06-12-2014

Impazzire per un'aragosta

A Hobart, un molo trasformato in palcoscenico per sei incredibili antipasti. Wallaby compreso

(Continua dalla seconda puntata)

Nel raccontare una cena dai tratti unici, non si può scordare dove la stessa si è tenuta. A parte l’aperitivo su un molo di Hobart, i gommoni hanno sbarcato gli ospiti, tutti infreddoliti, su un secondo attracco, più raccolto e intrigante. Uno come il sottoscritto, che proprio non sapeva nulla della zona, ha pensato di essere arrivato all’anticamera del museo d’arte. Errore. Tappa intermedia per il Chapter 2, il secondo capitolo.

Una spianata di cemento rotta nelle sue linee grigie da fuochi e braci accesi qua e là dove raccogliersi attorno per riscaldarsi, ma uno spazio aperto caratterizzato anche da una grande vetrata arancione, incastonata in una sorta di patio sul lato opposto all’attracco per smorzare l’intensità del sole al tramonto e mimare un cielo infuocato. Suggestivo.

Pesce all’ennesima espressione, ma anche un intenso, profondo brodo di coda di wallaby arrosto, il cuginetto del canguro, preparato da Peter Gilmore e servito in bicchieri di terracotta e accompagnato dal suono di antichi strumenti aborigeni, con due o tre natii a suonarli e a intonare nenie a cui ognuno dà il significato che preferisce visto che è impossibile entrare nel vero mondo del popolo aborigeno.

Earth, fire and water, terra, fuoco e acqua a celebrare questa sosta, anche wine, il vino, compreso un prosecco prodotto a King Valley nello stato di Victoria, il Dal Zotto L’immigrante 2013. Tanta Italia in quella bottiglia, salvo la terra veneta dove è nato. Ognuno dei tre chef ha invece curato due antipasti (uno già ricordato), quasi tutti perfetti per essere mangiati con le mani. Per Ben Shewry il King George whiting in paperback, pesce argenteo tipico delle coste meridionali dell’Australia, cotto in cartoccio, e Grilled baby corn with forest anise ovvero piccole pannocchie di mais all’anice selvatico.

Gilmore invece, oltre al brodo di wallaby, ha firmato il Charcoal grilled West Australian marron with wasabi butter, dove il marron non è certo il nostro marrone da caldarroste o da marron glacé, bensì un gambero di fiume tipico dell’Australia dell’Ovest cotto nell’occasione sulla brace. Purtroppo non ne ho memoria perché, a sua volta, Neil Perry ha calato il mio personalissimo asso di cuori. Prima l’abalone della Tasmania grigliato e condito con fegato, sake e mirin, buono, poi sua maestà l’aragosta locale, fatta andare su braci di legno e poi condita con un burro aromatizzato all’alga kombu.

Sono letteralmente impazzito dal piacere, fino a infischiarmene del servizio e dell’etichetta. Senza dare scandalo. Anzi, dispensando gioia golosa. Diamine, sono andato per la prima volta a Hobart a quasi 60 anni e faccio il damerino davanti a crostacei di un paio di chili che a quel punto chiedono solo di essere mangiati?

Funzionava così: ad aragosta pronta, un cuoco dalle mani d’amianto la maneggiava con tocchi rapidi e sapienti per estrarre il grosso della polpa, condirla e servirla in un ciotolone. Purtroppo il meglio, racchiuso nelle antenne e nella testa, rimaneva dov’era per mancanza di tempo. Quando non ce l’ho più fatta a resistere, ho chiesto una carcassa (e più avanti una seconda) e l’ho spolpata con le mani. Un autentico piacere infinito. Un gesto contagioso, com’era facilmente prevedibile davanti ai sorrisi che illuminavano il mio volto.

3. Continua


Dal Mondo

Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
blog www.paolomarchi.it
instagram instagram.com/oloapmarchi

Consulta tutti gli articoli dell'autore