11-06-2021
La superficie vitata dell'Alto Adige è pari a poco più di 5.500 ettari, distribuita nelle zone climatiche più disparate, su terreni diversi e a quote che variano fra 200 e più di 1.000 metri sul livello del mare. Qui uno scorcio di Santa Maddalena in Val di Funes
«Negli anni ’80 avevamo solo la Schiava che però non ci portava grande qualità; da quel momento abbiamo capito che l’Alto Adige era un territorio ideale per i vini bianchi».
Non ha alcun dubbio l’enologo Hans Terzer, il mago dei bianchi, che racconta l’evoluzione del territorio e dei vini negli ultimi quarant’anni e che oggi consacra la regione come una straordinaria terra per i bianchi (con oltre il 60% della produzione).
L’Alto Adige ha una vocazione naturale e millenaria a produrre vini, ma il fatto che questi siano eccellenti e apprezzati in tutto il mondo dipende da alcuni valori insiti nel DNA di questo territorio. Una comunità coesa, composta da persone che, con passione e impegno, fanno crescere la qualità: vignaioli indipendenti, cooperative e tenute, da decenni raggiungono grandi risultati anche grazie al contributo, da sempre tutelato e salvaguardato, proveniente da piccole strutture a conduzione familiare.
Tra le varietà autoctone a bacca rossa Lagrein e Schiava, e poi i grandi bianchi apprezzati in tutto il mondo: Pinot Bianco, Gewürztraminer, Sylvaner, Veltliner, Chardonnay, Riesling
Dall’annata 2020 sono nati grandi vini che raccontano il meglio della regione: «L’annata 2020 è stata sicuramente impegnativa – racconta Eduard Bernhart- dalle prime settimane di maturazione fino alla scelta del momento giusto per vendemmiare. Ma nonostante tutto, la vendemmia è stata positiva: tra i bianchi si distinguono gli ottimi risultati raggiunti da Chardonnay e Pinot grigio mentre tra i rossi, Pinot Nero e Lagrein hanno raggiunto una qualità eccellente.
Eduard Bernhart, direttore del Consorzio Vini Alto Adige
I vini degustati
Si tratta di sei espressioni diverse dell’Alto Adige che ancora una volta si conferma tra le migliori espressioni bianchiste del panorama vinicolo. Per completezza di informazione, i sei vini della degustazione, in rigoroso ordine di assaggio, erano: Plotzner 2020, Pinot Bianco di St. Pauls, allevato in Südtirol già quando in tutta la regione erano presenti i tanti rossi, oggi è uno dei luoghi ideali per questo vitigno; Altkirch 2020, Chardonnay di Kellerei, varietà internazionale introdotta dall’arciduca Giovanni d’Asburgo nel 1835 ma conosciuta fino agli anni ‘80 come Pinot Giallo; Sylvaner 2020 di Pacherhof, un grande vitigno e probabilmente il più autentico della Valle Isarco; Sanct Valentin 2020, Sauvignon di St. Michael Eppan, uno dei vini più conosciuti e premiati della regione nato nel 1989; Vigna Rielerhof 2020, di St. Magdalener, un bel rosso da uve Schiava con un 5% di Lagrein da servire anche leggermente freddo; Joseph 2020, Gewurstraminer di Hofstatter, fresco, piacevole e aromatico con un’importante componente esotica dove non manca la tipica rosa, il litchi e il frutto della passione.
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nato in Toscana ma cresciuto a Menfi (Agrigento), ama la pasta, la bici e la Sicilia. È laureato in Giurisprudenza all’Università di Bologna ed ha conseguito due master di cui uno in Marketing digitale alla LUMSA. Sommelier e giornalista, si occupa di comunicazione con attività di ufficio stampa e pr. Degustatore e collaboratore di guide enogastronomiche, è autore di 5 libri
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