L’incredibile mondo del vino nell’Alto Adige, dove si possono trovare mille sfaccettature di un diamante creato sulla qualità produttiva.
Per definire meglio cosa siano i vini dell’Alto Adige oggi, non basta affatto elencare dei freddi dati. Ma bisogna, prima di tutto, guardare in faccia i produttori, parlarci e capire da loro cosa significhi lavorare questa terra così eterogenea e varia. E se possibile, andare sul posto, in mezzo alle vigne, per capire e gustare.
Che poi è stato l’obiettivo dell’Alto Adige Wine Summit, esordio per le anteprime dei produttori aderenti al Consorzio per la tutela dei vini dell’Alto Adige, che ha visto la partecipazione di 120 giornalisti da 25 paesi differenti, con una ottantina di aziende presenti.

Un momento della vendemmia in Alto Adige (fonte: IDM Südtirol - Alto Adige)
Alcuni “freddi dati”, comunque, è meglio darli: la realtà Alto Atesina è composta da 5.000 viticoltori che coltivano, su una superficie di meno di 5.300 ettari, ben 20 vitigni diversi. La produzione di vino si aggira in media intorno ai 350.000 ettolitri annui. Il 55% della produzione è di vini bianchi (
Chardonnay,
Gewürztraminer,
Pinot Bianco e
Pinot Grigio i più importanti), mentre il rimanente 45% è per i rossi, principalmente
Lagrein,
Schiava e
Pinot Nero, ma anche
Merlot e
Cabernet per fare degli esempi significativi.
Guardando in faccia i produttori, come accennato prima, si poteva scorgere una velata (ma non troppo) preoccupazione per la vendemmia 2017: le gelate in primavera, poi la siccità estiva (anche se nell’Alto Adige si è avvertita meno rispetto al resto d’Italia) e infine alcune violente grandinate, sono stati fattori che hanno inciso sull’annata e che hanno dato del filo da torcere ai produttori.
Sulla base di queste premesse, come ricordato dal Consorzio in un comunicato stampa, gli esperti prevedono un calo della produzione compreso tra il 10 e il 20%. Nonostante questo, «il lavoro instancabile e l’elevata professionalità dei viticoltori garantirà comunque un vino di grande qualità» spiega il presidente del consorzio Max Niedermayr.

Oscar Lorandi, direttore della cantina Girlan
Ma al
Wine Summit il tema era l’anteprima delle annate precedenti non ancora in commercio. «Le ultime cinque annate sono state estremamente diverse tra loro – ha spiegato
Oscar Lorandi, direttore della cantina
Girlan – Per quanto riguarda il 2016 ci sono stati molte variazioni climatiche durante la stagione e alla fine abbiamo avuto, come risultato, vini molto buoni ed equilibrati. L’annata 2015 è stata sicuramente più calda».
La Girlan è una cantina che propone sempre ottimi prodotti. Tra poco più di un mese sarà in commercio il Pinot Bianco Riserva Flora 2015, 9mila bottiglie complessive in questa che è la sua prima annata in commercio: un vino da provare. E da non sottovalutare la Schiava Alte Reben Gschleier 2016, da vigne che hanno almeno 85 anni.

Peter Dipoli mostra il suo Sauvignon Voglar 2015
Ha dovuto soffrire un po’ di più
Peter Dipoli, che ammette: «Chi conosce i miei vini, sa che il 2015 è diverso. Semplicemente il mio
Sauvignon rispecchia esattamente l’andamento dell’annata: se avessi anticipato la vendemmia, avrei avuto una maggiore acidità, ma ne contempo avrei avuto un prodotto più “verde”, crudo». Il suo
Sauvignon Voglar 2015 (
azienda Peter Dipoli) è un vino piuttosto caldo, come da lui stesso annunciato, ma comunque di ottima qualità.

Grande profondità per la Private Cuvée Andreas Huber 2015 di Pacherhof
Un vino che ci ha stupito è la
Private Cuvée Andreas Huber 2015 di
Pacherhof: si tratta di
Riesling e
Kerner in percentuale maggiore, assieme a
Sylvaner, che esprimono un’aromaticità portentosa, sia per intensità che per ampiezza, mantenendo una grande bevibilità. Già in commercio.
Per Cantina Kaltern, invece, bisognerà aspettare la prossima primavera per assaggiare i due Quintessenz bianchi, rispettivamente Pinot Bianco e Sauvignon annata 2016, vera novità dell’azienda, dove la parola chiave è una sola: eleganza.
Un’ulteriore analisi sull’andamento della produzione in Alto Adige, la fornisce il giovane
Daniel Pfitscher, dell’omonima
Tenuta Pfitscher: «Il 2015, in generale, è stato difficile per i vini bianchi, mentre per i rossi è andata meglio per quanto riguarda le strutture. Più difficile per il
Pinot Nero, dove era importante leggere bene la stagione e trovare il momento giusto per vendemmiare. Il 2016, invece, è stata un’annata più equilibrata». Il loro
Pinot Nero Riserva Matan 2015 è un vino di carattere: molto fine, profumato, ben strutturato, ma non grasso e pesante. In vendita la prossima primavera, è una bottiglia che sarà bene tenere in cantina per un po’ ad affinare.
Le conclusioni: sulla qualità della produzione in Alto Adige non si discute. Questo, però, era un concetto già ben noto e definito anche ai semplici appassionati. Ora l’Alto Adige sta cercando di far capire come ci siano davvero mille sfaccettature, date da due elementi: il terroir, che cambia nel giro di poche centinaia di metri, e il viticoltore, perché ognuno ha un proprio stile e una propria filosofia produttiva. E di questo avremo modo di parlarne ancora.