All'inizio fu Diego Rossi. Fu insomma l'idea che, nella continua e pur felice rincorsa alla creatività nella cucina d'autore, ci si fosse dimenticati per strada piatti, tradizioni, persino atmosfere che intanto hanno un pubblico (anzi: un pubblico decisamente più vasto del fine dining puro, com'è normale sia); e che poi costituiscono un patrimonio gastroculturale importantissimo, un'eredità preziosa che sarebbe assurdo non riproporre ma in forma nuova o per meglio dire evoluta, ossia filtrata attraverso la sapienza tecnica e l'apertura mentale dello chef-cuoco contemporaneo.
Aperta quella strada, sdoganato tale concetto, le forme con le quali quest'ultimo può prendere vita sono molteplici, praticamente infinite, tanto quanto sono infinite le espressioni delle cucine italiane, ossia della multiforme tavola regionale della Penisola. Ad esempio, ad Asparetto di Cerea, nella Bassa Veronese...
Ad Asparetto di Cerea, nella Bassa Veronese (a 30 minuti dal capoluogo, nel comprensorio delle terre piane), dal 1300 sorge un casino di caccia appartenuto alla famiglia degli
Scaligeri; fu in particolare
Cangrande della Scala a volerlo per poi assegnarlo a
Zonta Ormaneto, suo prefetto generale della caccia. Oggi si chiama, appunto,
Villa Ormaneto, immersa in un parco con alberi secolari, tra cui maestosi noci del Caucaso, pianta esotica importata dagli antichi proprietari per sottolineare il loro status. La struttura è stata riportata all'onor del mondo dalla famiglia
De Santi Fabricci, che l'ha acquistata nel 2002 pensandola come dimora ma anche luogo d'ospitalità, con 8 suite a disposizione degli ospiti: non un modello rural-chic come verrebbe da pensare, ma molto più rispettoso della storicità dell'edificio, in bell'abbraccio con la natura che lo circonda. A un certo punto i
De Santi Fabricci - e in particolare
Camilla De Santi, che dirige il tutto - han pensato di dotare
Villa Ormaneto di un ristorante. Con quale idea? Con quale stile? La scelta è stata quella di proporre una cucina legata all'autenticità del territorio; capace di richiamare la tradizione nell'asse continuo con produttori, artigiani del gusto e vignaioli locali; insomma di offrire gusti popolari, della memoria. Serviva lo chef giusto. Ed era già lì.
Gianluca Da Rin Perette conosceva
Villa Ormaneto da decenni, d'altra parte è proprio di Cerea, per quanto d'origini "foreste", metà mantovane e metà carsiche. Classe 1975, non è chef dal grande nome, ma solido eppure estroso, appassionato della propria terra, virtuoso nel manipolarne i frutti, legato alle radici ma capace di proiettarle in avanti. È sembrato la scelta giusta ai
De Santi Fabricci e lo sembra anche a noi, dopo l'assaggio.
Al Vi-Or, il ristorante della Villa, tutto è simpatico; ma soprattutto la sezione del menu dedicata ai "piatti dimenticati", «siamo andati a fondo nella tradizione delle ricette classiche venete e le abbiamo portate nel presente realizzando piatti moderni e leggeri - spiega Da Rin Perette - Abbiamo lavorato sugli ingredienti locali più amati, trovando nuovi e contemporanei modi di interpretarli. Oltre alle proposte alla carta, abbiamo inserito dunque un menu speciale dedicato appunto ai "piatti dimenticati", che rappresenta un viaggio tra i grandi sapori della cucina veneta di campagna».

Lo chef Gianluca Da Rin Perette con il suo secondo, al barbecue
Dalla teoria alla pratica: al
Vi-Or si potranno gustare, ottimamente realizzate, ricette come l'
Oca in onto (nel nostro caso, cotta al bbq e accompagnata dal suo fondo all'arancia), la
Trippa dell'oste alla parmigiana, il
saór (ma non quello che vi aspettereste:
Spaghetti al pomodoro in saór con caviale di aringa), un gustoso
Vitello rengato (ossia non tonnato ma con salsa con salsa d'aringa e caviale di aringa), la
Frittole de pomi e uvetta (ossia le frittelle di mele tipiche del Carnevale veronese, tutto l'anno). Pure, per restare nel mondo dolce, una buona
Torta delle rose e zabaione caldo e un più cosmopolita
Babà (però in "
bagna veneta", ossia col maraschino).
Noi abbiamo trovato tutto gradevolissimo: il luogo, l'atmosfera conviviale, il recupero della memoria del gusto e i piatti di loro, ovviamente. A nostro giudizio, vincono i Tortelloni di borragine con salsa blanquette e ricotta affumicata ma soprattutto il Risotto al tastasal, eccellente, il Vialone Nano tenuto al perfetto punto di cottura e insaporito anche con una spolverata di cannella; e la deliziosa Anguilla di Comacchio cotta al bbq e aromatizzata con salvia limone, eccellente di sua, ancor di più se accompagnata da una spettacolare senape selvatica saltata.
La nostra cena, nelle foto di Tanio Liotta.

Il nostro uovo di stagione: uovo poché con asparagi bianchi spadellati, fonduta al Salva cremasco, perlage al tartufo nero della Lessinia e chips di topinambur

Vitello rengato, ossia un taglio di scamone cotto al rosa sul bbq con salsa con salsa d'aringa e caviale di aringa

Baccalà alla vicentina 3.0, con una spolverata di bottarga di vitello

Risotto al tastasal. Lo chef utilizza Vialone Nano, c'è una spolverata di cannella e una mantecatura di burro di malga. Il tastasal (un impasto di carne fresca di maiale macinata, salata ed insaporita con abbondante pepe nero grosso frantumato) è lavorato maison

Tortelloni di borragine con salsa blanquette e ricotta affumicata. La salsa è realizzata con burro, panna acida e aromatizzata al timo

Lumache del Polesine e ortaggi veneti

Trippa dell'oste alla parmigiana

Oca in onto cotta al bbq, con la sua salsa all'arancia

Anguilla di Comacchio cotta al bbq e aromatizzata con salvia limone. Come contorno, una spettacolare senape selvatica saltata

Babà in bagna veneta (ossia il maraschino Luxardo) e crema alla vaniglia

Torta delle rose e zabaione caldo