27-03-2024
Da sinistra, i tre cugini aretini Leonardo Del Mecio, Stefano Del Pianta e Tommaso Picchioni
Dimenticatevi l'intelligenza artificiale, quella che vi andiamo a raccontare è una storia dove i sentimenti vincono ancora su tutto. La cosa straordinaria è che cuore, sole e amore stanno alla base di una start up innovativa, Dal piatto al bicchiere, che partendo dalle ricette di famiglia della tradizione toscana arriva a riprodurle in gin unici, già approdati su tavole stellate. Ma per raccontare il punto d'arrivo bisogna partire dall'inizio, ovvero dalle estati spensierate di tre cugini che, appena terminata la scuola, condividono la bellezza della campagna, nell'azienda agricola di famiglia che nella zona collinare della val di Chiana, nell'aretino, fin dai primi del Novecento produce olio, miele e frumento. Oggi Stefano Del Pianta, 41 anni, è responsabile informatico in ambito sanitario, Tommaso Picchioni, 34, è medico internista e Leonardo Del Mecio, 31, si occupa di startup e innovazione per una banca italiana, ma “dentro” sono i rimasti i bambini di quelle estati scandite dalle coccole di nonni e zie, dal rispetto per la terra, dall'allegria delle grandi tavolate...
«Abbiamo imparato presto – racconta Tommaso che cura la comunicazione del progetto nato ad inizio 2023– il ritmo della natura e delle stagioni, a partecipare alla raccolta delle olive, alla battitura e alla vendemmia. Rispetto a tanti altri bambini, abbiamo avuto la fortuna di provare il salto sul fienile, il bagno dentro il rimorchio pieno di granturco e ascoltare racconti e stornelli sotto l'olivo. Le nostre radici contadine sono un patrimonio di famiglia che ci teniamo stretto».
La scintilla del progetto l'ha accesa Stefano, grande appassionato e collezionista di bottiglie di gin, che ai pranzi di famiglia si presentava sempre con un'etichetta nuova. Un giorno ci arriva con un'idea fantasiosa. «Sì – ricorda sorridendo Tommaso -, a me e a Leonardo racconta di essere stato in un ristorante gourmet e di essersi emozionato all'assaggio di un bicchierino con dentro pizza liquida: da quel momento ha pensato che nulla era impossibile. Anzi si poteva fare addirittura di più: un gin che ricordasse nonna Lisa da poco scomparsa attraverso la ribollita, il suo piatto iconico».
Detta così sembra una follia e, invece, diventa un modo unico per condividere i ricordi di famiglia, un po' come aprire le porte di casa a nuovi amici. «All'inizio – spiega Tommaso – noi stessi ritenevamo impensabile portare la ribollita dentro un gin, ci scherzavamo sopra. Stefano, che è il responsabile dello sviluppo del prodotto, non ha mai desistito, faceva esperimenti in casa, ci portava di volta in volta campionature e noi gradualmente iniziavamo a sentire i profumi, i sapori e i sentori di quel piatto. Il suo entusiasmo ci ha travolto e abbiamo trasformato il sogno in un progetto, allargandolo ad altri piatti della tradizione accostati ai nostri parenti».
I quattro gin e i due vermouth della collezione Dal piatto al bicchiere
L'impresa difficile per Stefano è sempre stata quella di ottenere il giusto equilibrio tra gli ingredienti del piatto da portare in bottiglia senza nascondere il carattere del gin e quindi la forza del ginepro locale che la famiglia andava a raccogliere nella zona boschiva di Gargonza. E per ottenere la giusta sapidità richiesta dai piatti, nei gin si è aggiunto da subito un po' di acqua di mare mentre Saverio Denti di Mistico Speziale ha aiutato a centrare il giusto bilanciamento e oggi è proprio la sua azienda di distillati e liquori ad imbottigliare i gin “Dal piatto al bicchiere”.
«Abbiamo iniziato – spiega Tommaso – con una produzione commerciale di 3.000 bottiglie che già vogliamo raddoppiare, come sa bene Leonardo che cura la parte economica e di vendita. Alle spalle di ognuno dei quattro gin proposti c'è un grande lavoro di affetto e di ricerca: ogni creazione è stata accostata a un famigliare e al suo piatto di riferimento. Una ricetta del suo cuore, ma anche del popolo toscano e ogni test di valutazione è stato fatto in famiglia. Ovvero una giornata insieme, a degustare dal mattino alla sera. Ti lascio immaginare in che condizioni arrivavamo all'ultima prova... (ride, ndr)».
Alla base della ricerca dei gin da mettere in tavola ci sono stati anche studi archivistici per andare all'origine dei piatti, capire come insieme alle botaniche locali di ginepro, coriandolo e angelica potessero armonizzarsi verdure rigorosamente fresche e scoprire come la propria storia di famiglia è poi quella dei popoli, che indietreggia nei secoli e profuma della saggezza antica che ti obbliga a non sprecare nulla. E allora ecco che il gin diventa anche un riconoscimento a quella tavola povera ma piena di amore. Ribolgin ricorda la ribollita di nonna Lisa che cucinava abitualmente per la famiglia seguendo la ricetta del Medioevo, con il pane azzimo che bolliva insieme ad erbe e verdure e poi quella zuppa veniva riscaldata e mangiata per più giorni. «E' stato il nostro gin – sottolinea Tommaso – più difficile da realizzare perché contiene tantissimi ingredienti, i sentori della cipolla e dell'aglio sono invadenti e sono stati difficili da bilanciare». Poi c'è il Panzagin, dedicato a mamma Graziana, che preparava abitualmente la panzanella, zuppa fredda di pane e ortaggi. Panmòllo 1912 è invece il gin che richiama l'amore di nonna Alfa, oggi orgogliosa 90enne, per ogni piatto, anche il più semplice come, appunto, la pappa al pomodoro. E infine c'è Ginsanto e Cantucci che riporta immediatamente alla tradizione toscana di vinsanto e cantucci e a zio Carlo che salvò la vita a Stefano bambino e da allora in quel giorno gli regala una bottiglia di vinsanto da lui prodotto. «E' stata un'impresa – racconta Tommaso – trovare il giusto equilibrio tra la mandorla e la parte del biscotto che ha un sapore molto difficile da riprodurre in parte liquida. E poi volevamo cantucci gluten free per evitare problemi a chi soffre di intolleranze. Non è stato facile, ma li abbiamo trovati a Pontremoli, in Lunigiana, prodotti per noi da un forno artigianale».
I tre cugini al lavoro per raccogliere gli ingredienti da... imbottigliare
Quella dei tre cugini è una ricerca continua e i pranzi domenicali in famiglia servono anche a stimolare idee, come quella, come succede per i vini, di consigliarne in etichetta l'accostamento al tipo di pietanze. E' una bevanda “gastronomica” e così nel sito www.dalpiattoalbicchiere.it presto saranno inserite anche le ricette toscane, alla vecchia maniera, la più popolare e popolana possibile. Le idee sono tante e si sta lavorando perché entro fine anno si arrivi alla produzione di un quinto gin che dal piatto porterà nel bicchiere un autentico dessert toscano. «Stiamo impegnandoci – confida Tommaso – anche sul fronte della sostenibilità. Facciamo già tanto ma per noi non è ancora a sufficienza. Per le bottiglie usiamo vetro riciclato e riciclabili sono pure i tappi a corona, a cui ne accostiamo un altro in sughero di recupero. L'etichetta è di cotone riciclato, ma ci sono ancora molte sfumature su cui dobbiamo lavorare. Ci ha sempre spronato anche il fatto di essere stati da subito affiancati da esperti del settore come il bar tender Agostino Buccieri che ci ha portato al Cibreo Ristorante e Cocktail Bar all'interno dell'Helvetia&Bristol Hotel di Firenze».
La bottiglia di Ribolgin
I quattro gin, ai quali si aggiungono due premiscelati di vermouth e bitter «da bere in purezza o per essere uniti ai gin e farsi un Negroni tutto toscano a casa», sono in vendita nel sito stiamo per avviare una distribuzione sperimentale fatta direttamente dai cugini per capire meglio quello che vuole il cliente. «Quello che è certo – conclude con orgoglio Tommaso - è che le nostre bottiglie non si fermano alla Toscana, ma viaggiano già in tutta Italia. Perché i piatti poveri accomunano tutte le regioni. Pensate alle zuppe, invernali od estive, cambiano le varianti ma sono un patrimonio gastronomico dell'Italia intera. E ci auguriamo che presto i nostri gin possano parlare tutte le lingue del mondo».
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
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giornalista professionista, nata in un'annata di vino buono. Ha spaziato in ogni settore, dallo sport alla politica perché far volare in alto la curiosità è il sistema migliore per non annoiare e non annoiarsi. Non ha nessuna allergia né preconcetto alimentare, quindi fatele assaggiare di tutto. E se volete renderla felice, leggete il suo libro di fotostorie, Il tempo di uno sguardo
Dall’Italia è una narrazione in continua evoluzione di tutto il buono che racchiude in lungo e in largo il nostro Belpaese. Una rubrica che ci porta alla scoperta delle migliori trattorie, i ristoranti più esclusivi, osterie, tra le vette più alte o in riva al mare. Delizie che non possono sfuggire alle rotte dei più entusiasti viaggiatori.