17-08-2014

New York secondo Paolo Marchi / 2

Consigli e indirizzi per scoprire e assaggiare il cuore goloso di Manhatthan e dintorni

Torniamo nella città dell'Empire State Building,

Torniamo nella città dell'Empire State Building, per farci accompagnare da Paolo Marchi tra le sue migliori tavole. Prima tappa l'esclusivo Eleven Madison Park (telefono +1.212.889.0905) dello svizzero Daniel Humm, le cui ampie sale un tempo ospitavano una banca 

(continua dalla prima parte)

Adesso non ho dubbi su dove accomodarmi per l’hamburger principe in assoluto: Shake Shack, quello a Madison Square Park. Non perché lì i panini siano migliori, ma un po’ perché l’area che ruota attorno quel parco e, poco più a sud, a Gramercy Park e Union Square, è la fetta di NY che più frequento e un po’ perché la creatura di Danny Meyer nacque proprio lì, una dozzina di anni fa, come carretto per hot dog. So che c’è, penso a quanto sia buono il panino con la polpetta di carne e sopra la “cotoletta” di formaggio e sono contento.

Tra altro, il casotto grigio di Shake Shack è a metà strada tra quella mecca del buon cibo italiano che è Eataly, con la Birreria sul tetto, il Flatiron, il grattacielo a forma di ferro da stiro, ed Eleven Madison Park, il ristorantissimo di Daniel Humm, chef svizzero che da questa parte dell’Atlantico ha trovato, come milioni d’altri in ogni campo, la sua America.

Eleven, undici, perché al civico 11 di Madison Park in spazi dai soffitti altissimi che un tempo ospitavano una banca. Humm è stato a lungo chef e poi socio di Danny Meyer. Un paio di anni fa le loro strade si sono divise. Successe quando il cuoco rilevò un hotel sulla Broadway, angolo 28th Street West, il NoMad (superbo il pollo al forno) e iniziò a ragionare da imprenditore.

La bella terrazza del Pure Food and Wine di Sarma Melngailis, dove farsi stupire dalle preparazioni vegane e crudiste della chef Nikki King Bennet

La bella terrazza del Pure Food and Wine di Sarma Melngailis, dove farsi stupire dalle preparazioni vegane e crudiste della chef Nikki King Bennet

Meyer è sinonimo di tante scelte felici (e se mai ha sbagliato un colpo lo ha di certo capito presto ovviandovi) come la Gramercy Tavern. Di sicuro lì, alla 20 Street East, si mangia mediamente bene, la Michelin con una stella ha azzeccato il tiro. Però si sta soprattutto bene, entri ed è come se infilassi i piedi in un paio di comode pantofole. Cura la cucina Michael Anthony e anche l’ultimo dei camerieri potrebbe essere di esempio alla stragrande maggioranza dei nostri.

Poche strade più in giù, altezza Union Square, un posto che in teoria un carnivoro come me nemmeno dovrebbe avvicinare perché il Pure Food & Wine non è solo un inno al cibo organico, anche la carne può esserlo, ma tutto è vegano e, come se non bastasse, pure crudo. Il fuoco è bandito e detta così uno pensa di brucare come una mucca al pascolo. Nulla di tutto questo. Questo è l’incredibile mondo di Sarma Melngailis che aprì in Irving Place nel 2004 e della sua attuale chef, Nikki King Bennet, così brave a pensare alta cucina da rendere concreto, gustoso e goloso una realtà che troppo spesso si autoghettizza.

Peter Luger è una delle istituzioni della ristorazione della Grande Mela, e un indirizzo irrinunciabile per gli amanti della carne

Peter Luger è una delle istituzioni della ristorazione della Grande Mela, e un indirizzo irrinunciabile per gli amanti della carne

Di sicuro essere a New York aiuta chi ha idee fuori dalla normalità. Il pubblico è così eterogeneo che potenzialmente c’è spazio per tutti. Ecco così la guida ai ristoranti vegani viaggiare verso la ventesima edizione (The Vegan Guide to New York City) e guai non conoscere anche Clean Plates (ossia “piatti puliti”), dedicata alla sola Manhattan, il cui pregio è di cercare il benessere fisico in tutte le tipologie di ristorazione tanto da rivolgersi sia ai vegetarians sia ai carnivores. E a redarla sono anche dei medici, non solo dei critici gastronomici.

E io che ho un cuore d’oro grande così ho perso il conto dei posti dove l’ho di volta in volta lasciato: da Esca per un pesce superbo, Marea per il senso di potenza che la clientela emana, Peter Luger per le bistecche, Del Posto per lo stile italiano in ogni aspetto, Blue Hill per la profondità del pensiero di Dan Barber, WD-50 per il coraggio delle scelte di Wylie Dufrense, Empellon e la cucina messicana di Alex Stupak (che messicano certo non è, ma fior di chef questo sì). La prossima meta? Chef’s Table at Brooklyn Fare by Cesar Ramirez.

2. fine


Dal Mondo

Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
blog www.paolomarchi.it
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