Ristorante, dicevamo. In realtà abbiamo voluto conservare nelle insegne le nostre origini e per questo Già sotto l’arco è nato come osteria, questo è il modo in cui, io e mio marito, abbiamo deciso di scolpire il passato, a cui dobbiamo tutto quello che siamo oggi, nell’insegna sulla facciata del palazzo settecentesco che è la nostra casa da sempre. È così che è cominciata. Dalla piccola (si fa per dire) osteria dei nonni di mio marito Teodosio Buongiorno, sotto l’arco nel cuore del borgo antico di Carovigno.

Filetti di triglia croccanti al pistacchio su crema di asparagi
E’ qui che il piccolo
Tosio (è questo il suo nome in famiglia e fra gli amici) trascorreva giornate e soprattutto sere, e solo lì potevo vederlo. Tempo libero? Una chimera da sempre, per tutti e due. Siamo cresciuti fra montagne di piatti caldi da servire a gente del Sud che lavorava sodo e che a mangiare fuori ci andava non per vezzo ma per fame, quella vera. Finito il lavoro degli altri insomma, cominciava il nostro, e andavamo avanti fino a notte fonda come non abbiamo mai smesso di fare.
Ad un certo punto, eravamo ragazzi davvero, ci siamo accorti che il lavoro ci stava divorando la vita e abbiamo deciso di dedicarci a tutt’altri commerci: fuga dalla cucina e dall’osteria, cambiato genere e vita. Ma non è durata. L’attività dei nonni e poi dei genitori di
Teodosio ci ha richiamati a casa, giocoforza. La nostra storia è semplicemente questa. Quella di una famiglia del Sud unita al punto che sarebbe stato un delitto per noi non raccogliere l’eredità e i sacrifici di cui queste mura trasudano. Credo di avere poco da aggiungere.

Cestino di pasta fillo con gelato agli agrumi e crema di pistacchio
Parlare di me, non ne ho mai fatto mistero, non mi piace. Non ho niente da esibire, se non i miei piatti e l’amore grande per la cucina dove ho imparato a muovermi con le mie forze, senza scuola e senza maestri. Studiando e lavorando senza tregua, e sbagliando anche, ovviamente, ma senza mai mollare l’osso. Con un tesoro di materie prime, le miracolose materie prime di questa terra, che garantisce a me e a tutti i cuochi di Puglia uno start di vantaggio, lo dico sempre.
Non c’è davvero nulla che non mi piaccia cucinare. Ma ho una particolare predilezione per le verdure, per il loro carattere deciso e delicato. Mi piace manipolare gli alimenti tanto quanto mangiare. Studio e viaggio quando e appena posso, a conoscere la cucina dei colleghi da cui ho sempre tanto da imparare.
Che altro dire? Che lo chef a mio personalissimo parere non deve essere molto mediatico e l’attenzione alla bellezza del piatto non deve sovrastare quella per il gusto: i miei piatti, innanzitutto, si masticano.
Testo raccolto da Sonia Gioia
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