01-02-2018
Antonia Klugmann nel ritratto di Mattia Mionetto che apre il primo capitolo, intitolato Eccomi, del libro Di cuore e di coraggio al quale la chef di Trieste ha affidato i suoi pensieri e 60 sue ricette
Credo di essere tra i pochi che conoscono Antonia Klugmann e la sua cucina da una dozzina di anni, da quando aprì, con Romano De Feo, suo compagno e socio, un primo ristorante a Pavia di Udine, un comune confinante con il capoluogo friulano. A quella Antonia se ne è aggiunta da poche settimane una seconda, molto più nota al pubblico della prima.
Questa triestina di 38 anni è infatti diventata la prima giudice donna di Masterchef, scelta che l’ha mandata in pasto ai fenomeni che popolano il mondo del web. Deve recitare il ruolo della cattiva perché ha sostituito Carlo Cracco e tanti non le perdonano nulla. Penso che l’abbia messo in conto anche se le prime volte è dura digerire insulti gratuiti, i cori e commenti più idioti e beceri, l’altro faccia dei tanti vantaggi della popolarità televisiva.
Uno su tutti: ha scritto il primo libro, pensato prima che venisse chiamata in televisione, e in corso d’opera è poi diventato il libro figlio del piccolo schermo. Basta leggere la fascetta che avvolge il ricettario edito da Giunti: Il nuovo giudice di MasterChef Italia. La banda rossa cinge le 220 pagine alle quali la Klugmann ha affidato anni di pensieri e di ricette, nonchè le foto di Mattia
Mionetto. Titolo: Di cuore e di coraggio; sottotitolo La mia storia, la mia cucina. Una storia e una cucina mai banali, mai luoghi comuni, mai ricette rubacchiate qua e là. Però è evidente che i piatti, gli stessi dei vari locali dove ha lavorato, sono presentati in chiave più chiara, passaggi semplificati per il grande pubblico. Se si fosse rivolta ai suoi colleghi chef avrebbe cambiato passo anche se alla presentazione a Milano è emerso come certi libri monumentali non sono più attuali come un tempo.
Sono 60 ricette e sono tutte sono nate nei vari posti dove ha lavorato dal primo vicino Udine al Venissa sull’isola di Mazzorbo all’Argine di Vencò sul confine con la Slovenia. In verità ve ne sarebbe un quarto, a Venezia, che però non ama ricordare. Amen. Le due esperienze veneziane si sono sviluppate lungo un arco di quattro anni mentre Romano De Feo seguiva i lavori in Friuli. Come se un fiume si fosse a un certo punto diviso in due rami per ricongiungersi ben più a valle e proseguire maestoso.
In pratica lei lavorava per sostenere i costi e Romano seguiva il cantiere. Per Antonia una tortura: «Sono arrivata a un mese dall’apertura ed erano praticamente due anni che non vedevo la costruzione». Avrebbero aperto il 21 dicembre 2014 e il cammino è ben lontano dal traguardo che, penso io, la triestina, da perfezionista che è, sposterà sempre più in avanti senza tagliarlo mai.
«La televisione non è il male. Se non ci fossero mai stati trasmissioni dedicate ai cuochi a 22 anni non avrei mai visto Ferran Adrià e così adesso che sono reduce dalle registrazioni di Masterchef, non sono lobotomizzata.
«Le ricette del libro sono fedeli, fattibili, basta avere pazienza. Le sfumature sono un’altra cosa ma se la gente comune, che ha paura dei cosiddetti locali stellati, si affacciasse di più in cucina e ci seguisse sul lavoro, si innamorerebbe di noi. Questa è la vera sfida per noi cuochi». Go, Antonia go.
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nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose. blog www.paolomarchi.it instagram instagram.com/oloapmarchi