02-03-2019

Dalla Loira allo Jura, naturalmente

Tre produttori francesi di vini naturali, insieme a Milano per presentare le proprie etichette. I nostri assaggi

Da sinistra: Jean Pierre Robinot, Philippe Bornard

Da sinistra: Jean Pierre Robinot, Philippe Bornard e Fabrice Dodane

Che cos’è la follia? Forse lasciar parlare la natura e prendersi il tempo di ascoltarla. Un cammino folle e appassionante, quello che caratterizza tre produttori francesi di vini naturali capaci di stupire con il loro lavoro e la loro capacità di sfidarsi facendo squadra. Una squadra che ha scosso una serata nel locale N’ombra de vin a Milano, in collaborazione con Meteri

Loira contro Jura, o meglio alleate. Jean Pierre Robinot e Philippe Bornard per la prima volta insieme, con un terzo personaggio non certo nel ruolo di comparsa: Fabrice Dodane. Non vi possiamo indicare i loro siti Internet, perché la follia e l’amore per la natura passano anche da questo: decidere di non averne bisogno. Al massimo, ecco i profili personali sui social network, alquanto anticonvenzionali, senza racconti ampollosi, bensì spontanei, talvolta irruenti.

Anzi, in linea con questa originalità capovolgiamo l’ordine di presentazione per iniziare, perché Fabrice Dodane è entrato quasi come una sorpresa quella sera e invece ci ha subito stregati con il suo 2016 Chardonnay Arbois Les Brûlées - Nature, 12 gradi.

Dal suo Domaine de Saint Pierre, ecco un vino che pone di primo acchito a un bivio netto olfatto e gusto. Il primo vi scorge persino del fumo ed evoca la pietra focaia, quella che accende promesse, molto più intriganti delle certezze. Promesse che passano appunto dalla vinificazione naturale e che fanno poi gustare un protagonista elegante e potente allo stesso tempo. Senza aggiunta di solfiti, né filtrato. 

Anche Philippe Bornard significa Jura, con vini biodinamici da uve coltivate ad altitudini elevate. I terreni sono marne grigie e rosse nel territorio di Pupillin. Vendemmia, fermentazione in vetroresina e acciaio, affinamento in grandi botti di rovere per circa un anno.

Ci soffermiamo sul Ploussard La Chamade 2016, 12,5 gradi, nella serata accostato al baccalà mantecato. Un vino interessante, con le sue suggestioni di spezie e ciliegia, prima ancora al naso trasmette sentori di fieno. La natura è un’alleata che detta i tempi e le regole però, severa o generosa: nel 2017 si è messa di mezzo una gelata, il 2018 si preannuncia una grande annata.

Ma spostiamoci verso la Loira, nei vigneti di Robinot coltivati con trattamenti attraverso infusi di piante e una minima aggiunta di rame. Sotto di essi sono state scavate le cantine, dove avviene sempre un procedimento naturale. Ecco sulla tavola del locale milanese, ad esempio, il Lumiere Des Senses 2015 Pineau D’Aunis, 12,5 gradi, una struttura intrigante e profumi di frutta matura. 

Storie di affinità che uniscono, senza mortificare l’identità di nessuno. Perché in ciascun caso il produttore ha detto sì alla natura a modo suo. Anche portando avanti una tradizione che ha nel sangue da generazioni, oppure iniziando questo cammino spinto dall’amore per la sua terra e da ciò che essa sa dare. 


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Marilena Lualdi

responsabile de l'Informazioneonline e giornalista di Frontiera - inserto de La Provincia, scrittrice e blogger, si occupa di economia, natura e umanità: ama i sapori che fanno gustare la terra e le sue storie, nonché – da grande appassionata della Scozia – il mondo del whisky

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