Qual è il centro del mondo? Non saprei dirlo. Qual è il centro d’Europa? Francesi e tedeschi litigherebbero (e litigano) parecchio. Qual è il cuore d’Italia? Ma se siamo il Paese più policentrico! Qual è il centro del Mediterraneo? In questo caso nessun dubbio: la Sicilia.
Il mio sguardo da pellegrino lombardo in viaggio lungo questa vostra isola non si posa tanto sul passato, non va alla Trinacria araba o normanna, né rimanda ad antichi splendori. Prova a scorgere un futuro diverso.
Se ben ci pensiamo, il maggior nemico della Sicilia – e di Venezia, e di Genova – è stato proprio un figlio di Zêna, Cristoforo Colombo. Il tramonto del ruolo geostrategico del Mediterraneo coincide con lo spostamento del baricentro dei commerci: l’autostrada dei mercanti che per millenni hanno viaggiato con le loro carovane tra Oriente e Occidente aveva come svincolo finale proprio il Mare Nostrum. La scoperta della rotta atlantica ha marginalizzato tale asse, spostandolo più a Nord con l’affermarsi progressivo del predominio angloamericano. Ora le bizze della Storia paiono voler delineare un diverso assetto, non tanto determinando nuovi predomini, quanto allargando il palcoscenico, facendovi entrare più attori. E’ la globalizzazione, bellezza.

Questo articolo è stato scritto per Con Rallo con diletto, il magazine di Cantine Rallo
Brasile, India, Cina, Turchia, Russia… Persino l’Africa pare muoversi e, secondo
Klaus Schwab, fondatore del
World Economic Forum, sarà protagonista della Quarta Rivoluzione Industriale, mentre Paesi fino a non molto fa dilaniati da immani tragedie, come Ruanda, Etiopia, Costa d’Avorio e Congo, crescono a ritmi superiori a quelli della Cina.
Ma che c’entra tutto questo con la cucina? Poco, anzi tantissimo. Da oltre tre secoli siamo penalizzati da una direttrice Est-Ovest che ci marginalizza, ora pare riaffacciarsi anche l’altra dinamica, quella Nord-Sud. Il Mediterraneo dei nostri giorni sembra più una tragica frontiera che una piattaforma per lo sviluppo possibile. Ma se – con Istanbul che cresce, il Maghreb che sobbolle, il disgelo iraniano, Israele che si consolida nonché il cambio di prospettiva cui abbiamo appena accennato, recuperasse invece un proprio ruolo focale? Il nostro mare per millenni è stato luogo d’incontro tra le genti; poi è diventato barriera tra mondi che hanno smesso pian piano di comunicare. Oggi è divenuto confine psicologico, sociale, spesso tomba di disperati; ma in questi frangenti torna paradossalmente in primo piano l’antica funzione, perché se negli ultimi secoli è stata frontiera, oggi in tantissimi sono tornati a volerla varcare. A costo anche della vita.
C’è dunque spazio per ridare fiato all’antica koinè mediterranea evidente (anche) in cucina? E può quest’ultima, con la sua forza evocatrice e il radicamento nel substrato antico e comune, essere strumento per accostare le due sponde? Il punto è che tutta la gastronomia tradizionale del nostro Meridione gravita su un’area altra rispetto al baricentro francese degli ultimi secoli. La tavola, almeno da Roma in su, ha preso a modello Parigi, non Palermo. Ma – poiché è trasposizione perfetta della storia dei popoli – qualche segnale diverso si sta già registrando: pensiamo al punto 13 del Manifesto di Ferran Adrià, il più grande rivoluzionario della cucina moderna: “Si cancellano le barriere tra il mondo dolce e il mondo salato”. Non è questo un recupero della lezione arabo-mediterranea?
Altre domande si fa
Corrado Assenza, il maggiore pensatore culinario contemporaneo in Sicilia: “Può esistere nel XXI secolo una cucina, una gastronomia mediterranea condivisa tra le sponde bagnate dal
Mare Nostrum? Possono i suoi popoli lavorare ciascuno con le proprie cognizioni, conoscenze, culture, diversità d’espressione che rendono ragione del “locale” e allo stesso tempo riconoscersi in un comune vissuto “storico” posto a radice dell’identità culturale materiale, che secoli di stratificazioni e sovrapposizioni hanno differenziato allontanandoci dalla comune origine senza però cancellarne tutte le tracce?” (della prefazione di
A tavola con il sultano, scritto da
Stéphane Yerasimos ed edito da
Mesogea, per
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Sono temi alti. Servirebbe, al piu presto, un grande evento capace di dibatterne. Sarebbe un convegno di cucina, dunque di cultura, storia e società. E non potrebbe che tenersi in Sicilia.
(Questo articolo è stato scritto per Con Rallo con diletto, il magazine di Cantine Rallo)