La vera "avanguardia" sta nelle emozioni che una pizza suscita. Gli ingredienti sono la grande cura e studio per gli impasti, l'attenzione nella scelta della materia prima, etica e rispetto per la tradizione. A volte abbinamenti e metodi di cottura anche azzardati. Sono queste le conclusioni al termine del nostro viaggio ne La Città della Pizza, approdata sabato e domenica scorsi alla Fabbrica Orobia di Milano. Il format ideato da Vinòforum dedicato al prodotto più amato nel mondo aveva come filo conduttore "l'avanguardia" e metteva a confronto pizzaioli provenienti da tutta la penisola. Nessun limite alla fantasia e alla voglia di sperimentare è stato imposto ai maestri pizzaioli che, accanto alle intramontabili margherita o marinara, hanno proposto ai 20mila visitatori anche il proprio cavallo di battaglia e la "loro" pizza all'avanguardia. Complessivamente in due giorni sono state sfornate 17mila tra pizze e fritti.

Nella pizzerie temporary oltre 30 pizzaioli si sono alternati davanti ai forni
Moretti, l'azienda marchigiana leader nella produzione di forni professionali per pizzerie, pasticceria e panetteria. I pizzaioli sono stati selezionati da
Emiliano De Venuti, ideatore de
La Città della Pizza e ceo di
Vinòforum, dai giornalisti
Luciano Pignataro, Luciana Squadrilli, Tania Mauri e da un nuovo compagno di squadra, il maestro pizzaiolo
Matteo Aloe della pizzeria
Berberè.

Mario Moretti, ceo di Moretti Forni, a La Città della Pizza
Proprio
Aloe, qualche giorno fa in una delle sue pizzerie, aveva anticipato il tema della rassegna, l'
avanguardia, con quattro pizze abbinate agli champagne
Ruinart Brut e
Rosé: la
Super quattro formaggi, l'
Autunnale, con zucca e funghi, la
Napoli con acciughe e la
'Nduja con bufala. «Il mondo pizza è profondamente cambiato negli ultimi dieci anni. A Milano si mangiano tanti tipi diversi. Non è più sufficiente un buon impasto, oggi ci deve essere una dignitosa carta dei vini, un servizio professionale e un'alta qualità delle materie prime. Abbiamo il dovere di scegliere l'artigianalità».

Luciano Pignataro, Luca Pezzetta, Simone Lombardi, Pier Daniele Seu, Luciana Squadrilli
A raccontare il sapore della pizza tradizionale sono stati invece gli ingredienti base: farina, pomodoro, olio extravergine d'oliva e mozzarella. Qualche pizzaiolo ha giocato sugli ingredienti diversi: fiori di latte, Mora Romagnola, stracciatella pugliese ed emulsione di senape, fegatino di pollo, salumi, pomodoro secco in olio, capperi di Pantelleria e cipolla di Certaldo. Altri si sono sbizzariti sulle "forma", con pizze allungate o quadrotti. Altri ancora hanno "scommesso" sugli abbinamenti come
Gianni Di Lella, della pizzeria
La Bufala di Maranello, e il pasticciere
Luca De Santi: hanno proposto la loro pizza dolce
Tarte tatin con mele Granny Smith caramellate al profumo di Calvados invecchiato, gelato alla crema e menta al profumo di cioccolato.
L'incontro tra pizza e pasticceria ha portato all'evento milanese anche la pastry chef
Lilia Colonna de
I Masianelli di Caserta. In entrambe le giornate, per la categoria “Senza glutine”, protagonista è stata
Sara Palmieri, della
Pizzeria 10 di Napoli: «Non sono un ripiego, ma una valida alternativa», ha spiegato
Sara, che si è avvicinata al mondo della pizza gluten free dopo aver vissuto in prima persona il problema delle intolleranze. Pizze anche per i vegetariani con
Massimiliano Prete, del
Sestogusto di Torino, e
Alberto Morello del
Gigi Pipa a Este (Padova): «Le caratteristiche più importanti di una pizza sono due: la digeribilità - che significa utilizzo del lievito naturale e lunghe lievitazioni - e la stagionalità degli ingredienti. Da qui l'orto che diventa protagonista delle mie creazioni».
Ad accompagnare le pizze, la birra artigianale firmata
Baladin o la possibilità di optare per abbinamenti pizza-vino con le degustazioni guidate dalle aziende
Famiglia Cotarella, Cantina Sabresenò e
Vinea Domini.

Errico Porzio della pizzeria Porzio

A sinistra, Attilio Albachiara dell'associazione Mani D'Oro. A destra, alcuni golosi a La Città della Pizza

Omar Abdel Fattahnel di Pane e Tempesta e Paolo De Simone di Da Zero
Impossibile assaggiare tutto. Difficile fare classifiche. Ma tra una degustazione e l'altra, tra un workshop e un'intervista, commenti di addetti ai lavori e semplici appassionati, la conclusione è che per una pizza che cambia in nome dell'avanguardia c'è ne sempre una che resta ancorata alla tradizione. E allora capisci che davvero la pizza fatta a Napoli o Milano, mangiata a Roma o in altre città, resta uno dei piatti di cui non potremo fare a meno.