05-04-2024

Suavia, tre vini per raccontare le diversità del Soave

Il racconto delle sorelle Tessari, la nuova generazione: «Anche a poca distanza ci sono delle grandi diversità. Così nascono Fittà, Castellaro e Tremenalto»

Alessandra, Valentina e Meri Tessari: le tre sorel

Alessandra, Valentina e Meri Tessari: le tre sorelle conducono l'azienda Suavia

Il territorio, prima di tutto. E tre nuovi vini per dimostrarlo.

Suavia è una cantina che vuole puntare proprio sull’identità, tanto da aver scelto di chiamarsi con quello che era l’antico nome della città di Soave.

Sono ora tre sorelle, Alessandra, Meri e Valentina Tessari, a condurre l’azienda avviata nel 1982 dai genitori. L’impronta, da allora, non è cambiata.  «Siamo oramai gli unici a produrre solo vini bianchi – racconta con una punta di orgoglio Alessandra Tessari, durante una presentazione avvenuta a Milano – perché questa è una terra particolarmente vocata per questa tipologie di uve».

La raccolta della Garganega

La raccolta della Garganega

Sui 7mila ettari complessivi dell’area della denominazione Soave, Suavia ne possiede 30, tutti sulla parte orientale delle colline, con la presenza di terreni vulcanici. «Nel 2000, quanto Valentina si è laureata in enologia, c’è stato il passaggio di testimone dai nostri genitori. Da lì abbiamo iniziato a fare ricerca, anche sul Trebbiano di Soave».

Un vino che ha fatto da ottima introduzione alla presentazione dei nuovi vini è stato il Metodo Classico, realizzato proprio con Trebbiano di Soave. «Lo produciamo dal 2011 – spiega Alessandra Tessari – in sole duemila bottiglie. Questa è solo la quinta edizione, non lo facciamo tutti gli anni, ma solo quando riteniamo che il Trebbiano di Soave abbia le giuste caratteristiche. In particolare valorizziamo la spiccata acidità di questa uva: il vino rimane in bottiglia sui lieviti per 24 mesi, è un dosaggio zero e non c’è nemmeno bisogno di solfiti aggiungi, perché in sostanza non ne ha bisogno». Il risultato è molto interessante, con una bollicina dalla buona eleganza, ma soprattutto dalla splendida bevibilità, grazie all’ottima acidità che è però ben amalgamata nel vino.

Un'immagine della cantina

Un'immagine della cantina

Queste erano le premesse, perché l’obiettivo vero è presentare I Luoghi, la nuova linea di Soave di Suavia che ha l’intenzione di valorizzare tre singole zone. «Si tratta in pratica di microvinificazioni – spiegano le sorelle Tessari – dove abbiamo in realtà delle importanti diversificazioni di terroir. Sono tre territori di matrici identica, vulcanica, ma con alcune  differenze: uno ha maggiore presenza di argilla, un altro è più sassoso e l’ultimo è più “evoluto”».

L’idea di questi vini nasce anche grazie all’approvazione dal 2019 delle Uga, le 33 Unità geografiche aggiuntive identificate dal Consorzio sui terreni collinari di Soave. Da qui la scelta di Suavia di vinificare a parte alcune parcelle dei terreni nelle zone di Fittà, Castellaro e Tremenalto, tutte nella zona Classica della Denominazione.

Le tre sorelle hanno dato vita a diversi cambiamenti in azienda

Le tre sorelle hanno dato vita a diversi cambiamenti in azienda

«I nostri 30 ettari sono molto parcellizzati, divisi in 12 posizioni diverse. Abbiamo molta varietà e variabilità – spiega ancora Alessandra Tessari - Ci è venuta voglia di fare ricerca su queste unità, con queste tre zone, dalle quali sono sempre arrivate uve particolari, tutte di Garganega. Allora abbiamo deciso di fare un lavoro “di fino”, con una selezione di uve all’interno di queste zone, e poi una vinificazione separata (ma identica) per fare 2.000 bottiglie».

«La vinificazione ci ha dato ragione, perché sono usciti tre vini diversi – continua – Abbiamo chiamato un geologo per fare un lavoro di approfondimento sui suoli».

Il cofanetto dei Luoghi con i tre vini

Il cofanetto dei Luoghi con i tre vini

E così ecco i tre vini, usciti per la prima volta con l’annata 2000. «Fittà è un vigneto a schiena d’asino. È uno dei più vecchi, circa 70 anni, e il terreno ha una maggiore presenza di argilla». Il vino risulta molto identitario, un Soave Classico non solo nel nome ma anche nella sostanza, dove la Garganega riesce a esprimersi nelle sue note più immediate di frutta fresca e fiori.

Il Castellaro 2020 è un vino che arriva da un terreno abbastanza vicino a Fittà, ma molto distante per quanto riguarda la tipologia: è più magro, con presenza di basalto, e meno acqua. Il tutto aggiunto al fatto che si trovi in una zona fresca e ventilata. Anche il vino è completamente differente: qui, oltre alla frutta, spicca una nota particolarmente speziata, per certi versi anche pungente. In bocca anche la sapidità è maggiormente incisiva, per un vino che si riscopre complesso anche in retrolfattivo.

Un'immagine dei vigneti

Un'immagine dei vigneti

Il Tremenalto, invece, con la sua esposizione a ovest, ha uve maggiormente mature. Il vino, mantenendo comunque buone finezza e tensione, è un po’ più grasso, ricco, caldo. «È un terreno con zero argilla, più leggero – sottolinea Alessandra Tessari - con le radici della vite che vanno in profondità, in un terreno evoluto».

Quindi, nel giro di pochi chilometri, si trovano tre vigne che offrono espressioni molto diverse. Questa è solo una parte del grande mosaico di Soave: chi volesse approfondire, può consultare il volume Soave Terroirs, realizzato pochi anni fa dal Consorzio, che è una dimostrazione del grande potenziale di questa zona, troppo spesso dimenticata e sottovalutata. Per fortuna aziende come Suavia stanno andando su questa strada dell’identità territoriale. Una strada che anche altri dovrebbero seguire.


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Raffaele Foglia

giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose

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