discepolo di Salvatore Calabrese, a cui ha carpito molti segreti del mestiere nel suo periodo londinese, Cecca è stato lanciato sulla scena milanese dall’esperienza al Cafè Trussardi, uno dei locali dove, a inizi anni 2000, la scialba usanza dell’aperitivo a buffet è stata soppiantata e trasformata in cultura della mixologia di qualità. Concetti riportati al Camparino in Galleria dopo che la maison di Sesto San Giovanni ne ha riacquisito la proprietà nel 2017 fa per farne il proprio flagship store. Con ottimi risultati.
«Ogni giorno serviamo 1500 persone, tante delle quali straniere. Abbiamo un’ottima esposizione, una gestione giovane, dinamica, agile. La squadra al banco è formata da 9 barman, molti dei quali giovani e con tanta voglia di crescere. Camparino ha una doppia anima. In un unico locale uniamo due modi di bere: il classico bar italiano, il cosiddetto Bar di Passo al piano terra, dove si consuma più velocemente, spesso in piedi. Al primo piano invece tentiamo di alzare il nostro livello di riferimento con un focus sulla contemporaneità e sulla mixology futuristica e un’offerta di cucina e il dopo cena in pieno relax».
Gli spazi al piano superiore
«Campari fa parte delle storia – spiega Cecca - nel nostro menu drink si trovano classici preparati da più di 100 anni, sui cui abbiamo fatto un lavoro di pulizia e di tecnica. Al Bar di Passo la fa da padrone il Campari Seltz, ne serviamo più di 400 al giorno, solo apparentemente semplice perché l’aggiunta del seltz deve essere dosata con cura per creare la spuma densa e delicata che si fonde con la vena amaricante del bitter. E poi il Campari shakerato, il nostro archetipo della perfezione, dove solo la sapienza e l’abilità del barman riesce a conferire quella texture unica e inconfondibile».
Il Bar di Passo
«Oggi, e la classifica di 50 Best lo conferma, si beve molto bene e direi sempre meglio. Anche in Italia, dove si è costruita una cultura sul cocktail nella quale cerchiamo di fare la nostra parte. Il gusto si modifica, le tendenze nascono e cambiano come è successo per la cucina. Trenta anni fa si andava al ristorante solo per mangiare. Oggi lo si fa per vivere un’esperienza. E lo stesso è successo nei bar. Non si tratta più di un luogo dove bere, piuttosto è un’occasione di convivialità e ricerca, di gusto e sperimentazione. In Italia abbiamo certamente un primato nella diffusione, capillare, di ottimi locali. Certo Londra è Londra – e devo fare i complimenti agli amici del Connaught per aver riconfermato la leadeship nella classifica dei World’s 50 Best – ma fuori dalla città non ci sono molti altri locali d’eccellenza. Da noi invece si beve bene ovunque. Il trend è certamente quello di un consumo low alcool, aperitivi a bassa percentuale alcolica abbinato a un superamento del semplice concetto di dolce-amaro. Oggi anche in mixologia entrano molte più sensazioni, più affini a quelle della cucina, come il floreale e il citrico, il sapido e il minerale».
«Ovviamente sposiamo il gusto del Bitter, il più apprezzato, e sui cui abbiamo investito in ricerca e tecnica per rielaborare alcuni dei nostri classici. Sul Negroni abbiamo fatto un enorme lavoro con la squadra dei bartender per creare un drink contemporaneo. Lo abbiamo chiamato L’Ora del Bitter in cui al classico Campari e al Vermouth Rosso Cinzano sono aggiunte due parti di riduzione di Negroni e una di Negroni distillato. C’è molta preparazione, si lavora in laboratorio e il risultato è un drink con dolcezza, acidità e un tenore alcolico inferire danno vita a un mix di sapori pieni e puri. Con il Compadre abbiamo creato un concept Negroni. Il Mezcal prende il posto del gin, e oltre al Campari e al Vermouth rosso viene aggiunto del liquore al Chinotto e dello sciroppo di Agave. Un drink smoky, complesso e con un’intrigante texture».
Un cocktail da World’s 50 Best.
ll mondo dei cocktail e dei bartender raccontati da Identità Golose.
di
Giornalista professionista, classe 1966 con una laurea in Fisica e, oggi, docente in IULM e comunicatore. Cultore del bello e del buono, attento osservatore della società e dei suoi cambiamenti, appassionato e commentatore televisivo di golf. Amo e racconto il cibo, quello schietto, vero e senza fronzoli. Scrivo di luoghi, persone, vino, rum e distillati e, quando capita, di politica
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