Ciccio Sultano
...una semplice insalatadi Stefano Baiocco
Dall'Italia «Ho 4 locali sulla stessa via. Il mio polo del gusto napoletano e la mia idea di sostenibilità d'impresa»
Alcune delle mezze del ristorante Em Sherif a Beirut, Libano. L'insegna ha altre sedi anche a Dubai, Kuwait e Doha (in Qatar)
“L’innovazione, essendo all’avanguardia, è sempre polemica” dichiarava anni fa Ferran Adrià. Perché, per la seconda tappa del viaggio attraverso il Libano e la sua cucina (la prima tappa era su Babel Bay), iniziare con una citazione di colui che più ha rivoluzionato l’alta gastronomia negli ultimi trent’anni? Perché, fondamentalmente, la cucina libanese è la classica eccezione che conferma la regola: la sua tradizione è una risposta perfetta a tutto (o quasi) ciò che il mercato richiede al giorno d’oggi. Una cucina sana, ricchissima di piatti vegetariani ma, soprattutto, che ruota tutta attorno alla convivialità, alla condivisione. Ciò è favorito dalle mezze che, posizionate al centro del tavolo per essere divise fra i commensali, vengono più spesso attaccate direttamente da mani armate di pane libanese tradizionale – una variante della pita, ma ancora più sottile – rigorosamente aperto a metà per limitare i carboidrati e concedersi più bocconi di tutte le diverse sfumature di ambrosia. La loro storia centenaria va ricollegata agli anni di dominazione ottomana, tant’è che concetti simili si possono trovare dalla Turchia ai Balcani. Ma in Libano, proprio per il grande interscambio di culture che lo ha sempre caratterizzato, le mezze trovano la loro massima espressione.
Il menu prevede 35 piccoli piatti a 65 dollari
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