Una cantina sociale che ha voglia di sperimentare. Così Cantina Settecani si lancia in una nuova avventura, piena di bollicine. Il progetto è quello di valorizzare il Lambrusco Grasparossa, senza snaturarlo, con un Metodo Classico che vada maggiormente incontro alle richieste di mercato, ma soprattutto ai gusti dei consumatori, sempre più attenti e preparati.
Ma prima, entriamo nel mondo di Settacani, a Castelvetro, in provincia di Modena. «La cantina è nata nel 1923 – spiega il direttore commerciale Fabrizio Amorotti - ci apprestiamo a compiere il nostro secolo di vita. Da alcuni anni il percorso sul vino è sempre più legato alla territorialità e alla sostenibilità. Ci rendiamo conto che il consumatore è sempre più attento e anche per questo motivo la nostra strada sta andando in una direzione di prodotti che puntano ad avere un ottimo rapporto qualità/prezzo».

Alcuni vigneti della cantina sociale
La cantina è formata da 250 soci, che conferiscono annualmente circa 55mila quintali d’uva. Da poco tempo è nato il nuovo progetto della cantina, il primo metodo classico.
E lo racconta Andrea Graziosi, l’enologo di Settecani: «Abbiamo seguito una strada simile a quella percorsa da altre cantine, che però hanno puntato sulla tipologia del Labrusco di Sorbara per la realizzazione di un metodo classico. Ben diverso, invece, è l’utilizzo del Lambrusco Grasparossa, che ha caratteristiche differenti. La nostra idea, per questo Metodo Classico, è stata quella di unire le caratteristiche della collina e della pianura. Il vigneto più in alto si trova al confine con la doc di Castelvetro, si tratta di un ettaro a circa 425 metri sopra il livello del mare».

È ormai tempo di vendemmia
Come detto si utilizza il
Lambrusco Grasparossa: «Il
Lambrusco di Sorbara è il più “rosato” tra i
Lambruschi – sottolinea ancora
Graziosi - ha un’acidità molto elevata e i vini che ne derivano sono più “verticali”. Il
Grasparossa, invece, ha più struttura e un’acidità più equilibrata. Oltretutto la nostra tradizione è molto legata a questa varietà, che offre profumi molto più intensi e una certa tannicità che conferisce maggiore longevità. Partendo da questi concetti, abbiamo voluto provare l’evoluzione sui lieviti».
L’esperimento ha portato alla nascita del progetto Settimocielo: «La prima decisione è stata legata ai cloni, scegliendo quelli più vecchi, che permettevano di avere una buona acidità, anche se sono più difficili da lavorare. Abbiamo scelto di lavorare a uva intera, prendendo solo il mosto fiore e il secondo mosto. Non abbiamo usato legno: abbiamo puntato alla massima pulizia dei mosti, lavorando poi in acciaio. Quindi 24 mesi sui lieviti, solo 5 grammi di residuo e 7,5 di acidità totale».
Ne vengono prodotte, al momento, 2.500 bottiglie. «L’obiettivo è quello di far sentire il
Grasparossa, in tutti i suoi aspetti – sottolinea
Fabrizio Amorotti - Anche dal punto di vista cromatico: non è un rosa scarico, ma si vede tutto il colore di questo vitigno. E poi vogliamo che esca tutto il frutto rosso caratteristico di questo Lambrusco».
Insomma, un vino che non vuole nascondersi. Il risultato è eccellente, perché riesce a equilibrare l’esuberanza – non solo cromatica, ma anche olfattiva – del Grasparossa, con una buona acidità e anche sapidità, per un vino dall’ottima bevibilità. Non solo un bicchiere da aperitivo, ma anche da abbinamenti. Ma soprattutto è un vino che esprime un concetto fondamentale: la Cantina Settecani è in continua evoluzione, puntando sempre più in alto.