03-11-2023

«Noi chef ce la tiriamo troppo»: la versione di Francesco Pavan di Cape of Senses, luxury hotel veneto

L'executive chef del resort sulle alture di Albisano (Verona) guida due ristoranti: l'osteria La Pergola e il più elegante Al Tramonto, aperto solo a cena

Lo chef Francesco Pavan

Lo chef Francesco Pavan

Sembrava troppo bello per essere vero. E allora ho deciso di andare a vedere dal vivo se l'immagine camuffava la realtà. Invece Cape of Senses è proprio come lo vedi nelle foto: un luogo di pace e di fuoco insieme. Di pace perché avvolto nel silenzio di un uliveto secolare. Di fuoco, per i colori accesi delle albe e dei tramonti che individui da ogni punto della struttura.

Cape of Senses è il luxury hotel a 5 stelle per soli adulti ubicato sulle alture di Albisano, frazione di Torri del Benaco (Verona), comune di 3.000 anime sulla sponda argentata del lago di Garda. La struttura, concepita dagli architetti Hugo ed Alessia Demetz, è a 140 km da Milano e 40 da Verona ed è immersa in un parco di 10 mila mq. Ha 55 suite (dimensione minima 50 metri e tutte con vista sul lago), una Spa da 2 mila mq con sette sale per trattamenti, saune, bagno turco, piattaforme fitness e yoga, due piscine (una riscaldata e a sfioro sul Garda) e due ristoranti. La permanenza è fissata in un minimo di 3 notti proprio per godere al massimo di 2 concetti: spazio e tempo, in un contesto che si prefigge di coinvolgere i cinque sensi.

Proprietà altoatesina

Qui tutto è stato fatto bene da chi non si è inventato albergatore ma ha esportato la propria lunga esperienza e realizzato un sogno inseguito da 20 anni prima di trovare il posto giusto. Cape of Senses è infatti proprietà della famiglia Margesin, titolare del Dolce Vita Green Alpiana a Foiana, in Alto Adige. La mentalità dei Margesin è come la roccia delle Dolomiti, forte e tenace: ciò in cui crede è un traguardo che deve avere una data precisa per essere tagliato. E quella data, fissata sin da subito nell'8 luglio 2023, a una manciata di mesi dall'acquisizione, è stata centrata nonostante gli imprevisti della vigilia. Il sorriso di Alina Deutsch, giovane general manager, spiega l'orgoglio di aver superato tutto grazie alla scelta di una squadra («li ho selezionati uno ad uno, sguardo dopo sguardo. Per me guardarci negli occhi è fondamentale») diventata da subito una famiglia. Uno per tutti, tutti per uno.

Alina oggi sorride perché vede che la stagione d'esordio ha già conquistato una buona fetta di mercato («Ci mancano solo australiani ed africani»), ma sa anche che, come ogni progetto di alto livello, Cape of Senses è «come Roma che non è stata costruita in un giorno, ma ha bisogno di tempo, tenacia ed idee». Su un hotel di lusso l'attenzione non va abbassata neppure quando arriva la bassa stagione. Alina lo sa bene: «Occorre investire, sempre. Non a caso proprio in questo periodo stiamo cercando 2 nuovi profili da inserire nella ristorazione che è un pilastro della nostra struttura, sin dalla colazione».

Al tramonto

Al tramonto

La pergola

La pergola

Due ristoranti, un executive chef

Due i ristoranti presenti, ognuno con il suo menù: l'osteria La Pergola, una terrazza con tavoli davanti al lago per il pranzo e Al Tramonto, l'elegante sala per la cena alla carta con ricca selezione di vini anche al calice. A capo di tutto c'è l'executive chef veneto Francesco Pavan che, a 30 anni, ha già compiuto un percorso di spessore. La sua carriera è iniziata come pasticcere all'Antica Osteria Cera di Lughetto (Venezia), ma poi sono arrivate in fretta le cucine stellate: accanto ad Heinz Beck alla Pergola a Roma e al Castello di Fighine (Siena), ha fatto poi tappa al ristorante dell'Armani Hotel di Milano, da Inkiostro a Parma con Terry Giacomello, è stato sous chef all'Oro del Belmond Hotel Cipriani all'isola della Giudecca (Veneiza) con Davide Bisetto, poi al Rosapetra Spa & Resort di Cortina (Belluno), mentre l'ultima esperienza l'ha fatta a 2.020 metri, a capo del progetto culinario del Crest Alpine Lodge & Spa di Champoluc, in Val d'Aosta. Poi la pandemia, le discese e le risalite e ora una grande occasione dove, oltre «ai piatti fighi» e al totale rispetto del cliente, lui si aggrappa ai suoi mantra: sostenibilità economica ed umana.

Francesco si racconta con schiettezza: «Arrivare qui è stata una botta di c... Avevo mandato il curriculum come tanti altri, senza raccomandazioni. Avevo fatto il colloquio con Alina, poi tutto si era fermato. La telefonata decisiva arriva in un giorno per me di grande dolore, durante il funerale dello zio a cui io ero più legato. L'ho interpretato come un segno del destino e come una spinta a scegliere proprio quel giorno come una rinascita. A maggio con Alina abbiamo iniziato a lavorare duro: c'era poco tempo e tanto da costruire. C'era la brigata da mettere insieme, i fornitori da scegliere, i prodotti da testare, i menù da costruire, le connessioni da stabilire».

Francesco Pavan e la general manager Alina Deutsch

Francesco Pavan e la general manager Alina Deutsch

Alina e Francesco, binomio vincente

La general manager ride e conferma tutto: «Francesco è la mia croce. Quando entra nel mio ufficio so che inizieranno discussioni lunghissime. Siamo entrambi perfezionisti e ci piace arrivare al punto d'incontro magari partendo da poli opposti. Siamo riusciti a discutere persino sul colore del grembiule da indossare. Lui voleva la divisa completamente bianca, io gli consigliavo il grembiule blu. Alla fine mi ha dato ragione. C'è collaborazione e fiducia totale, discutiamo i piatti insieme. Sappiamo ascoltarci reciprocamente. Sono stata certa di aver fatto la scelta migliore quando mi sono fatta cucinare uno spaghetto al pomodoro: farlo bene è un'arte, mi ha conquistato. Il mio piatto preferito in carta è il fusillo del Trentino con ragù di coniglio e peperone arrosto sbucciato, condito con aceto, zucchero, maggiorana e scaglie di Fiore sardo. E ci aggiungo pure il filetto di rombo in foglia di lattuga con formaggio erborinato e pomodorini».

Fusillo del Trentino con ragù di coniglio e peperone arrosto sbucciato

Fusillo del Trentino con ragù di coniglio e peperone arrosto sbucciato

Filetto di rombo in foglia di lattuga con formaggio erborinato e pomodorini

Filetto di rombo in foglia di lattuga con formaggio erborinato e pomodorini

Francesco sorride: «Io ho imparato molto dagli errori. Ne ho fatti, ma mi sono stati utili a migliorare. Anche sul piano della comunicazione. Ho fatto corsi per placare l'irruenza ed imparare ad usare il tono e le parole giuste con la brigata. Sbagliamo, impariamo e cresciamo insieme. Non mi piace la parola chef, io sono un operaio, i miei ragazzi sono operai. Dobbiamo sfatare il mito dello chef onnipotente. Troppo spesso pecchiamo di ego e presunzione, ci consideriamo pezzetti di Olimpo staccati e messi in terra per salvare il mondo. Ma noi non siamo come i missionari in Africa che salvano vite e danno prospettive concrete di futuro alla gente. Non siamo neppure chirurghi che operano a cuore aperto. Dobbiamo calmarci e volare basso. Noi diamo da mangiare alle persone, certo dobbiamo farlo bene conoscendo tecniche, preparazioni ed ingredienti. Cuciniamo. Stop».

Un “operaio” della cucina

Una delle prime cose che chiedo a Pavan è di portarmi in cucina dopo il servizio serale. Vedo volti giovani e sereni che si danno un gran da fare a rassettare tutto mentre Claudio prepara i lievitati per le colazioni della mattina seguente. In bella vista su un banco ci sono due sculture e chiedo a Francesco perché sono lì. «La prima scultura – mi spiega - è realizzata con gli ingranaggi delle macchine dell'azienda tessile di mio papà, ognuno di essi aiuta a far funzionare il tutto. L'altra l'ho recuperata in un mercatino a Verona e racconta come la felicità la si raggiunge trovando il proprio punto d'equilibrio. E' importante tenerle qui, raccontano la fatica ma anche il bello dell'esistere. E ci ricordano che da soli possiamo fare ben poco. Io da solo posso fare un gran piatto, ma con i miei ragazzi posso fare grandi cose».

Una storia bella fin dai suoi esordi: «In tanti ti verranno a raccontare che sono diventati cuochi per tradizione familiare, per folgorazione o perché stavano sempre in cucina con gli occhi sgranati a vedere cosa bolliva in pentola. Per carità, la nonna che cucinava una spettacolare faraona al forno con patate cornette l'ho avuta anch'io, ma è normale. Lei era una casalinga e lo faceva per sfamare la famiglia. Io se sono cuoco è perché da bambino avevo il fascino della divisa. Probabilmente sarei diventato un carabiniere. Poi mi accorsi che anche il gelataio del paese ne indossava una bella e così a 14 anni optai per l'istituto alberghiero e la divisa da cuoco. L'ho frequentato a Possagno (Treviso), in convitto dal lunedì al sabato. Ho imparato in fretta il rispetto degli orari, il rigore e a cavarmela da solo anche di fronte a gesti di bullismo o nonnismo. Ne sono uscito più forte».

Il fascino della divisa

Un ragazzo che diventa uomo e che scopre che in quella divisa batte una passione infinita e un talento che si affina nelle tecniche e nelle preparazioni senza mai dimenticare il concetto di umanità. «Sai – mi spiega – ci era arrivato già Charlie Chaplin nel 1940 quando nel Grande Dittatore spiega in un memorabile discorso come tutti noi dovremmo unirci ed aiutarci sempre, sottolineando come più che macchine ci servono umanità, bontà e gentilezza». Pavan insiste su questo concetto: «Siamo frutto delle nostre esperienze e delle nostre scelte. Ho incontrato tantissime persone valide nella vita, alcune hanno visto solo il peggio di me, da alcune ho tirato fuori solo il peggio di loro, altre hanno avuto modo di conoscermi per quel che sono, uno come tanti, con debolezze, paure, idee, forze e certezze. Ma sono anche certo che chi fa il capo deve portare il massimo rispetto a chi lo aiuta. Ed è quello che cerco di fare con la mia brigata anche quando commette errori. Rispetto, sempre. E umanità. Non ha senso far lavorare i ragazzi 15 ore, magari senza neppure pagarli per tutto quel tempo. La sostenibilità umana dovrebbe diventare la regola nel nostro settore e non restare un'eccezione. Anche perché, a ben guardare, coincide con quella economica».

Umanità ed economia

Pavan alle parole accosta sempre i fatti: «Ora tutti gli chef parlano compiaciuti della bellezza della cucina a chilometro zero con la verdura del proprio orticello o le erbette spontanee raccolte in montagna. Ma perché devo svegliarmi alla 6 di mattina per salire sul Monte Baldo a raccogliere erbe a 2200 metri quando posso ordinarle a un mio bravo fornitore? Il mio compito di chef non è solo realizzare il piatto figo ma anche individuare i migliori fornitori e stabilire connessioni proficue. Poi posso andare pure di tanto in tanto a cercarmele io le erbe se ho la passione per la montagna. Ma non deve essere un obbligo né per me né per la mia brigata. Non sarebbe sostenibile né economicamente né umanamente: i ragazzi andrebbero pagati per quel tempo in più, dovrei rimborsargli le spese dell'auto e della benzina e dovrei pure mettere in preventivo che potrebbero farsi male e mi arriverebbero stanchi per la giornata in cucina. Faccio un altro esempio: il ragazzo che per due ore mi pulisce i branzini, quanto mi costerebbe per quel tempo extra? Non è meglio se chiedo alla mia pescheria di fiducia di sfilettarmi il pesce pagandoglielo un euro in più al chilo? E ancora: perché devo far arrivare un ragazzo alle 4 del mattino per preparare il pane, quando all'esterno ho un panettiere bravo che fa quel mestiere ogni giorno dell'anno? La verità è che purtroppo molti chef danno per scontato di far lavorare il personale 15 ore al giorno sottopagandolo. Non è umano. I tempi sono cambiati, dobbiamo smetterla di paragonare l'oggi ai sacrifici dei nostri nonni. E' un altro mondo il nostro. Sai cosa faremo io e la mia brigata sabato dopo il lavoro? Una gara di go kart. Abbiamo già prenotato la pista ad Affi (Verona). Sono i momenti che aiutano a fare gruppo ed amicizia. Quando serve li sgrido, ma insieme abbiamo imparato a sorriderci, a divertirci. E a rispettarci sempre. Questo è il mio successo, al di là del piatto ben riuscito».

Chi-rota&pastinaca

Chi-rota&pastinaca

Le mie stelle sono gli ospiti

Ma, Francesco, se chiedo a uno chef a cosa punta, il 99% mi risponde alla stella. Non dirmi che non è così anche per te... «Se è per questo – mi dice ridendo – io punto a due stelle, ma bisogna essere consapevoli di dove si è. In questo momento siamo in una struttura che non ha la ristorazione aperta agli esterni, vogliamo fare un passo alla volta e farlo bene. Per questo ora al centro di tutto c'è l'ospite della struttura e il nostro compito è farlo stare bene offrendogli un'esperienza unica con una cucina onesta e rispettosa, raffinata ed essenziale insieme. All'osteria per pranzo c'è una cucina più veloce, con tante insalate, sandwich, il vitello tonnato (strepitoso, aggiungo io, ndr) e, perché no, uno spaghetto ai 3 ori con crema di bufala affumicata o una suprema di faraona con patate ratte al forno e verdura cotta. E si può concludere con il nostro tiramisù che non tradisce le origini venete. A cena, al ristorante Al tramonto, abbiamo un menù alla carta con una scelta di 6 portate per antipasti, primi, secondi e dessert. Naturalmente siamo pronti a soddisfare qualsiasi altra richiesta dell'ospite che spesso reclama i primi piatti classici della cucina italiana, soprattutto amatriciana, cacio e pepe, ragù e carbonara».

Filetto di manzo con umeboshi di prugne fatto in casa e caviale di melanzana

Filetto di manzo con umeboshi di prugne fatto in casa e caviale di melanzana

Io ho voluto mettere alla prova la mano dello chef sulle verdure servite come antipasto e ho avuto la certezza che i più comuni ortaggi possono prendere direzioni inaspettate se sai lavorare un classico con l'audacia dell'innovazione. E' andata così tanto per il finocchio (cotto in estrazione di finocchio per esaltarne il sapore) e poi abbinato a una salsa a base di latte senza lattosio e anice stellato, con pane croccante e succo ridotto di liquirizia. Ingredienti che non avresti mai pensato di poter accostare ad un finocchio e che invece, una volta assaggiati, consideri inseparabili. Stesso discorso per la chi-rota&pastinaca, ovvero una carota cotta come se fosse un arrosto, glassata con una riduzione di chinotto di Savona, crema di pastinaca e ravanelli croccanti. Tra i vari assaggi metto sul podio anche il risotto al polline con olio brillante di erba cipollina, caviale di trota e salsa al lievito. Tra i secondi quello di maggiore successo è il filetto di manzo con umeboshi di prugne fatto in casa e caviale di melanzana. La sorpresa di ogni sera è il pescato del giorno in trancio con guazzetto, crostone di pane e radicchio.

Croccolato 

Croccolato 

Limone del Garda

Limone del Garda

Le origini in pasticceria di Pavan le ritrovi nella carta dessert, che, oltre al Tiramisù, ti conduce a soste intriganti come Pecora e Rabarbaro (gelato alla ricotta di pecora con rabarbaro saltato all'Alchermes Santa Maria Novella), un timbro del luogo come il Limone del Garda e l'autentico trionfo del goloso, il Croccolato (mousse al cioccolato fondente, caramello, croccantino e pralinato alla nocciola, polvere di cacao). Un menù con immensa varietà di gusti, prodotti, abbinamenti che partono altrove e arrivano al territorio, o viceversa. Una cucina che rispetta la stagionalità, senza alterarne i sapori e che crede nella sostenibilità scegliendo produttori rispettosi dell'ambiente con allevamenti estensivi a terra, coltivazioni biologiche e optando per imballaggi in carta, riutilizzabili, riciclabili o riciclati e vuoti a rendere. In tutta la struttura non troverete una bevanda in bottiglia di plastica neppure se organizzate una caccia al tesoro.

Cape of Senses - 5 stelle Hideaway above the lake
Località le Sorte, Torri del Benaco (Vr)


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Paola Pellai

giornalista professionista, nata in un'annata di vino buono. Ha spaziato in ogni settore, dallo sport alla politica perché far volare in alto la curiosità è il sistema migliore per non annoiare e non annoiarsi. Non ha nessuna allergia né preconcetto alimentare, quindi fatele assaggiare di tutto. E se volete renderla felice, leggete il suo libro di fotostorie, Il tempo di uno sguardo

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