13-10-2023
Fèlsina, acquistata dalla famiglia Poggiali nel 1966, è diventata un punto di riferimento per la produzione di Chianti Classico e, più in generale, di vini toscani
Il destino di Giovanni Poggiali nel mondo del vino è stato probabilmente segnato fin dalla nascita. Sia perché era il primo figlio di Giuseppe, che con nonno Domenico aveva acquistato nel 1966 la Fattoria di Fèlsina, sia perché proprio in Toscana era stato battezzato, proprio nella cappella della tenuta, il giorno di Natale del 1971.
Quella di Fèlsina è una storia, quindi, relativamente recente: la famiglia Poggiali, originaria della Romagna, aveva puntato sulla produzione del vino in anni dove erano davvero in pochi a credere in quello che poi è stato un vero e proprio Rinascimento del vino italiano. Ora l’azienda è diventata un punto di riferimento tra gli appassionati del Chianti Classico e, più in generale, dei vini toscani.
Giovanni Poggiali durante la degustazione di Milano
È proprio Giovanni Poggiali a raccontare un po’ l’evoluzione di Fèlsina negli anni. «Sono il primo di tre fratelli – spiega – la mia strada era segnata: “tu farai il vino”. Quando mio nonno e mio papà hanno iniziato, non c’era ancora una conoscenza approfondita del territorio e dei terreni. Ma, che sia stato il destino o la fortuna, ci siamo trovati in una zona di Castelnuovo Berardenga che era un vero e proprio paradiso per il Sangiovese».
Da qui, poi, pian piano è cresciuta non solo la consapevolezza, ma anche la voglia di saperne sempre di più. «Anche grazie alla consulenza dell’enologo Franco Bernabei – continua Poggiali – abbiamo fatto un lavoro di selezione delle vigne vecchie. Alla fine ci troviamo ad avere circa il 90% di Sangiovesi, il resto sono una “montagna” di altre vigne».
Il Chianti Classico Riserva Rancia, vino simbolo dell'azienda
Il termine al plurale, Sangiovesi, non è affatto casuale, perché in Fèlsina sono mantenute circa 40 delle oltre cento varietà clonali di Sangiovese, su un totale di 95 ettari vitati: la scelta di questi cloni è arrivata nel tempo con la selezione massale.
Il 1983, poi, è stato un anno molto significativo: esattamente quarant’anni fa nascevano infatti sia il Rancia, il Chianti Classico Riserva, sia il Fontalloro, due vini simbolo dell’azienda. «Rancia è la zona più al confine dell’area del Chianti Classico verso i Colli Senesi, caratterizzata soprattutto da roccia e terreni calcarei. Fontalloro, invece, è l’espressione di Berardenga, più classica, dove si uniscono Sangiovesi da terreni calcarei a quelle da terreni più sciolti e sabbiosi».
I vigneti in Toscana
Il “compleanno” di questi due vini, che lo stesso Giovanni Poggiali ha definito “gemelli” in quanto vinificati e affinati (in barriques per 18/20 mesi) praticamente nello stesso modo, entrambi Sangiovese in purezza, è stato celebrato con una degustazione che ha cercato di valutare l’evoluzione nel tempo di questi due vini, assaggiando le annate 2019, 2015 e 2009. «Varia solo la presenza di legno nuovo, con il Fontalloro che ne ha una maggiore percentuale».
Così il 2019 di Rancia è un vino molto elegante ma anche un po’ introverso, che lascia intendere il potenziale per il futuro, mentre il Fontalloro ha una maggiore esuberanza iniziale, con un frutto rosso netto e croccante, e una buona presenza al sorso.
I vini delle annate 2019, 2015 e 2009 degustati a Milano
L’annata 2015 si esprime con grande spessore in entrambi i vini: il Chianti Classico Riserva Rancia trova una grande complessità, una splendida finezza e un sorso lungo e profondo, con la sensazione di poter avere ancora parecchia vita davanti a sé. Il Toscana Igt Fontalloro (realizzato da vigneti che si trovano in parte nel Chianti Classico e in parte nell’areale senese) si esprime per equilibrio e piacevolezza, con un naso ampio, fruttato e balsamico, e un sorso più vellutato.
Per quanto riguarda, infine, i due vini del 2009, il Rancia è in ottima forma, con un grande armonia sia al naso che all’assaggio. Il Fontalloro ha una spinta calorica maggiore, è più “poderoso”, ma sempre piacevole e dalla buona bevibilità.
Segnali chiari e precisi della strada intrapresa da Fèlsina: il Sangiovese al centro, punto di riferimento imprescindibile. Un vitigno da seguire, accudire e accompagnare nella sua evoluzione. Una strada che, a nostro avviso, Fèlsina sta seguendo egregiamente.
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di
giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose
Emanuele Reolon, estate director di Isole e Olena, cantina a Barberino Tavarnelle (Firenze)
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