14-12-2021
Manca davvero poco a Natale e San Silvestro, e ci sono cose che non vanno improvvisate all'ultimo momento: brindare nel modo migliore è una di queste. Per questo motivo la redazione di Identità di Vino si è presa il compito di selezionare e presentare grandi vini (e non solo) da portare sulle nostre tavole, in buona compagnia, nei giorni di festa, da condividere con amici e parenti. Oggi vi presentiamo la seconda parte dei consigli di Cinzia Benzi, Amelia De Francesco, Raffaele Foglia, Adele Granieri, Marilena Lualdi, Fosca Tortorelli, Salvo Ognibene, Maurizio Trezzi, Davide Visiello: la prima parte la trovate a questo link: Undici bottiglie per il Natale: i consigli dei nostri esperti sui vini da regalare (e regalarvi) per le feste.
Il colore del Natale è rosso. E quindi anche noi iniziamo con un rosso, ma non propriamente un vino, bensì un Vermouth. Anzi, un “Non Vermouth”, perché Vermuto è il sogno di Michele Mastìo e Paola Hofmann di far incontrare l’ostico Cannonau con la tradizione piemontese. Così sono seguiti anni di sperimentazioni, di tentativi, di assaggi, per arrivare a un prodotto che riuscisse a conciliare le note anche un po’ selvagge e selvatiche del Cannonau prodotto dalla cantina Mastìo-Hofmann a Galtellì, nelle Baronie sarde, alle dolcezze del Vermouth.
Il risultato è davvero molto interessante: non può essere definito un Vermouth classico perché con il suo intreccio di camomilla, artemisia e giaggiolo riesce a offrire durezza e dolcezza insieme. L’ideale è assaggiare il Vermuto da solo, in purezza, con un calice ampio e una temperatura di servizio di circa 10°C. Ma chi vuole può anche farsi un originale e piacevole Negroni. Se si vuole restare in Sardegna, utilizzando il Gin Gentù e il Bitter Roma di Silvio Carta. Così, per iniziare a festeggiare.
Raffaele Foglia
Verdicchio e vini del Conero sono gli emblemi delle Marche vinicole. La provincia di Macerata, un po’ più distante dal mare, offre altresì esempi di viticoltura interessanti, meno noti, ma anche per questo più piacevoli da scoprire. Podere Sabbioni è una realtà con vigneti nel comune di Petriolo, nella zona di protezione della Riserva Naturale dell’Abbadia di Fiastra, e la cantina a Corridonia, all’interno del molino di famiglia.
L’idea di Maria Grazia Sagretti, commercialista, e del marito Massimo Carletti, enologo e sommelier, è quella di produrre vino seguendo le indicazioni del programma V.I.V.A. del Ministero della Transizione Ecologica, per migliorare le prestazioni di sostenibilità dell’intera filiera vitivinicola. Come con la Ribona, uva autoctona, che predilige suoli freschi, clima ventilato e non troppo caldo. Podere Sabbioni la produce in due versioni: la Colli Maceratesi Ribona e la stupefacente Riserva Familiare. Quest’ultima, nell’annata 2018, ha colore giallo paglierino intenso, profumi spiccati di pesca gialla, miele e agrumi. Ricca in bocca ha note minerali autentiche ed esclusive con ottima acidità e finale sapido e prolungato.
Dopo la fermentazione a bassa temperatura, riposa sulle fecce fini in vasche di acciaio e cemento per almeno 12 mesi. È sorprendentemente longeva ed equilibrata e può essere degustata con grande soddisfazione anche cinque e più anni dopo la vendemmia. Perfetta insieme a un Vitello Tonnato, anche rivisitato, durante un pranzo delle feste.
Maurizio Trezzi
L’occhio ribelle si fa subito distrarre dall’etichetta, coloratissima, viene voglia di entrarci dentro subito ad esplorarne il mondo: nella terra del Susumaniello la famiglia Rubino ha riservato ai propri winelover grandi sorprese sotto l’albero, come il Palombara Primitivo di Manduria DOC 2019. L’ultimo progetto dell’azienda brindisina Tenute Rubino nasce da nel cuore della DOC di Manduria.
Un vino eclettico, per certi aspetti innovativo, raccontato attraverso un nuovo linguaggio artistico e valorizzato da un’etichetta minimalista e di grande forza evocativa, all’insegna dei colori e dei profumi della Puglia enologica di qualità. Iniziate a divertirvi con gli amici che accompagneranno la scoperta di questo primitivo, con piatti semplici e non troppo elaborati, principalmente a base di terra, che richiamano la tradizione gastronomica salentina. Se si desidera apprezzarne la rotondità e morbidezza del sorso, suggeriamo di servirlo ad una temperatura compresa tra i 16 e i 18 gradi in abbinamento alle orecchiette con cime di rapa, o ancora, a primi o secondi a base di carne come agnello, cavallo o, ancora meglio, con le lasagne ‘ncannulate: la pasta fresca tipica pugliese arricchita con la zuppa di ceci e gli gnomerelli, involtini fatti con le frattaglie.
Salvo Ognibene
La cantina di Marco Sara si trova a Savorgnano del Torre in provincia di Udine, nella DOC dei Colli Orientali del Friuli, e dagli anni 2000 è gestita in prima persona da Marco e dalla moglie. Otto ettari di vigneto da cui vengono prodotti, principalmente da varietà autoctone, vini con una forte impronta artigianale, volutamente legati a sostenibilità ambientale e identità territoriale. E il terroir si fa sentire prepotente in questi vini di ponca, la roccia calcarea che caratterizza la zona di produzione viticola, e che è costituita da strati alternati di marne e arenarie.
Il Verduzzo Friulano - da cui circa 1000 bottiglie totali all’anno, per un ettaro di vigneto - Marco Sara lo declina in due versioni: secco e dolce da uve con appassimento. Il Verduzzo secco 2017 - lavorato in acciaio - è un vino diretto, di beva piacevolissima ma senza fronzoli, sapido e con intense note fruttate, versatile negli abbinamenti a tavola. Lo abbiamo pensato, in occasione delle feste, insieme a un piatto regionale delle feste, gli gnocchi di susine, serviti come primo, conditi con burro fuso e cannella a stemperare l’asprigno del frutto. Si tratta di semplici ma gustosi gnocchi di patate bianche ripieni di susine, la cui origine è mitteleuropea e risale agli inizi del ‘900. Il Verduzzo secco, con la sua aromaticità e tendenza dolce e al tempo stesso la garbata tannicità, non può che essere il sorso perfetto di accompagnamento.
Amelia De Francesco
Quando si parla di festività a tavola è la tradizione a farla da padrona, ecco perché il capitone - esemplare femmina dell’anguilla - è da sempre presente sulla tavola della vigilia del Natale napoletano, cucinato in modi diversi a seconda della tradizione familiare. Quello arrosto è tra le preparazioni più apprezzate, solitamente messo su spiedi di legno insieme a foglie di alloro. È un pesce dalle carni compatte, saporite e piuttosto grasse, dal sapore molto intenso e particolare. In passato si credeva che mangiarla fosse di ottimo auspicio, è quindi un piatto dal valore simbolico che ben si adatta ad un prodotto altrettanto significativo, che affonda le sue radici a Marsala.
Parliamo del Vecchio Samperi Perpetuo di De Bartoli, un vino prodotto in onore del territorio, precisamente della contrada di Samperi, che racconta di un tempo che non c’è più, senza denominazione né annata, ottenuto senza fortificazione, ma tramite una fermentazione spontanea in vecchie botti di legno, senza aggiunta di solfiti e senza additivi. Per la sua produzione viene nobilitato l’antico metodo di affinamento del vino in botti di rovere conosciuto come in perpetuum (simile al sistema Solera); prodotto con il 100% di uva Grillo, cattura per le sue tinte ambra e per il bouquet di profumi di grande complessità, dalla frutta secca alle spezie orientali; il sorso è ricco, asciutto e di incredibile persistenza. Un vino da non relegare alla fine del pasto, ma che diventa interessante e sorprendente anche con insolite preparazioni come il capitone.
Fosca Tortorelli
Importato per la prima volta nella penisola nel periodo delle Repubbliche Marinare grazie ai collegamenti con i mercati del nord, il baccalà cominciò a diffondersi a Napoli agli inizi del 1500 come "pietanza per i poveri” e da allora non esiste vigilia di Natale senza il baccalà fritto. La preparazione è semplicissima: una volta dissalato il baccalà, si taglia a pezzi e si asciuga dall’acqua in eccesso, si infarina, si frigge in abbondante olio e si serve rigorosamente bollente.
Il Greco di Tufo “Torrefavale” 2019 di Cantine dell’Angelo rappresenta un ottimo abbinamento, capace di tenere testa all’intensità gustativa del baccalà e contrastare l’unto della frittura. Un vino che esprime con grande personalità il terroir di provenienza: una singola vigna a circa 600 metri di altitudine, su terreni particolarmente ricchi di sostanze minerali, tipici dell’areale di Tufo. Il timbro minerale e sulfureo è appena stemperato dai richiami di scorza di agrumi e fiori appassiti e precede un sorso caratterizzato da grande intensità, vivace freschezza e potente salinità.
Adele Granieri
Nell’area sottostante i monti Picentini, a cavallo tra la Costiera Amalfitana e il Cilento si estende la pianura di Paestum, una delle più fertili e produttive di Italia i cui suoli sono caratterizzati da abbondante presenza di argilla e limo, qui nasce la realtà di Viticoltori Lenza, azienda familiare condotta da Valentino e dal figlio Guido, supportati dall’entusiasmo di sua moglie Ida.
Tenuta Valentinia costituisce il cuore della storia della famiglia Lenza; acquistata nel 1920 dalla Casa Reale Doria, ha visto il succedersi di generazioni familiari dedite al settore agricolo e all’allevamento di cavalli, da qui il cavallo come simbolo aziendale. La loro produzione vitivinicola è attualmente focalizzata su vini rossi, ma proprio a Tenuta Valentina è recentemente nato un nuovo impianto di uve a bacca bianca, che ha dato vita a Ida, l’IGP Colli Di Salerno Bianco 2020. Frutto di un esclusivo uvaggio tra 70% Falanghina e 30% Greco, si presenta nel calice con il suo colore caldo quasi dorato. Deciso e al contempo delicato all’olfatto con note floreali di ginestra, che danno spazio a tracce fruttate di mela cotogna, percoca e zucca candita. Freschezza balsamica nel sorso che con la sua traccia sapida invoglia la bevuta e diventa il compagno ideale del baccalà fritto croccante, un secondo piatto tipico della tradizionale cena della Vigilia napoletana.
Se bisogna essere precisi, bisognerebbe utilizzare i sette tagli classici di manzo per realizzare un perfetto bollito alla piemontese. Ma, come è giusto che sia, ognuno ha la propria tradizione familiare, e magari anche un macellaio di fiducia al quale affidarsi. Il bollito, comunque sia, è quel piatto che riscalda, da condividere con i parenti, da gustare soprattutto nei periodi di festa. Poi, a Natale, ancora di più, utilizzando il brodo per cucinare degli ottimi cappelletti.
Il pensiero, per chi è appassionato della zona, non può che portare nelle Langhe, a quella nebbia che sale dalle colline e che somiglia al vapore dei pentoloni pieni di bollito, che appannano i vetri delle finestre. Fuori il freddo e dentro ci riscalda i cuori. Nel calice, a questo punto, non può che esserci un Barolo, simbolo della nobiltà dei vini piemontesi. La scelta cade su un vino ricco di ricordi, all’Aeroplanservaj, l’aeroplano selvatico, che era il nome con il quale Domenico Clerico veniva chiamato dal padre. Ed è anche la sfida di Domenico Clerico, scomparso da qualche anno, che uscì dalla sua Monforte per cimentarsi nell’avventura sui terreni di Serralunga d’Alba. Un volo dell’aeroplano selvatico che porta ad avere un vino molto ricco e profumato, con le inconfondibili note balsamiche tipiche del Nebbiolo di Serralunga, e con un tannino ben presente ma non invadente. Vino da grande invecchiamento: in commercio, al momento, c’è la 2017 (con le sei etichette differenti che hanno sempre caratterizzato queste bottiglie), ma se si riuscisse a trovare qualche millesimo precedente, sarebbe il massimo.
RF
Il Lagrein è il vitigno rosso per antonomasia in Alto Adige. Nato sulle colline attorno a Bolzano vive un ritorno di attenzione da parte dei consumatori dopo aver passato periodi bui in cui era quasi stato quasi abbandonato e poco prodotto. Oggi è invece coltivato, vinificato e apprezzato per le sue caratteristiche di rotondità, morbidezza e fine acidità. Dal colore molto intenso, quasi scuro, è pieno e ricco, grazie al clima caldo della conca bolzanina che rappresenta il suo naturale luogo di vocazione.
Hannes e Judith Rottensteiner, sostenuti dagli altri membri della famiglia. lo producono in una versione Riserva, con uve di oltre 30 anni provenienti da 3 vigneti nella frazione Gries. I terreni poggiano sulla pietra rossa, il porfido, che ha dato il nome alla famiglia. Il Lagrein di Rottensteiner si fa apprezzare per i suoi colori intensi i profumi spiccati di viola, ciliegia, cioccolato e liquirizia. Dopo una fermentazione in vasche di cemento passa 12 mesi in barrique che ne ammorbidiscono i tannini senza però far eccedere le note legnose. Oltre ai classici abbinamenti con carni rosse e selvaggina, si può apprezzare servito su un bel plateau di formaggi stagionati e piccanti o con i fantastici, ancora poco noti, erborinati dell’Alto Adige.
MT
Dal 1998 Riccardo Bianco e la moglie Maria sono alla guida dell’azienda agricola Mongioia. Siamo in Piemonte, nella frazione Valdivilla, su una collina che domina la città che ha dato i natali a Cesare Pavese, Santo Stefano Belbo. Dal 1998 Riccardo Bianco e la moglie Maria guidano l’azienda Mongioia. Una decina di ettari vitati a Moscato d’Asti. Riccardo, enologo e agronomo, rappresenta la sesta generazione di vigneron portando avanti l’attività iniziata dal padre concentrandosi a valorizzare il vitigno Moscato. Incessante è la ricerca della perfezione generata, in primis, da un’impeccabile materia prima coltivata con i principi di sostenibilità. Bio in vigna e in cantina: l’energia elettrica, per esempio, è prodotta, totalmente, da fonti rinnovabili certificate. Bollicine, vini fermi e Moscata prodotta in anfora. Un recipiente brevettato per Mongioia, creato con un impasto di terra e altri minerali ideali per rispettare il mosto di Moscato che fermenterà, naturalmente, con una sosta per almeno un anno. Moscato d’Asti in purezza dal sorso equilibrato. La dolcezza del frutto maturo si fonde con una delicata florealità. Effervescenza elegante e note balsamiche sul finale. Emozionante esplosione di terpeni nel calice che stregano le papille gustative. Must have per le feste!
Cinzia Benzi
Qualche tempo fa, in televisione, c’era una pubblicità che diceva: «Ti piace vincere facile». Ecco, per una volta ci piace vincere facile e a Natale decidiamo di farci coccolare da un vino eccezionale: parliamo del Terminum di Cantina Tramin, una delle creazioni dell’enologo Willi Stürz che ha appena festeggiato i 30 anni alla guida tecnica dell’azienda.
Cantina Tramin ha fatto del Gewürztraminer il suo vitigno “bandiera”, la missione principale è quella di valorizzare al meglio queste uve riuscendo a esaltarne l’aromaticità senza creare vini stancanti o stucchevoli. Terminum è forse una delle migliori espressioni di questa filosofia di produzione, portata avanti da sempre da Willi Stürz con tenacia: si tratta di una vendemmia tardiva che complessivamente ha 9,5% vol (almeno per quanto riguarda l’annata 2018), ma soprattutto è un vino dolce, ricco, ampio, con profumi di frutta dolce, di pesca e albicocca, con miele e scorza d’arancio, e con al sorso il grandissimo sostegno da parte di una grande acidità, che lo rendono non solo piacevole, ma estremamente beverino. Per gli abbinamenti ci si può sbizzarrire, anche con il panettone, se si vuole. Ma forse il modo migliore è versarsene un buon calice, in buona compagna, sul divano, per una giornata dedicata al relax. Almeno a Natale.
L’ultimo abbinamento potrebbe essere con il caminetto, per chi ce l’ha. A Natale ci possiamo anche concedere un ultimo sfizio, un buon whisky per concludere una giornata di relax e spensieratezza. La proposta è quella del Glenmorangie A Tale of Winter, un racconto d’inverno, la nuova edizione natalizia di questo whisky che parte dalla lontana Scozia e arriva fino in Sicilia.
Un racconto che è stato illustrato da Flavia Di Giustino, responsabile marketing del portafoglio distillati di Moet Hennessy Italia. «La figura chiave è il dottor Bill Lumsden, direttore creativo del whisky Glenmorangie e da 25 anni in distilleria, l’uomo più premiato al mondo per il whisky, avendo vinto il Master of distiller of the year agli International Whisky Awards di chiunque altro nell’industria. La sua filosofia si racchiude in due parole: E se? E se riuscissimo a incapsulare la magia di una tazza di caffè in un whisky? Così nasce il Glenmorangie Signet. E se riuscissimo in una bottiglia a mettere il piacere di una torta di compleanno da condividere con gli amici? E così abbiamo assaggiato il Glenmorangie A Tale of Cake. E se riuscissimo a mettere in una bottiglia il piacere di un bel camino acceso, di un maglione natalizio e il piacere di restare al caldo quando fuori nevica. E allora decise di mettere in un bottiglia tutto questo in un whisky». Una ricerca di calore che lo ha portato in Sicilia, per la precisione a Marsala: il Glenmorangie A Tale of Winter trascorre 10 anni nelle “barrel” di bourbon e quindi conclude il suo affinamento in botti precedentemente utilizzate per il Marsala.
Il risultato è un whisky avvolgente, appagante, dolce e suadente. Da caminetto, appunto. Ma, oltre ad assaggiarlo liscio, si può provare con le creazioni della bartender Elena Airaghi. Il Wintry Mix è un cocktail a base di Glenmorangie A Tale of Winter, Vermouth bianco, cordiale alla camomilla, mandarino e zenzero. Ma per immergersi ancora di più nel clima intimo di A Tale of Winter, Elena Airaghi propone questo whisky anche in versione hot toddy, per una merenda diversa dal solito: Bundle Up è preparato con Glenmorangie A Tale of Winter, succo di limone fresco, honey mix aromatizzato alla cannella, infuso ai fiori di ibisco, mela e cannella.
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo
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A cura della redazione di Identità Golose
Gennaro Schiano, titolare di Cantine del Mare a Monte di Procida (Napoli)
La selezione di Babingtons a Roma, la più antica sala da tè italiana