Tanti grandi chef si sono avvicinati negli ultimi tempi al mondo della pizza, recentemente abbiamo parlato di Ugo Alciati (leggi qui), Moreno Cedroni (qui), Nino Di Costanzo (qui), Andrea Mattei (qui). Dell’elenco fa parte anche Peter Brunel, che vi si accosta però in modo particolare: proponendo una sorta di non-pizza: la pizza nikkei, «concetto che parte da tradizioni diverse rispetto alla nostra, ma poi si fonde con ingredienti made in Italy».
Premessa doverosa: Brunel – trentino della val di Fassa, da due anni e mezzo a Firenze – sviluppa insieme tre concetti diversi: un bistrot all’italiana al Caffè dell'Oro, sorta di viaggio lungo tutta l’Italia golosa, dallo spatzle al polpo alla messinese; una tavola d’autore al Borgo San Jacopo, con due menu, il primo dedicato ai tuberi e alla patata in particolare, il secondo con una reinterpretazione della tradizione toscana; infine al The Fusion, fino a non molto tempo fa vocato alla cucina giapponese con il resident chef Gilberto Vannini, ora sviluppa un’anima nikkei «che non risulta aliena, perché si lega da una parte con lo stile jap che proponevano prima, dall’altra con quello di un stile di montagna che richiama le mie origini trentine», spiega Brunel.
Proprio in questo contesto è nata l’idea di una
pizza nikkei. Spiega lo chef: «Abbiamo organizzato alcuni mesi fa una sorta di tour gastronomico europeo: a Barcellona al
Pakta (
leggi qui la nostra recensione) e all’
Hoja Santa di
Albert Adrià (un tempio della cucina nikkei in Europa,
ndr), poi da
Quique Dacosta, quindi a Valencia..». Proprio da
Dacosta lo chef ha gustato una sorta di pizza fatta con la paella, «è stato divertente vedere il suo gioco di croccantezza profumata. Abbiamo allora provato a riproporlo a Firenze, inserendolo nel format che stiamo sviluppando»
Dunque, appunto, una pizza nikkei. Brunel ha ben presente la lezione del suo amico Renato Bosco, «il numero uno sugli impasti, mentre Simone Padoan non ha uguali sul topping». La base è tutta diversa rispetto a quella classica: «Due parti di polvere di quinoa e una parte di farina bianca, con acqua quasi al 50%. Si fa riposare e poi si coppa». Il tutto poi è fritto molto velocemente e successivamente disidratato in forno, «al momento del servizio va in essiccatore», in modo da ottenere un disco caldo e croccante. Sotto, a ribadire il legame con la tradizione peruviana, una spirale di crema fatta di emulsione di mais bianco: così si recupera anche il gioco di consistenze, col morbido e il crunch.

Il topping è fatto di tonno fresco marinato in zuppa di miso, daikon grattugiato crudo, cipolla rossa e succo di agrumi, che viene cotto a fiamma viva «perché richiami il gusto della pizza nel forno». Quindi cipolla rossa calda (messa in salamoia con sale zucchero e aceto, cotta a 85° per 35 minuti, così da evitarne la rottura delle fibre e farla rimanere croccante), salsa guacamole (avocado ben maturo, succo di limone, olio di semi e aromi), di nuovo un poco di salsa di mais bianco, salsa di peperoncino dolce (bollito con cipolla, zenzero, miele, aceto di mele e di riso, quindi frullato e setacciato). Lo chef sta studiando anche una versione a base di storione, invece che di tonno.
Al
Borgo San Jacopo Brunel serve anche una pizza al cucchiaio, «un concetto totalmente diverso». Viene messa in cottura farina e un mix vegetale (cavolfiore o daikon o sedano rapa), che vengono miscelati insieme nel bimby. Diventano la base poi arricchita con crema di sedano rapa e patata, bocconcini di mozzarella, pomodori semicanditi, seppei scottate, capesante marinate, foglie d’ostrica, poi condita con polvere di salicornia. Ultimo passaggio: il bordo esterno viene un poco bruciacchiato.