31-08-2023

L'immaginazione ai fornelli e l’effetto cucchiaio-in-bocca: l'inverno di Rodolfo Guzman

Otto mesi dopo, il ristorante simbolo della cucina creativa cilena cambia completamente spartito. E propone un nuovo percorso di creazione del sapore. Dettagli e intervista

Rodolfo Guzman in un ritratto suggestivo di Carlos

Rodolfo Guzman in un ritratto suggestivo di Carlos Diaz. Il ristorante Boragó di Santiago del Cile è numero 29 nella World's 50Best 2023

«No chef, questo non si può fare - gli diciamo a volte quando inizia a costruire impalcature immaginifiche nella sua testa – ma poi lui riesce sempre a realizzare le sue idee e il risultato finale è, ogni volta, incredibile» ci ha raccontato trasudando ammirazione uno dei sous chef che lavorano a fianco di Rodolfo Guzman nella cucina di Boragó, a Santiago del Cile.

Della straordinaria storia di Guzman e della singolare identità del suo ristorante, avevamo già scritto qui: gli inizi difficili, l’uso di prodotti endemici - che cioè esistono solo in questo territorio - e di tecniche ancestrali, l’esplorazione dei diversissimi paesaggi che compongono questo paese lungo e sottile, le cinque stagioni in cui si declina il suo menù, l’unicità dei piatti e dei sapori che propone questo ristorante, in questo angolo remoto del globo.

Durante la nostra prima visita, lo scorso dicembre, nel passaggio tra primavera ed estate australe, avevamo trovato rappresentati nei piatti di Guzman le coste, i boschi, i campi e le alture cilene e tutta questa terra australe che in quel momento sgorgava di nuova vita, di fiori, di bacche, di germogli. Eravamo curiosi di vedere cosa offrisse il territorio cileno in pieno inverno: abbiamo trovato naturalmente il mondo dei funghi e quello marino a farla da padroni: un percorso lungo le gelate coste cilene, da nord a sud, che esplora il mondo animale e vegetale - non solo alghe ma anche quelle che Guzman chiama plantas de rocas: piante di roccia, ossia le piante alofite che vivono in terreni altamente salini o in presenza di acque salmastre e che necessitano di pochissima acqua per sopravvivere. Il fil rouge resta lo stesso: ritrarre i sapori e le possibilità infinite della dispensa endemica cilena: «Boragó è un esperimento permanente sul momentum del territorio cileno – è sempre stato così dal primo giorno e lo è tutt’ora – e questo ci rende un ristorante differente. I nostri piatti non si basano sulla tecnica ma sulle possibilità che ci offre il territorio». Un territorio remoto, sconosciuto, ai confini del planisfero geografico e fuori dalle rotte gastronomiche globali. Almeno fino a pochi anni fa.

Nell’ultima cerimonia del 50 Best mondiale, il ristorante di Guzman è balzato dalla posizione 43 del 2022, alla posizione 29 della lista di quest’anno, unico ristorante cileno entrato nell’elenco delle migliori cucine del pianeta: «Siamo infinitamente grati per essere considerati in questo modo, grati per la visibilità che ci viene data, soprattutto considerando che siamo così lontani da tutto e tutti [ride] così lontani dall’epicentro gastronomico mondiale ma anche da quello dell’America Latina» ci ha detto Guzman. «Il Cile non ha mai avuto un ristorante veramente importante, una cucina che fosse così interessante da spingere stranieri e food lovers a mettersi in viaggio, da altri paesi, per arrivare fin qui, alla fine del mondo: solo per venire a mangiare da noi. Non ci saremmo mai potuti immaginare di arrivare a questo livello». Merito di Guzman aver aggiunto questa bandierina nel mappamondo dei food enthusiast: il Cile rimane sempre ai confini del globo, geograficamente parlando, ma in qualche modo si trova ora al centro del planisfero, tra le mete gastronomiche che giustificano o ispirano un viaggio.

«Questo risultato ci porta a celebrare e ci dà una grande energia, ci sprona a cucinare con una convinzione ancora maggiore e ci permette di continuare a esplorare nuove possibilità -ci rende molto felici. Ma alla fine della giornata, prendiamo il nostro lavoro molto sul serio: la nostra proposta si basa principalmente sull’immaginazione e sull’originalità - questo è qualcosa di fondamentale per noi.»

Occhio a non confondere creatività e immaginazione con improvvisazione: nella cucina di Boragó - dotata di un laboratorio di bioprocessi - si lavora mesi per dar forma a un’idea e per comporre un sapore. Nella concezione di ogni piatto esiste un disegno precedente, in cui confluiscono immaginazione, originalità, l’uso di ingredienti unici e molto lavoro nella cucina sperimentale, per arrivare a costruire e dar forma a gusti, sentori, odori, consistenze unici.

Dice Guzman che si tratta di un processo creativo simile a quello che guida la scrittura musicale: «I succhi, i brodi che prepariamo nella cucina, per utilizzarli poi nella composizione di un piatto, hanno un'elaborazione molto lunga e complessa, sono il risultato di moltissimi componenti che costruiscono tutti i diversi strati di sapore, come se stessimo scrivendo uno spartito. È una cosa che non spieghiamo a tutti i commensali perché riteniamo che un ospite possa godere della complessità di un boccone sia che sappia o non sappia tutto il lavoro che c’è dietro, che sia un esperto di gastronomia oppure no: nel momento in cui si mette il cucchiaio in bocca - noi lo chiamiamo “effetto cucchiaio in bocca” - si sentono tutte queste stratificazioni di sapore. E questo è quello che stiamo cercando sempre a Boragó.»

Oltre a piatti che raccontano un paesaggio completamente differente, abbiamo trovato anche una nuova cucina, di cui Rodolfo è felice come un bambino: «È divisa in cinque sezioni componibili, dalla quella della pasticceria, a quella del fuoco. Tutte dotate in modo diverso con tutta l’attrezzatura inclusa in ogni “isola”. Le sezioni sono completamente mobili, questo vuol dire che le puoi spostare e organizzare come vuoi e come ti risulta più funzionale. Dato che il nostro menù cambia cinque volte in un anno, seguendo le cinque stagioni in cui si declina Endemica (Autunno, Inverno, Pre-Primavera, Primavera, Estate), è molto importante poter adattare la cucina alla necessità di ogni momentum: metodi di cottura, ecc. Le attrezzature sono incluse dentro ad ogni isola, così come i gruppi elettrogeni: è molto comodo e ci semplifica la vita».

La cucina di Boragó merita il viaggio? Quello che si mangia alla tavola di Guzman non lo si ritroverà, letteralmente, in nessun altro posto al mondo. Rodolfo è un nerd del prodotto cileno – bisogna sentirlo parlare per comprendere questa definizione - un talentuoso visionario che interpreta quest’angolo del mondo così insolito e la singolarità dei paesaggi che racchiude: la sua cucina racconta quello che il suolo della sua terra gli consegna in un determinato momento. «È un lavoro che facciamo assieme alla nostra comunità [raccoglitori, agricoltori, allevatori, biologi, agronomi... che forniscono a Guzman la preziosa materia prima -i prodotti endemici cileni - con cui compone i suoi piatti – ndr] e che mira ad arricchire la conoscenza, a generare un sapere maggiore e a diffonderlo per poter trasmettere alla gente questa ispirazione che ci muove le trippe con tanta energia e tanta forza».

Nella gallery alcuni degli assaggi del menù (di 14 passi) Endémica – Invierno (con una coda dell’Autunno).

A sinistra, Copihue (Lapageria rosea), il fiore simbolo del Cile condito con un estratto di tepa (Laureliopsis philippiana, o huahuán, un albero nativo del Cile) e topinambur. Da mangiare con le mani, secondo lo stile di Boragó.

A destra, il bosco nativo in tre combinazioni: Pitra, Peiwén, Peumo. «E’ una immersione nel bosco nativo dell’Araucanía» ci dice Guzman (la Araucanía è una regione centrale del Cile, che va - ovest-est - dalla costa ai vulcani alle cime delle Ande, è occupata da riserve naturali e boschi piovosi e temperati). I nomi esotici sono quelli di tre alberi del bosco nativo rappresentati dai tre funghi di altezze diverse. Il sapore qui è costruito a base di pomodoro rosato del Maule

A sinistra, Copihue (Lapageria rosea), il fiore simbolo del Cile condito con un estratto di tepa (Laureliopsis philippiana, o huahuán, un albero nativo del Cile) e topinambur. Da mangiare con le mani, secondo lo stile di Boragó.

A destra, il bosco nativo in tre combinazioni: Pitra, Peiwén, Peumo. «E’ una immersione nel bosco nativo dell’Araucanía» ci dice Guzman (la Araucanía è una regione centrale del Cile, che va - ovest-est - dalla costa ai vulcani alle cime delle Ande, è occupata da riserve naturali e boschi piovosi e temperati). I nomi esotici sono quelli di tre alberi del bosco nativo rappresentati dai tre funghi di altezze diverse. Il sapore qui è costruito a base di pomodoro rosato del Maule

A sinistra, Changle della selva di Vadivia e tartufo nero cileno. Un’altra rappresentazione del bosco della regione dell’Araucanìa, dove cresce un fungo tipico cileno il changle (Ramaria flava). Questa preparazione è servita dentro a una patata trattata come un formaggio Camembert. Da mangiare sempre usando le mani, in tre bocconi, partendo dalla parte superiore.

A destra, Rodolfo Guzman 

A sinistra, Changle della selva di Vadivia e tartufo nero cileno. Un’altra rappresentazione del bosco della regione dell’Araucanìa, dove cresce un fungo tipico cileno il changle (Ramaria flava). Questa preparazione è servita dentro a una patata trattata come un formaggio Camembert. Da mangiare sempre usando le mani, in tre bocconi, partendo dalla parte superiore.

A destra, Rodolfo Guzman 

Pulmay affumicato. Questo piatto si compone di due assaggi distinti: una tartina con abulón cileno o loco (Concholepas concholepas: è un mollusco carnivoro che può misurare fino a 15 cm di lunghezza, esclusivo delle acque di Cile e Perù, il suo consumo risale ai primi abitanti precolombiani lungo le coste di entrambi i paesi), purè di fichi e estrella de mar (tradotto letteralmente: stella di mare): un tipo di fiore che si raccoglie solo in questa stagione, lungo le coste di Isla Negra. È una pianta alofita che cresce tra le rocce, profuma di miele, sa di cipolla ed è salata. Poggia sul guscio di un picoroco, un crostaceo che abita le coste del Sud del Cile dal quale si può sorbire il pulmay, un brodo tipico cileno solitamente a base di frutti di mare e carne; in questo caso, nella versione di Guzman, a base di frutti di mare e mele

Pulmay affumicato. Questo piatto si compone di due assaggi distinti: una tartina con abulón cileno o loco (Concholepas concholepas: è un mollusco carnivoro che può misurare fino a 15 cm di lunghezza, esclusivo delle acque di Cile e Perù, il suo consumo risale ai primi abitanti precolombiani lungo le coste di entrambi i paesi), purè di fichi e estrella de mar (tradotto letteralmente: stella di mare): un tipo di fiore che si raccoglie solo in questa stagione, lungo le coste di Isla Negra. È una pianta alofita che cresce tra le rocce, profuma di miele, sa di cipolla ed è salata. Poggia sul guscio di un picoroco, un crostaceo che abita le coste del Sud del Cile dal quale si può sorbire il pulmay, un brodo tipico cileno solitamente a base di frutti di mare e carne; in questo caso, nella versione di Guzman, a base di frutti di mare e mele

Ice Brûlée di machas (mollusco marino simile alla vongola che abbonda nelle acque di Cile e Perù) e vongola rosata con meline rosa selvatiche della Patagonia. Ne avevamo assaggiata una versione estiva con mariscal e fragoline bianche a dicembre. Il piatto è pazzesco, onestamente più godibile in una stagione calda che in una fredda per via della temperatura a cui viene servito

Ice Brûlée di machas (mollusco marino simile alla vongola che abbonda nelle acque di Cile e Perù) e vongola rosata con meline rosa selvatiche della Patagonia. Ne avevamo assaggiata una versione estiva con mariscal e fragoline bianche a dicembre. Il piatto è pazzesco, onestamente più godibile in una stagione calda che in una fredda per via della temperatura a cui viene servito

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Crema di zafferano con fiori di nasturzio, crema pasticcera di zanahoria de playa (tradotto letteralmente sarebbe “carota di spiaggia”: si tratta della Glehnia littoralis) e pomodoro rosato alla brace

Crema di zafferano con fiori di nasturzio, crema pasticcera di zanahoria de playa (tradotto letteralmente sarebbe “carota di spiaggia”: si tratta della Glehnia littoralis) e pomodoro rosato alla brace

Aragosta cotta in alga come una vescica. Piatto servito assieme a un'incredibile aragosta dell’arcipelago di Juan Fernandez (Jasus fronalis, specie endemica dell’Arcipiélago Juan Fernández) cotta in una salsa di jibia (calamaro gigante o calamaro di Humboldt, o Dosidicus gigas: può misurare fino a 4 metri), utilizzando un’alga cochayuyo come una vescica

Aragosta cotta in alga come una vescica. Piatto servito assieme a un'incredibile aragosta dell’arcipelago di Juan Fernandez (Jasus fronalis, specie endemica dell’Arcipiélago Juan Fernández) cotta in una salsa di jibia (calamaro gigante o calamaro di Humboldt, o Dosidicus gigas: può misurare fino a 4 metri), utilizzando un’alga cochayuyo come una vescica

Cordero a la inversa. Uno dei signature dish di Boragó: l’Agnello cotto al contrario. La cottura dell’agnello “crocifisso”, per intenderci, è una forma tradizionale di cottura alla brace, tanto in Cile che in Argentina. In questo caso però si cucina in posizione contraria cioè con la testa verso l’alto e la cottura alla brace dura, invece delle normali sette ore, per circa 14 ore. Questa tecnica fa si che si sciolga tutto il grasso e il collagene, formando una pelle molto sottile e molto croccante. La carne è tenerissima, quasi scioglievole, il sapore intenso e delicato allo stesso tempo

Cordero a la inversa. Uno dei signature dish di Boragó: l’Agnello cotto al contrario. La cottura dell’agnello “crocifisso”, per intenderci, è una forma tradizionale di cottura alla brace, tanto in Cile che in Argentina. In questo caso però si cucina in posizione contraria cioè con la testa verso l’alto e la cottura alla brace dura, invece delle normali sette ore, per circa 14 ore. Questa tecnica fa si che si sciolga tutto il grasso e il collagene, formando una pelle molto sottile e molto croccante. La carne è tenerissima, quasi scioglievole, il sapore intenso e delicato allo stesso tempo

Il dolce che ci è piaciuto di più, servito su una bellissima coreografia di foglie secche - il paesaggio nel piatto. Si tratta in realtà di due dolci in uno: una tartina di mela trattata come un formaggio erborinato, con yogurt di kefir. È appoggiata su una mela arrosto che racchiude un gelato di latte di pecora dell’isola di Chiloè, murtilla (una delle centinaia di bacche endemiche cilene proveniente dal sud del paese) e rabarbaro

Il dolce che ci è piaciuto di più, servito su una bellissima coreografia di foglie secche - il paesaggio nel piatto. Si tratta in realtà di due dolci in uno: una tartina di mela trattata come un formaggio erborinato, con yogurt di kefir. È appoggiata su una mela arrosto che racchiude un gelato di latte di pecora dell’isola di Chiloè, murtilla (una delle centinaia di bacche endemiche cilene proveniente dal sud del paese) e rabarbaro

 I vini che hanno accompagnato la cena e che spaziano dal deserto di Atacama, nell’estremo nord del paese, la costa, le verdi vallate centrali, passando per i vulcani fino ad arrivare alla Patagonia cilena

 I vini che hanno accompagnato la cena e che spaziano dal deserto di Atacama, nell’estremo nord del paese, la costa, le verdi vallate centrali, passando per i vulcani fino ad arrivare alla Patagonia cilena


Dal Mondo

Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Giovanna Abrami

nata a Milano da madre altoatesina e padre croato cresciuto a Trieste. Ha scritto (tra gli altri per Diario e Agrisole) e tradotto (tra le altre cose: La scienza in cucina di Pellegrino Artusi) per tre anni dall’Argentina dove è tornata da poco, dopo aver vissuto tra Cile, Guatemala e Sicilia. Da Buenos Aires collabora con Identità Golose e 7Canibales

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