21-12-2024

Epopea delle Mezze maniche ripiene, piatto delle feste che racconta la Bassa

Profumano di buon parmigiano, che arricchisce il ripieno della sfoglia sottile ma che esonda poi nel brodo di cappone... Tipiche della Vigilia di Natale, noi le abbiamo assaggiate all'Osteria di Fornio, vicino a Fidenza, indirizzo di gran cucina emiliana

Un piatto bollente, corroborante di Mezze maniche

Un piatto bollente, corroborante di Mezze maniche ripiene: racchiudono una farcia di parmigiano reggiano in due stagionature, uovo, pan grattato, noce moscata, il tutto a incontrare nel brodo di cappone. Una delizia perfetta per i mesi freddi e tipica della Vigilia di Natale nella provincia parmense e nella vicine terre di Piacenza e Cremona, noi l'abbiamo gustata all'Osteria di Fornio, Fidenza (Parma)

Le storie delle Bassa - quella porzione della geografia padana segnata da immensi campi coltivati, canali e rogge, le lunghe linee delle capezzagne, poi argini e poderi - parlano di terra, fatica, brina e nebbie, albe e tramonti. Storie che, come scriveva Giovannino Guareschi, il cantore di questi territori divisi e riuniti dal corso del Po, sono “portate dal Grande Fiume, che scorre, placido e indifferente nella pianura e le convoglia: buffe e malinconiche, via verso il gran mare della storia del mondo». Racconti che profumano di verdure, ortaggi, frutta matura, selvaggina, formaggi e salumi e dei piatti della tradizione contadina. Ogni paese, ogni villaggio, di storie e di ricette ha le sue. Una di queste è quella delle Mezze maniche ripiene. Un piatto preparato e servito nella provincia parmense e nella vicine terre di Piacenza e Cremona. Preparato, un tempo, alla vigilia di Natale perché nella farcia non era presente la carne.

La pasta, rigorosamente fatta a mano, è ripiena di parmigiano reggiano ed è servita principalmente in brodo. Tradizioni, piccoli segreti e varianti sulle ricette le hanno portate sino a noi, per essere gustate in alcuni luoghi di elezione. Uno di questi è l’Osteria di Fornio, minuscola frazione del comune di Fidenza, al confine fra i territori di Parma e Piacenza, Un “piccolo Mondo” – per citare ancora Guareschi – guidato dalla solare Cristina Cerbi e dall’affabile marito Luca Caraffini. Lui in sala e in cantina, lei nella cucina a vista, a interpretare il ruolo, meritatissimo, di ambasciatrice di questo piatto straordinariamente semplice, ricco e garbato, servito in un delicato e chiaro brodo di cappone, per sprigionare al meglio tutto il suo delicato gusto.

Cristina Cerbi e Luca Caraffini nella cantina di stagionatura dei salumi

Cristina Cerbi e Luca Caraffini nella cantina di stagionatura dei salumi

Ecco come lo racconta Cristina: «Tutto è nato a Polesine Parmense, un paese vicino a Zibello, da dove viene la famiglia di mio marito. Li, dopo la Grande Guerra, si preparava questa pasta ripiena di parmigiano. Noi abbiamo ereditato una ricetta del 1928 che le madri tramandavano alla figlie come una dote. Per il ripieno usiamo parmigiano reggiano in doppia stagionatura - 24 e 36 mesi del caseificio Gennari - poi uova, un po’ di pane grattugiato per legare e una spolverata di noce moscata. Certo, la ricetta varia da famiglia a famiglia, ognuno ha la sua variante... Il brodo è comunque di cappone, in primo luogo perché è più delicato e poi perché era così che lo si faceva nelle case contadine. Il manzo era un bene di lusso, lo usavano solo i ricchi, i signori».

Le Mezze maniche ripiene

Le Mezze maniche ripiene

Ma perché farcire una pasta “aperta” come le mezze maniche – i Mes mànag in dialetto – e non richiudere tutto come si fa con i cappelletti? «Il motivo sta tutto nel ripieno di parmigiano che deve fuoriuscire un po’ dalla pasta e insaporire il garbato brodo di cappone, cosa impossibile con un raviolo o un cappelletto. Per preparare la pasta uso un tuorlo d’uovo ogni 100 grammi di farina. Bisogna tenerla molto elastica e umida perché in questo modo le mezze maniche si saldano da sole alle estremità. Non completamente, però, così da  lasciar passare quel po’ di ripieno che dà spunto al brodo. Questo deve essere caldissimo quando si butta la pasta, in modo da farla cuocere in pochissimo tempo lasciandola intatta, come si fa con i passatelli. È un piatto di cui andiamo orgogliosi perché ha dentro la nostra storia. Essere stati capaci di riscoprirlo e portarlo all’attenzione dei nostri ospiti è motivo di grande gioia».

Una vera meraviglia per il palato, tanto che non si smetterebbe mai di mangiarli. All’Osteria di Fornio, il servizio prevede l’arrivo al tavolo di zuppiera e mestolo, per celebrare quel rito ancestrale che riporta alle memoria le feste in famiglia, i grandi convivi e la sana allegria che può donare lo stare insieme. E in certi periodi dell’anno la cuoca ne presenta varianti asciutte. Una autunnale, particolarmente ghiotta, è condita con burro e finita con una grattata di tartufo.

La sala dell'Osteria di Fornio

La sala dell'Osteria di Fornio

I motivi per far visita all’Osteria di Fornio non si esauriscono qui. Il grande edificio, dove da quasi un secolo si fa ristorazione, è stato ben ristrutturato nel 2006 quando qui arrivò la famiglia Caraffini, da tre generazioni impegnata nell’ospitalità. Le ampie sale invogliano a frequentare il locale in grandi compagnie, perché l’ottimo cibo si apprezza ancora più se lo si condivide in amicizia. Una grande veranda, ora protetta per poter essere utilizzata anche d’inverno, amplia l’offerta di coperti e il servizio, discreto e attento, è all’altezza di locali ben più blasonati. Il vino, in cantina riposano più di 250 etichette, si può bere, volendo, nella classica scodella, soprattutto se si scelgono Lambrusco o Gutturnio. Una pratica antica, quando l’oste non aveva bicchieri e gli avventori si portavano da casa il contenitore, spesso una ciotola, dove farsi versare il vino.

Salumi con stick di polenta fritta

Salumi con stick di polenta fritta

Dal regno di Cristina Cerbi, escono piatti espressione di una nuova dimensione dell’essere cucina di territorio, fatta di rustica eleganza e con quel giusto tocco di grandeur parmense, primi ingredienti del successo dell’Osteria. Le migliori cucine, si dice, si riconoscono dai piccoli particolari. Uno di questi sono gli “stick” di polenta fritta. Una banalità, direte voi. Eppure questi sono perfetti, croccanti, anzi molto croccanti all’esterno e morbidissimi all’interno. Il trucco sta nella qualità della polenta, preparata appositamente e non di risulta, e nella temperatura dell’olio di semi di girasole dove friggere le gialle listarelle. Va tenuta sempre sopra i 180 gradi per evitare che la polenta si inzuppi di olio. Pare poca cosa, eppure questi bastoncini dorati rendono ancora più godibili prosciutti, pancette, culatelli e insaccati, prelevati dall’antica cantina in sasso dove stagionano, per comporre taglieri serviti con la frittella di ceci o la giardiniera fatta in casa. Cosi come è dell’Osteria la mostarda di mele, altra preparazione apprezzata da molti e preparata, ormai, da pochi, morbidissima ed equilibrata sullo spunto piccante.

Cristina Cerbi e la pasta ripiena

Cristina Cerbi e la pasta ripiena

Tagliolini di pasta all’uovo al culatello di Zibello Dop 28 mesi e burro di vacche rosse

Tagliolini di pasta all’uovo al culatello di Zibello Dop 28 mesi e burro di vacche rosse

Dal menu si possono scegliere il Soffice di patate con piccola pasta di salame fritta al vino bianco, le paste all’uovo fatte in casa, servite con culatello di Zibello Dop 28 mesi e burro di vacche rosse oppure con zucca e tartufo o ancora con la pasta di salame di strolghino di maiale nero e parmigiano. Sempre in lista i classici Tortelli di erbette.

Guancialetti di maiale al forno con cipolle rosse di Parma caramellate

Guancialetti di maiale al forno con cipolle rosse di Parma caramellate

I Guancialetti di maiale al forno con cipolle rosse di Parma caramellate, sono cotti lentamente, per rendere morbidissima la carne, e serviti con il tocco agrodolce delle cipolle. È questo il “Piatto del Buon Ricordo” dell’Osteria di Fornio, che ci si può portare a casa ordinandolo, per iniziare o ampliare la collezione di questi oggetti di marketing territoriale ante litteram, nati nel 1964 per promuovere cucine di territorio in quella che, all’epoca, era l’alba del turismo enogastronomico.

I dolci dell'Osteria di Fornio

I dolci dell'Osteria di Fornio

Prima di congedarsi, ahinoi, da questa oasi di cucina sincera e autentica e non “rivisitata ed esperienziale”, come va di moda dire adesso, occorre lasciare spazio alla bella proposta di dolci preparati dalla cuoca e a un bicchiere di Nocino che da queste parti svolge, più che egregiamente, la funzione di lancio dei titoli di coda.


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

Maurizio Trezzi

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Maurizio Trezzi

Giornalista professionista, classe 1966 con una laurea in Fisica e, oggi, docente in IULM e comunicatore. Cultore del bello e del buono, attento osservatore della società e dei suoi cambiamenti, appassionato e commentatore televisivo di golf. Amo e racconto il cibo, quello schietto, vero e senza fronzoli. Scrivo di luoghi, persone, vino, rum e distillati e, quando capita, di politica

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